Skip to main content

Full text of "Delle frascherie di Antonio Abati fasci tre"

See other formats





1 -V 


Digitized by GoogI< 



/ 


DELLE 

FRASCHERIE 

D I 


/ 


ANTONIO JIB ATI 

/ 1 ' 

Falci Tré. i ; / 

\,S 

Quicquid agunt homines > votum 9 
timor y ira , voluptas • 


Gbudia y difcurfus , nojlri ejt 
F arrogo Libelli . 


Iuuenal. Satira Prima . 



r y v» 




/V 


,v/r 


In FR ANCFORT, 1V73'. 


Ferii Heredi Sardani. 


Digilized by Google 




Digitized by Google 




L AB ATI 

ài . . . * « * 


AL LIBRO. 



r 

là fpunta la tua luce , ò Li- 
bro . Sorgi homai , e /li- 
mola le fonnacchiofe pi- 
atine al camino. Affret- 
ta i pa/H j che fe’l tuo 
Viaggio tènde à gloriola 
meta, porrefti giugner di notte ,* perche»» 
alla Gloria non mai , che nell’Occidente 
s’arriua. 1' 

* Non badare à raffazzonarti molto, pér 
che il Pellegrinaggio non vuòl pompe: -e 
molto meno deui hauerletù, chepremé- 
do vie non legnate da humano vc/ligio', 
lei certo, che non ti mancheranno fterpo- 
ni; che ti sferzino, pruni, che ti pungano. 

Oh quanti Libri fon’hoggi i che peregri- 
nano co la Giornea d’vn bel titolo, frà gl* 
ìncaflati arne/i , non hanno poi hafbitb dà 

A 5 mu- 

Digitized by Googlc 


è 

mutar cófftpàrfa , c veftimento, che geof- 
folano non fta . 

Sù,che amerelti di hauer teco Compaq 
gni, da confabulare in cammino; mà non 
ti verrà fatto . Molti però dormono; per- 
che non hanno pellegrini gl'iqgegni, altri 
, vfeiranho tardi , perche il viaggio loro è 
più corto del tuo, & altri precorferoi 
tuoi muouimenti al notturno raggio *, 
perche fi vergognano d’dler vi rii . ego- 
dono di peregrinarealla cieca.Non ti cu- 
rar di quelli : già che la luce delle loro 
Stampe è come quella d’vna Prigione fe- 
greta a i Rei, che più vale à pigliar aria_» , 
ch’à farfi vedere. 

Non faria gran fatto in quello tuo ca- 
mÌHarfolitario,che vrtafiì nei Malandrini 
non ti Rapir deli -incontro : perche i La- 
dronecci hanno per lo più origine dalle 
careftie , e chi non hà robba, và a rubba_» 
Preparati di hauer à pagare chi ti fà in- 

f iuria,e ti elficura intanto,che auuerrà a i 
,adri come alla Cornacchia di £fopo, 
chefpogliata, dalle rapite pene, molle 
iirifoài .-pennuti, ò come quell’ Alino, 
che sbraueggiando fotto la mafehera di 
vn Cuoio, che fuo non era, fù derifo 
dalla Volpe , che lo riconobbe al rag. 
ghiare . 

Spero , che ti conuerrà far tranfito per 
molte Città, ein quelle trouerai,fe ben_* 
cerchi qualche dotto, e nobil hùoino,che 
non pouero di fpirito t’offrità patroci nlj> 

. - & 


Digitized by Google 



& hofpitij . I miei Padroni , & Amici fon 
pochi ;mà fon tali, che per honorarmi , 
fonficuro, che ti raccoglieranno, pel- 
legrino, ti compatiranno incfpcrto, ti 
ripareranno lacero , ti «fioreranno fian- 
co. 

Ti rammento,chc tù hai gran fembian- 
za di cattino , perche hai teco vn Mondo 
di cofe, e nel Mondo è hoggi poco di 
buono , e però non t infuperbirc , s’alct** 
no t’inalzafie alle (Ielle , dicendoti , che-* 
l’intelligenza de* tuoi verfi è Phebo, ò 
che nelle trafitture de’ Vitij ti porti da_* 
Marte ,più tofto , fe vuoi lode di celefle 
Natura » in quelle tre co/Tc profeflfala . A 
quei Perfonaggi, che ponilo compartirti 
fpleudore, balena i tuoi lumi. A que- 
gli Amici, che fono trombatori del tuo 
«onorato talento, tuona le loro glorie . 
A quei Giganti , che per foprafairi , 
ardifeono d’inalzarfi , che non è dato 
loroilgiugnere, c fulmina le tue Sati- 
re. 

t . Nel vagare fra ingegni ftranieri, e bar- 
bari , compatifci quei molti , che non in- 
tenderanno i tuoi detti , foffri quei mol- 
tiflimi, che diranno, non hauer tù l’inten- 
dimento loro, confiderà che non fenza_< 
cagione t'hò fatto io ragionare à gli E- 
fefi ) . 

Se piacci ad vno in qualche cofa , dì , 
che per lui ti mouelli, fe gli difpiacci i rL.» 
molte, dì, chcpafiì à veder altri, fe lo flo- 

A 4 xni- 



s _ 

michiin tutti, dì, coraggi ofamente, che-# 
anch’egli in tutte le parti tifà naufea_». 
Sempre la tua Fede farà più autentica del. 
la Tua, perche è di feritto,efon teco Tetti - 
moni j che la confermano . 

Se tu confeguilfi mai accoglienza fui 
bcncuolc labro di qualche Grande, fanne 
conto, perche , 

* prineipibus pi acuiffìg viris non vltima 
la us efl . Hor. 

nè temere, che alcuni d’effi habbia pa- 
rentelle in Alia , per imprender à tuo 
danno la difefa di quegli Attacchi , di cui 
mormorando vai . lnoftri perfonaggid’ 
E uropaj-ed Italia fon veri, e di non__> 
mentite lodi fon degni ; onde non cure- 
ranno, che in Arte tù finga cenfure in que- 
gli Afiatici , che non furono mai in Na- 
tura , 

Ti fei sfigurato Ih Idea vnCorpofan- 
tafticodi vitio,c come tale, tiponeftià 
notomi zarlo in tutt’i gradi di perfone-* , 
per infegnar altrui à conofcer, da qual 
parte può contaminarfi illutto di vn Mi* 
crocofmo. » 

, Tu non ifuifeeri i corpi de’viuéti, per- 

che quelli non fon capaci di taglio; c le-» 
Notomie fi fanno fempre ne membri di 
fentimento priui;ond’è imponìbile, che fi 
marauigliano i Sauij , che tu laceri in a- 
flcatto i picciotti me tani, e* grandi.'men. 
tre fi sa , che i Notomi (li non fi fermano 
sù l’ofscruationi d'vn’anguinaglia, e di 

vai 


Digitized by Google 



vna milza, màricercanO'etiandio le vene 
che hanno conneffione col capo, e col 
cuore , c più quelle alle volte , che i mu- 
scoli delle eftremità s’incidono. I vitij 
cenfurati ne gli huomini fon co >;e— 
FRASCHE reciTeii» Campagna , che_# 
guanto più fono di legna grofse , più du- 
rano j Io fterpar i Fufcelli minuti, che po- 
co s’ergono, è vn far prouifioni da ple- 
beo, e vn ammafsar materia , atta folo 
à recar vna luce momentanea al tuo ca- 
mino . 

Sarà alcuno , che v edendoti fra varie-» 
Sardnedi profe,edi veri! con ì’infcrit- 
tioni dirette ad altri, crederà , che tu fi a 
più tollo il Vetturale, che il Padróne di 
etììjmà và pur iicuro ; perch’io farò cor- 
rer voce , ouc palli , che le prole , e i ver# 
Italiani , c’hai teco>benche conuoiatidai 
tuoi Di ritornò condotti da Autori Ano. 
nimi, fon però t«tti tuoi Carriaggi, e Ba- 
gaglio. • '• • 

Haurò anche cura , di far noto , che ti 
' vengono dietro altri FASCI di robbe-» , 
già che in quefta Condotta , in cui i Fa- 
gotti paion molti, le Come fon tré fole-* . 
E vero, ch’io non pofliedo Stabili in_» 
quello Mondo j mà fon però iia concetto 
apprefso gli Amici , d’hauer del Mobile.# 
afsai. - - 

Preparati intanto per la Robba nuoua, 
che trafporti bora, d’hauer à pagare vn_# 
buon Pedaggio a’Cenfori ; benché à dir il 

A 5 vero, 



IO 

vero,potrebb’eflere, che vi rifparmiafli 
queft’interefle;poiche te le vedrai dai lo- 
ro critici rimefcolamenti lacerata in gui- 
fa , che haurà più cera di vfata, e di logo- 
ra. 

Nel reflo non ti mancheranno graui 
fopracigli, copiati dalla fronte di Catone, 
che ti terranno in conto d’vn Fantacci- 
no, vedendoti viaggiare alle volte con lo 
flil pedestre . Deridili, ct’aflìcura, che 
s’efli di caualcare profcfsano, èforza_. 
c’habbiano dello Stiuale più che tù non_« 
hai. 

T annuncio per vltimo , che a molti ; 
finche fei giouanne , farai gradito, ma col 
tempo potrefli cfser efpollo fra i Riuen- 
dugli delle Piazze,cioè morto,come tut- 
to poluejod imbalfamato,come vnto dal-r 
le mani del V ulgo ; non ti rammaricare , 
perche quelli mali , ò limili pronolticò 
anche vn Horatio al fuo Libro . 

Cbarus eris Roma* donec te deferat 
dtas 9 

ComreftatHs vbi otatiibus [orde (cere 
vulgi 

Caper/s , aut tinca* pace* taciturnus 
inerte* , 

uiutfugies l r ùcam , aut vnfìus wittc- 
rts Herdan*. 

Due cofepuoi fperar di buono , che fe 
non viurai immortale, forfè morrai in- 
corruttibile, perche non ti mancano Sali; 
cfc auuerrà mai , ch'altri Libri comparir- 

cano 


Digitized by Google 


cano più di te ornati alla luce , forfè niu- 
no d effi farà di tc più neccfsario alla cor» 
rcctione dVn-Età corrotta . 

Inchinati al merito di quel Per fon ag- 
gioȈ cui facrafti le tue fperanze, prima di 
farti conofcere, c da cui traefti guiderdc* 
ni , prima differirgli i trituri . In quello 
Secolo vanno anche al rouefeio i Pianeti; 
< ondepotrebbiffere,chetu confegunfi vn 
giorno dal fuo Marte quelle beneficenze, 
che non afsaggiafti mai da vn Gioue_-f. 
Vanne in buon’hora.Viui lieto, e già che 
fei parto d*vna Tefla, sforzati d’hauer 
cerueilo. 

• . . • . Addio Figlio. 

titiano a b a n o 
.. al libro. 

L ìbr o,tu nafeì adejfo , 

Non ti Ugnar, fé in teneri Natali 
Proni maligni i mali . 

Fà Nat ura i Bambin nafeer inferni i. 

Genera lnuidta ai nati Libri i Ver- 
mi, 


A 6 II 


Digiti; 


j by Google 



“IL .SIGNOR 
L VI Gl F I CI E NI 
Al Libro . .. 

B EI Cantar de l'Età 3 Parto fecondo , 
Nafcìcon l’arco in manfott'al mio 
guardo , - 

Per combatter et trar l'otto codardo , 
. Incatenato al tuo Valor facondo . 

JMa di palme [icttro io non circondo(do« 
La penna tua già trasformata in dar - 
Che quaggiù dominando Ajlro infin - 
gardo , ■ {do. 

Letto in Pindo farai più che nel Mo- 

Hoggì non s'erge al Ver halz.a di Paro , 
L'ombra fifugge dt pungente Alloro j 
Ne plettro , eh' ammaeflri al mondo è 
caro . 

Grato fia foto il tuo ferir canoro , 

Al cupo fen de l* affettato Aitare : 
Poiché ogni Jìral > che vtbriihàpnnta 
doro. v 




LET* 

Digitized t 


Google 


- 


LETTORE.'* 

x 

I N quell 6 Libre di finta Critica ^ 
non mi cadde in mente di pecca- 
re contra lavera humanita ctalcu - 

» * 

no : e pero molto meno nella Diuini- 
ta di quei Religiojfi precettile* quali 
ojferuator fui fempre . Ft proteflo 
dunque > che le voci Fato , JDeJlino » 
Fortuna 3 Sorte , Bei, idoli , e fimili 
fono in quefie carte puri termini di 
Poeta 3 e non impuri mot ini d* animo 
Ethico # 



'i 


vm 

Digitized by Google 


Vidfc D. Mauritius Girebaldi 
Cler.Reg.S.Pauli, Penit.in 
Metrop. Bonon. prò Emi- 
nentifs. ac Reuerendifs. 
> • Card. Archiepifc. & Prin- 
' cipe. - 

% 4 * * * 

f \ f * 

Imprimatur. 

Fr. Ioannes Bapcifìa Brufa_» 
Ord.Pratd.Sac. Theologias 
Ledtor, & S. Offici] Bono- 
,niat Provicarius . 


/ 


D E U 


Digitized by Google 



1 



FRASCHERIE 

l ’ l * 


a Snet .Tranq. b Plut. 


Digitized by Google 



ENAVA l’Afla in vn feco- 
Sp lo, c ^ e ^ acea dubbio, s’era 

K^tl il tirannico, in cui regna- 

ua Caligola, ò’icalamito- 
fo > in cui egli a anhelaùa 
^fsere. I flagelli dei Cie- 
lo crefccuano di pari grado con l’huma- 
ne ingordi gie,come ne 'corpi infermi con 
l’ardore d'vna febre s’auanza anche la fé- 
te.E perche, à parer di Solone, b l’eguali- 
tà non fà mai guerra, la difuguaglianza de 
gli humori hauea cagionata sì bellicofa 
intemperie alla tranquillità dell’Afia,che 
pareuano tinouare a’fuoi irreparabili 
efternrinij le duali oppreflìoni dVn Mi- 
tridate, ed’vn Siila . A molti grandi , a* 
quali pareua tolto l’efsere, perche man- 
caua loro la potenza di fare, altri alimen- 
ti non rimancuano,che sài rimafugli de* 
Sudditi , & à molti Sudditi, lecui fati- 
cone induftrie erano cotidiani facrificij 

a*Pa- 


i6 . Delle Frafcherie 
a’Padroni , non reltaua altra cagione di 
viuer lieti, che il non hauer più da perde- 
re, nè più da temere. In tanto, perché na- 
tura de* mortali l’ofseruar con occhio 
torno le profperità imperiofe, fembyaua à 
prima fróte vn refrigerio dei trauagliato 
Vulgo, poter vantare coTuoi maggiori v- 
na confimile proportene nelle difauué- 
ture : métte la Fortuna auezza a baleflrar 
i prillati qualificaua có le percofse, da lei 
fegnalate sù i grandi, la vilipefa cònditio- 
ne de* Tuoi colpi volgari. Era vn folazzo 
de’ miferi , fl-veder depredi , ed auuallati 
quei Monti, che poco dianzi nella penofa 
vallea degl’infimi aduggiauano con 1 ohi. 
bre loro tiranniche i femi delle virtù hu- 
mane:epóderauano i Sauij, ch’efsendo la 
fortuna vna efecutrice dei diuini decreti, 
non conueniuale, il fard vincere di gloria 
da quei tali,che delle Deità fi fanno emu- 
li : mà più tolto infegnar co colpi di mae- 
flreuolc ferza quello gra dogma ai Prin- 
cipùche non per altro fi fè cieca Fortuna, 
che per non diftinguere dal volgo Imma- 
ginate franchigie dei Potenti , ferendo cò 
vgual fini (tra chi viue. E perche reputa- 
uafi comuneméte,che i maggioriTi ranni 
dell’vniuerfofi fufsero feelti per fato 
difperder i Regni Afiatici, viueuano in-ì 
dubbio i popoliiCom’auueniua ai Roma- 
ni ne le coutefe d’Othone,e di Vitellio, a 

P eL ‘ 

» » * "- ■ 1 . »" »■ > ■ ■ ' * ■** » ■* — » 

a T t, xcit . *. * * * . 


t 

J 


Digitized by Googie 



F afe io Primo . 17 

per qual d’eflì doueuano ricorrere ai 
Tempi j , facrar le preci , ò deteftat i voti, 
mentr’era certo , che Caria (lato Tempre il 
peggiore , chi hauefle vinto . 

Haueuano antichi, & onorati affari per 
l'Ionia alcuni ben agiati Patriti j Europei, 
che per efler dei beni d’vna ftranicra for- 
tuna corredati, men de gl’altri i mali dell* 
intelaine calamità fentiuano. Eran cotto- 


lo dimoranti in Efefo ; e quantunque di 
famiglie dittimi , vinti però di volere , ne 
menauano per lo più frà infeparabili con-; 
forti j la vita. 

Godeua frà quefti vn vanto di priuile-! 
giara Rinomea Stamperme Caualicro d’- 
alto legnaggio , il qual haueua in Ce fretto 
quelle due prerogatiue congiunte,che frà 
i nobili indiuidui di quel fecolotroua- 
uauii malageuolmente diuife,cioè à dice» 
diuino Ingegno nelle feienze , &humai- 
niflima Idea nei coftumi . 

«. S’crano a cafa di Stamperme trasferi- 
ti in vn giorno eftiuo alcuni de’ prati- 
cati Amici, per diuertir futili col (p!- 
lieuo di qualche cfemplare ragionamen- 
to la noia d*vn fonnacchiofo meriggio . 
mà parendo all’hofpite , che gl’anim 1 
loro fufsero anche da vn iufoìito ftupo- 
re ingombrati , vago di fcuoterc dal- 
la mefta taciturnità i loro viuaci talen- 


ti, prefea faueliar ai medesimi in cotal 
guifa . 

Amici, Non sò fe vi facciano più guer- 


ra 


Digitized by Google 



18 l>elle Frafcherie 
ra i pensieri , ò vi diano piùpcnfieti 
guerre. Di gratta ponderate alquanto, 
qual fia hoggi l’hauere, e il faper vo- 
lto. I danni, che dalle militie,e dai Graui 
di il tragono,fon communi per l’Afiaj mà , 
la natura ha fatto commune quel ch’è 
grauiflìmo ; accioche 1 egualità nella fie- 
rezza del fattoci riconfoli .. I Cieli fono 
inesorabili ,* nè per ingiurie fi placano ; è 
però , fe la volontà non termina il pianto 
col configlio della ragione v non attende- 
te s che le ftelle ad iftàza de’noftri arbitri) 
dian fine . La volontà che à fuo talento fi 
sà alleuiar gli infortuni j ; ed architettar le 
letitic, hà forza di conuertir ogni cofa, fe 
non in oro,in quello almeno , che con_* 
l'oro non fi compra . E maggior Ventura 
quefta di quella di Mida » che 
In penaf il de l'auide preghiere 
T ratte hauta sk te dita auree miniere • 
Perdette, e vero, vna gran parte delle 
fottanze vottre j mà fe ponderate , che la 
maggior ancora ne ritenete, voi acquifta. 
te molto.Confittono Colo le voftre perdi. 
te,in dimenticar quel che vi rimane, quel 
che il Cielo non vi tolfe. La fortuna vi fè 
fobrij , ma non digiuni ; anzi hà corpi di- 
giuni l’Ioniaiche fi riempirebbono con le 
y oltre reliquie* Ricordatati eh è fatio 
quel volete, che hà quel che vuole, quan- 
do non v uole, fe non que 1 che può . Au- 
uampano di martiali incendi j le Prouin- 
tic d’ Afia a noi nego; mà fe la Terra non 


Dìgitized by Google 



F afe te Primo . 19 

sà cefs&e gli alimenti alle fiamme , Haura 
ben hnmore da eftinguirle il Cielo . 

Non fempre gli Aquiloni 
* De V aereo fentier votul? il onde , 

S qtt affati fremendo à l'ampia Hirci- 
nia i legni , 

Bruma d'Olenij [egni 
Non mandan fempre i gelidi T rioni , 
/ tronchi adulti à vedouar di fronde » 
V \rtkì ehe'l fuolo afeonde , - 
Spunta in aprico al variar d’vn 
Cielo : 

E a chifojferfe il gelo , 

D a V Arabiche vie 
Torta vn Aprili' A ut urne do del Die . 
Pitagora comandò ài Tuoi di fccpoli,- 
che né il cuore,nè il cerebro diuorafsero/ 
cioè che non fufse da loro con le fifss ap- 
prenfioni diftemperato il cecuello , né il 
cuore con Smoderate cure trafitto . 
Meglio è batterne la feteAlma, che^ 
rida , 

Ch' a ritto et or mouer T am alee fauci, 
- Ne la lieta penuria è fatta Battei , 

Ne la copia penofa è voto Mida . ' 

E cosi natura dell amicitie palefare i 
cuori, come delle me Ititi e l’afconderl irgli 
animi turbati fon come 1 acque torbide , 
le quali non fanno feernere ne'fondi de’ 
Fiumi quelle arenile, che nelle limpidez- 
ze traspaiono. Nelle aperte chiarezze de’ 
difeorfi noftri il (coprano da noi à vicen* 
dai più occulti penetrali ddlanime, eli 



io 2 Ielle Fraf cheirte 

(offrano con lieta toleranza le mefte tra- 
fitture del Ciclo. La patienza è vn Nume 
tutelare dc’miferi , vn Cuftode della no-t 
ftra coditioneJDiceua vn faceto ingegno. 
Ho fempre intefa dir quefla fentenz,a, 
Borja de * Letterati e la Penuria > 
Moneta de la borja e la P attenda . 
Qui fogghignarono in vicendeuoli ri- 
fpoftcgl’ Amici, e Stamperme vedendoli 
alla letitia , & all’attentione auujati , cosi 
proftguì. . 

E vero, che la fecura hilarità d’vn fiori- 
to fecolo,come quello d’Augufto era,nu- 
drifcegli ardori dellcemulationi,e* prua* 
ti della Gloria, a Certamenvirtutis,& 
ambino gloria ftlicium hominum affé- 
Shts, difse Tacito . Come in contrario i 
moti fatalide’Regni fcuotono ogni vaio, 
rofa co/tanza de gl'ingegni humanijil che 
auuenue ne’ tempi della efpeditione di 
Xerfe contra la Grecia ; ma che vogliam 
far noi <ie J talenti noftri, ò Amici, mentre 
così girano i Cieli/ Allettiamo che’l Sati- 
rico ci fgridi,che£ ne parata, quidem ar - 
tes audemus cog^^/eerccQueli’ammafsa-* 
re in sè fteflò fenza vfo le dottrine de’ li- 
bri, è yn vitio tanto peggiore dell 5 Amarr- 
ila , quanto che vn dotto Capo in morte 
non benefica i polleri come vn Erario 
colmo. Sia dunque il mio Albergo in-» 
auuenire vn erudita Paleftra delle voftrc 

tnav 


a .C otn.lhctt, t i etr.si.rt/, 

Digitized by Coogle 


* ,* ^ , .• • • . — 

5 T a feto Primo . .. 21 

menti , e fe le lettere fliron parti in voi 
d’vninduftriofa fatica non vi venga hu- 
moredi dar loro entro vn neghittofo 
otiola tomba. Non v’è il più pouero 
d’vn ricco auaro, nè il più ignorante d’vn 
dotto torpido ; màdirò meglio. E così 
vergognofo perdere il pofseduto, quando 
E trafeura , com’è difficile il ritinere quel 
che s’hà quando non efcrcita.I fegreti (lu- 
di j non così vagliono a i profitti , come»* 
T v(o d’vna palcfc reminifeenza, a Plus fi 
f ’eparesj vfusfiue dottrina >quam cura-» 
vfum dottrina valet , difse Quintiliano. 
Se i moto di ruinofe guerre ci toglie hog- 
gi il cóncorfo d’vna compotenza emula , 
l’otio d’vna priuata pace non ci negherà 
almeno d’vn compagncuole rifeuoti- 
mento la mofsa ^ nè farà poco a chi non_^ 
può appagare i defideri j del Capere, il gratr- 
tarne i pruriti . E vero, che 
b T urie bertefortis equus referando ear \ 
cerecurrit> \ 

Cumquospratereat quo [uef equa- 
tori babet: « < : 

Mà fe Tefempio dell’altrui carriere-* 
non farà fporoncà’ progredì noftri, potrà 
ciafcuno di noi conchiuderc con Lucia- 
no , che e fatillìmum eft iuxta prouer- 
biumfolum currentem vincere . 

Mentre con ifcambicuoli ragiona- 
menti giua Stampcrme difponendo a’ vie* 

tuoi! 




a Slnint' b Quitti c Lue* 


j by Google 


a* Delle Frafcheri» 
tuoi! paflàtempi gli animi de’ fuoi Amici * 
& eflì co’ loto voti concordi a 7 Tuoi pro- 
fiteutoli cordigli accorreuano,ecco d’im- 
prouifo fopfauegnendo Ticleue,il filo 
de* loro cominciati difcorfi interruppe . 

Era coftui per le agitationi d’vna tra- 
fcorCa vita fopranomato Io fcherno di 
fortuna. Com’ huomo di verfatile natu- 
ra , nel biafmo de’ praui huomini , e nella: 
commendatione de* buoni , 

Quel Satiro parta, che in doppia banda , 
Si vantala faper con un Jet fiato 
JRifc al dar, raffreddar mano, e vi» 
uanda , -, 1 . 

Seguì vn tempo le Corti , per guada- 
gnarui; mole fuggì poi, per non perderli . 
Le (Ielle l’haùean formato miglior Poeta,, 
che Corteggiano:perchefapeua più finge, 
re conuerfando in carte , che trauerfando 
in Corte: e però era folito dire, che le na- 
ture Corteggiane ammorbano 5 odim- 
pouerifeono. Quelle Vergini Mufe,le_» 
quali il vipp.fo/ecolo, ò non ama, perche 
non può violarle, ò non sà honorarc, per- 
che, a vergogna furano con fuo decoro 
trapottate da luì vna volta alla Reggia^; 
d’ vn imperiale Perfunaggio, la .cui accre- 
ditata Pietà ò tracciaua miferie dafoc» 
correre , ò meritauaiacQndie-: che lo de- , 
cantafleio . . J (tantum; 

a Epfpeh^ ratio HHdmHm.inCafar^ • 
: ‘ So/us 



Fa feto Vritno l 2; 

Solai enim triflcs hac temperate Ca - 
mainai 

Refpexit ,cìtm ìam celebra, itotiau<ù 
Poeta 

Balneolum Gabijs , RomacondttcerO 

furnos - 

Tetitarem . 

Tratto al fine dal genio d’vna placida 
fpeculatiuaritolfe alle attiuità corte»ia- 
ne l’arbitrio : e diedi frà le conti atte ami- 
citie all’ingenuo godimento d’vna priua- 
ta quiete . La vera Filofofìa, diceua egli, 
tutte le cofe infegna, fuor che il viuer coi 
Prencipi; perche ella, nel trouar l’amo- 
re della verità , vuolripofo, e libertà di 
vita . 

Entrò con ridente vifo Ticleue nelle.# 
ftanzedi Stamperme : &à gli Amici, che 
della cagione delle fue improuife lctitie il 
richiefero,così incontinente rifpofe.' 

Vengo, Amici di Corte, oue fpettatore 
mi trouai d’vn beiPatto . La Padrona i dì 
palTati intimò à Caualieri piò ricchi della 
Città, che gidfero à giocar Ceco in Palaz- 
zo ^ &hoggi appunto d è appiccata la-# 
mifchia . Hor è vn leggiadro fpetracolo , 1 
il vedere da vn lato vn Donatore , che.» h 
vuol efser rubato dall* Volontà, per obli* « 
garla Fortuna, e dall’altro VnAuara^J 
che vuol doni dalla Fortuna, per non-# 

haucr oblighi alla Volontà . Voi già in- 
tende/le la Cifra . I denari di quei Gio- 
catori fon come gli Animali.» che videa, 

cono 


\ 


by Google 



' 24, Delle Frafcherie 
rono il Leone infermo , ninno nc torna-* 
indietro . Si portano borfoni pieni, mà fi 
fanno voti , perche i voti non fi fatino , 
che per riceuergratie. Pcnfar di vince- 
re è cafo da proceffo , il vincere è corpo 
del delitto. IlGiuocoèdi Primiera^» , 
ma le regole fon difordinate, chi non fa 
Tempre pafso , non può far pafsata ; chi 
non getta al monte, ftà fempr.c baffo , e-* 
moftra molta puntualità , chi inoltra po- 
chi punti- Infommachi nonafeonde le 
Primiere, fi fa veder frà gli vltimi*. echi 
vince col Flufso è tenuto in quel luogo , 
onde i Aulii hanno efito . Hor che dite di 
quello fepolctto, Amici? Dou’è quel tem- 
po d’ Augufto.il quale fi vantò in vna let- 
tera a T iberio, di non hauer maggiore , e 
più comoda occafione di donare, che ia_* 
giuoco? Hoggi il Giuoco vale d’ occafio- 
ne alle Dame noftre , per giuftificare i lor 
furti. O {acuiate moresl 
Io ragionala poc'anzi, replicò Stam- 
perme, dal modo da tranquillarci noftri 
animi nelle turbolenze belli che:e come il 
Beccaio, ne i rifehi della Peftilenza , prefe 
occafione da folleuar con noucllei cuori 
delle fue forefane ; cosi pareuami oppor- 
tuno, già che a noi : a «irte benignai ’ 

JLt me lier e Iute fin xitfr aceràia T itan. 
che in quelli giorni eftiui , nei quali le 
' militie , pertar lauoriiii campagna, dan. 


^ luHtn, 

Digitized by Gotfjle 


Fafcio Prima. * 

no ferie a i quartieri con varie FRA^ 
SCHF.RJEjO lodi ragionamenti di lette- 
re li rilloraflero in gran parte granimi 
noftri da ie militari calamità abbattuti * 

Non meno de i già difpolli Amici ap- 
pago® Ticleue del fauio coniglio di 
Stamperme, e piacqueli fopra rutto I'ef- 
cluiiua , che il diè in comune à pa/Tatem^ 
pi di giuoco , per contraporli nei cali 
delle meftitie » nonfolo al coftume gl*« 
idioti Cittadini di quei tempi ,màetian- 
dio alla natura d*un certa Prencipe Ita- 
liano , che uedendofi aftretto à celebrar 
con le ritiratezze il lutto cagionatoli 
dalla morte del Padre, non feppe trouar 
miglior mezo , per additare alla Córte la 
neceflvtà , che haueua di temperare le fue 
cupe doglie con qualche honclto fol- 
leuameuto , che’l tra frullarli fra i Tuoi 
confidenti al giuoco delle carte; onde.- 
poteua dirli di lui, quel chcd’un limil 
cafo efagera Seneca . a Proh pttdor Im- 
ptrijf Principis Ramarti lugentis fora* 
rem j 4U* folatium animi fuit . 

Si rimanti jil Palatino palfatempo , dil- 
le T icleue à quel Romanefco » à cui, per- 
che era tutto il dì affilo à giuocarc , & à, 
uincerc , foleuano i curio» di Corre ad- 
dattare queirantico detto. Romanus fe- 
dendo vinci*. Lafciii la dottrina di que- 
lle carte , a chi uà indotto delle nofìrc ; 

B epac- 


a Sena. i 


) 


Digitized by Google 


2$: Dille Fr afe berle 

e particolarmente à quei Grandigie' qua. 
li il mondo non fàvitio il giuoco, riè l’- 
adulterio , come ne’ mediocri farebbe . 

4 . ■— — Alea turpi : , 

Tt*rpe,& adultcrium mediecribus , 
diffe il Satirico • ' 

Il giuoco è trà le cofc honefte eom* 
prefo » e ben fatui ponno additarli colo- 
ro 3 che di luihoneftamente, e con fine 
anche d’acrifchdar venture £ vaglio 110 9 
ma dirò bene che in eflò per lo più il mi- 
glior Artefice è ilpcggior huomo ; e di 
quei buoni huomini , che nei Cuoi efer- 
citij confumano indiferetamence Phoie» 
cccoui le pratticatc fciocchezzc . Logo- 
rarci «umilierò da giuoeo ilfuofenno * 
afpettare con le fauìezzc d’vn Arte le di- 
fcrcttioni d’vna ftolta fortuna, mcrcare 
da sè medefimo à prczzódi timori le fal- 
lacie d’vnjr fpcranza , auucnturare nell’-, 
incerto di fciuola carta il ficurode’ fuo* 
tefori, rimettete à gli arbitrij d’vn cafo 
Parte d’vn arbitrio; inuitarc PAuuetfa- 
rio ai rifehi , & aldfchio d’vn auuerfacio. 
inuito attenerli; e finalmente per vn pun. 
to in vn punto impouerirc, perdei il tem- 
po & in breuc tempo quelle foftanze,che 
con longhezza di tempo s adunano. Pur 
troppo è giuoco l’humana vita,. fenza_» 
che la vita nc i giuochi medefimi i’efperù 
menti ># Dkcua vn faceto Poeta - 

; Gioco 




a ìuuen. 


.f 



Fdfcio Primo. " 37 

Gioco fi am nojdi quella auara et Ade , 

1 Quanti privar vid'io dagli Anne?* 

• /*" / ‘ 
v Infra Coppe menfaarme di Spade, 

- Et à quanti i Ballon tolfer Dehari, 

. Efc ciò non vi bali addite quello , 

- Quanti pochiin buon Punto han fatto 
. m •_ Paffo, 

- Quanti in mal Punto hanno perduto 

il Redo . . 

E quanti Rè vidi tettar ne in Affo . 

Palliamo dunque in più valeuoli efer. 
citij qucft’horc j già che ad altri acquifti 
fi indrizzano le induftrie noftrc . A paf- 
faggi dell’erudite Carte non aflìfte For- 
tuna ; nè fono itti in arbitrio di Nume.* 
cieco i difeapiti delle noftrc vedute : non 
pugniamo noi con Auucrfari j mà godia- 
mo fra concordie amicheuoli,non ergia- 
mo alle Drità,fpergiuri,mà facrificij.-con- 
fumiamo in fomma con varoggio il 
tempo, per difporci in vn tempo a quei 
beni , che per opera di tempo non fi dile- 
guano* . . . 

• .Qui replicarono i lorovniformi voti 
gli aitanti Amici, e Stamperme Mentendo, 
chcs'erà tutti dell’antepoftoMttitocó- 
fermati , ordinò à tre fuoi Serui?r quali ne 
la bell’ Arte del Canto fapeuano così ben 
intonare, com'andar malamente intona- 
ti , che alcunadelie loromodcrne, c più 
poetiche canzonette cantaffero . Ponde- 
rò > che la Mufica meglio d i giuhmqut^ 

B a Arte 




Digitized by Google 



it Velie Frafchtrte 
Arte poteua richiamar all’oreccRio 
animo profondato nelle meftitie ; perche 
folleuato in tal parte , fi rendcfse poi più 
difpofto al falurare riceuimcnto di Quei 
difeorfi ,'che aH’Intellctto tramandaci • 
Aulii intanto gli Aitici , poltì i mùficali 
inftrumenti in affetto,! ndi a poco alzaro. 

' no concordemente i Cantori all’armonia 
della feguent e Canzonetta i concetti lo- 
ro, e così cominciarono . 

P Arte il fornite già fiorifeono . 

Colli, Prati , 

Nuoti i fiati 

L'aria gelida addolcirono : 

T ributari 

Dc’fuoi liquidi Diamanti , 

Sciolto tl piè, fett vanno à i mari 
JXvn immobile Madre i Figli er- 
ranti . 

M a fe torce il Ferito il piede > 

, 7 'oftdQhriedc y 
jil rotar di poche Lune ; 

Se di M or te armi importune 
T roncan al mifer huomCAlma ,e la 
Pacct (giace . 

Torna polue, ombre rejla y vn nulla 
Parte Ami, e più nonfpirano 
LefreWaurtt 
Piagge Mauro 

C a Ida vampa al fon cofpirano , 

F erde Paggio 
S ecco l angue à i foli oftiui, 

Che nelfuol chinando il raggio * 

Aid 


Digitized by Google 



r Primo . 

Jl lajete comun furano i ritti. 

, M torce Aprile il piede , 

7 rie de , 

Al rotar di poche Lune ; 

Se di morte armi importune 
T ronca n al mifer huom l* Alma, e 
la Pace. (giace. 

Tornapoluejmbra refla.vn nulla 
r arte il Luglio, e già s* infrondano 
Secchi arbuftì, 

Prajfli aduffi » 

Tioggie none h ornai fecondano', 

Ecco abbonda 

Di bei pomi il curuo legno ; 

E dipr ol e hor nera,hor bionda (gno • 
Già lafpofa de l'Olmo il feno ha prc - 
M afe torce vn Luglio il piede , 

7* o/lo rie de , 

A l rotar di poche Lune ; 

Sedi Morte armi importuno 
T roncan al mifer huom l'alma , $ 
la Pace, * (giace . 

7* orna polue 3 ombra refrain nulla 
V artCjAutunno , e*l giorno adombrano 
Nubigreui, 

Sparti neui 

L'erte cime a* monti ingombrano : 

E eco fen de 

T ronchi alpini africo fof co , 

Efe il foco i tronchi accende , 

Del Perno reo vendicatore e il Bofc$ t 
M afe torce Autunno il piede. 

T ofìo riede > 

B s Al 


Digìtized by Google 



jpf Beile Frafeherie 
jil rotar Ai poche Lune! 

Se di Mont armi importune 
Troncan al mifer huoml* Afona) e 
la Pace » 

Torna polite > ombra refla&n nulla 

giace v . 

Grata al fommo riufeì la teftura di 
quella Canzonetta , e gli vditori , rauui- 
fa ndofì m ella i jriotiui > tratti dal Lirico 
in quei ver fi. # ± 

a P rigor a mittefeunt zephyris , •ier pre- 
terii aftas 
ìnterritura^fimul 

Tomifer auttimnus fruges effuderit ì & 
mox 

Bruma recurret iners, 

Bamna t amen celerei repar ant ede- 
Bia Luna ; - - 
Noi vbi decidimusy 
Quo piut <t/£ncasy quo T udus di-. 

uetyó* vtneus. 
puluiit& umbra fumut. 

Quantunque l’Intercalare della Can- 
zone pareffr per le rimembranze di mor- 
te più atto à concitar meilitia , ch’à , diflU 
parla, dille però Stampcrme , clfcmiglior 
comineiamento no» poteua darli a’ loro 
arbitrari) ricreiti j, che co la pondecatione 
d’ vn sì neceflario fine. Goderono tutti > 
oltre quello , di non veder quiui imitata 
l’inferma maniera de’ moderni Mufici % 

. . . che 

_ 

a Ho rat, ■ 


Digitized by Godgle 


F a pria Printv \ \ § * 

che non d’altra morte cantano tutt’hora 
nelle loro Canzoni,chedi quella dimo- 
re. Non hanno tantiocchi lefcuolede* 
Pittori » nè tanti ohimè gli Speciali , e-» 
quanti begli occhi , e quanti ohimè d'a- 
morofe agonie difcgnano,& efaìano hog- 
gi nelle loro museali Canzonette iVcr- 
feggiatori difcepoli ,c Poetaci ftorpiati, 
che fcruendo all’idiotifrae d* vi» M ufica, 
con la fanciullaggine dc’Ioro metri, fon 
certi di non meritar ne* medesimi altro 
nome, che d’Abeccdari j di Poefia . V’è di 
peggio , che le loro amorofe cantilène , ò 
delkito negli vditoci i fopitirimorfi di 
libidine, ò ne rinouano gl’irritamenti. 
a * 11 — Qnedttettexcitat tnguen 

Fox blxttdayC&nxb il Satirico. Ridi- 
colo peto parmi , che Agamennone tto- 
ualfe colà vn C i tar edo>che con v« Tuono 
Dorico conferuar fapeflfe Clitenneftra io 
pudicitia.Se Clitencftra fufle hoggi,ò ve- 
drebbe cangiata Parte ne* Mu£ci,od in sè 
Itefla la natura . . , < • , 

( Erano già ternati airattentionc gli A- 
oiici , quando vn Muijco , coraecheprc- 
fago fuflfe de loro Pentimenti, pcefe à can- 
tar contra Amore le facctiedi quella^ 
Canzonetta. 

t 

A Mor vattene via : 

Perche il del m'hà conetfTo , 
r B 4 Che 

v , .V 

■ ■ I | ' - I ! I I 11,1..,»» 

a lanca* 


Digitized by Coogle 



3 i Dete Fr afther ìt 
, . Che fuor dii} mi 8ia\ ' 

fernoneffervn di fuor di mèftojfo, 

\ Giàmai non farà v<ro> 

Che m* alletti ilfertn di dite pupille. 
Naufragato Nocchiero 
Fugge Vafpttto acord* acque traquiHe 
Amor ferma ld ntd-,muoui il tuo pie , 
Via,via>nonfaiperme. 

Jjo {guardo rilucente 
, più non m'arde il ceruello', ’*- M 3 

ìVa» <f?o piu chiodi in niente » (t elidi 

La tenaglia a la borfa , # cor 
Quett* animata cera ^ 

Al fot de gl* occhi altrui piano cofumo 
A la bellezza altera 
flit noporta d mio foco ormadifumo . 
/ Amor ferma la ma > mnom il tuo piè • 
f'i.* j o/Ì4 non fai per me . 

Vtnco fuggendo un volto , 

fuggendo vn guardo , 

^ mirar non mi volto , {guardo^ 

Ch* a la naue d*amor remora vru 
Rete di belle chiome ^ 

L* amoro fa mia fè più non allaccia, 
De la f em ina il nome (N Accia, 

Par che die a al mio cor iL A F E* Adi 
* Amor ferma lama, muoui il tuo pie, 
Via,viajJOttfaiper me . 

A pena haueuano terminate gli Amici 
quelle lodi , che giudicarono all£ canora 
Pocfia coauenirfi , che vno de Cantori 
con voce di Bado fè Pompa del feguente 

componimento , in perfona d’ Amante» i{ 

qua-, 


Digitized t 



Fafcio "Primo 7 3 3 

quale fpinto da vìi amorofa politica, s’ar- 
roliò alla militia ; mà prima di far tranfi- 
1 to all’ire della morte, volle pretendere da 
vna Donnicciuola, ch’egli amaua come-» 
fua vita,i congedi dtremi . 

- *17 Npolitico hutnore, 

V Nina mìajrìhà forzato , 

A diuentar Soldato (rr, 

E que/la forcammo nacque d* Ama- 
che fe la guerra# Amore 
Son due mali gemelli, 

E fe i malinouelli 
DifacerbantjiFhor vecchio dolore , 
Per tua cagli gir alla guerra deggio ; 
Perche dimore al tedio , 

Ond*io mefehin vaneggio, 

Uincofrar di morir folo e il rimedio . 
Parto a la guerra^ Nina , 

Corro a i rimedi ardito : 

Ai a pria che feritor,parto ferito. 

Dal tuo leggiadro vifo 

Sii queslo fragil muro 

Ai in acciari 0 ruma 

La fc orrori a del rifo , ( mina: 

Loftral del guardo , e del parlar la~> 

Onde.cor mioji giuro, '< ' 

Che fin ad hor non mi so bene accorto 
Se vò dietro à la Gué^rafb fe la porto. 
Màfia , che vuol la fpada 
Mfhàpofla à la cintura . , 

C indica tìt, Ben mio ,doue mi vada. 
Già che rempia feiagura (ftrada. 

V voi che Vtl Capo gturrìer fia lamia 

V> 5 7Ù 



$4 Delle Frafcherie 
TU di campar nella Cittàprocura. 
.Fatti pur buone fpefe ; ^ ' 

E fein battagliali tmo valer copaj a 9 ' 
Qualche ferro inhumanoy 
O facendo dife fi 9 

In Trincierà di muro io refle morto » 
TU per vi tal conforto - 
Potrai col ferro in mano, 

Fin che haur ai prouim nella Dìfpjfa 
Far trinciere di carne à la tua meja . 
Cosi da te lontano , 

Aientre tu magni piano > 

Et io forte combatto , 

Morrò di Puntai tu viurai di Piatta. 

Aia s’egli auuien,ctiio via a, 

O cada giù diF legetonte arma, , 
Giuro per lo tremendo 
Spiritaccio d' Orlando , - -, . : 

Ch'io t' amerò marciando , 

Ch'io t\ amerò marcendo : 
j E s'auuer rà,che in periglio fa f quadra 
lo campi , amando te , (dra. 

Quello mio Re , che di feruir mi qus- 
Et ha quadrivi affai, : . . 

J' Sarà de' Quadri*/ Rè» » 

EtU Donna de'FioVyNina, farai: 
ì Ai et rio per tè ne Carme, e ne l'amore 
Sarò Famedi Picche, sAffo di Cote • 
dà che il desino vuole, - 

Che finn dite le luci mie digiune > 

Refi a in pace,o mio Sole , 

Ecco vado d veder le mete Lune*. 

I tuoi focofi guardi '•> 

Sen 


Digitized by Google 



'Pàfcio Frimai ^ 35T 
; Sott cagton^ Nifi a m i d>eh* io cagi loco > 
Parto , perche tit m'ardi* 

4 Non dif co u iene il mio camino al foco* 
Cast diceva vn di Drudo asoldato » - 
Che da l'Idolo amato 
..-.■.Alfinfidtflaeco* ■ . 

. E nel fenttr T ar a\>atà>m orcio» 

* • Af ifero ma che prò f 
, T Oj h , ch'egli h ebbe il piede * 

Da l'idolfuo diitifo* 

Caparne in guer rutene rim afe veci /V. 
. ^hhcomeìenfivede* 

Che m maritai tenzone- . * 

. Ogni Amante e poltrone» 

filel mefliero d* Amore 
S empre fi perde il cere : 

. v Et io mi fon per quefto esepio accorto > 
Che inguerra ancorjhi nonhd carene 
morto » 

Le faceti e noninfulfe del cataro com- 
ponimento allettarono non meno dell - 
altro ^orecchie de gli afcoltanti; mà per- 
: clic diceua ji- Petrarca. . 

f Puoffi in bpl cantar ejfer mole fio,*. 
Stampermedié congedo a’ Mufici > cotrìe 
a quelli a chi potcua adattarci quel moto 
del Spartano, intorno al Rufignuolo ma- 
gro: Pox tu es rpr&tcreamhil. Termini, 
difle ali’hora Pingenuo Ticleue,non dirò 
il concerto in tifico; perche dalle Mufc-* 
-hebbe nome; mà ben sìio fpetracolo de*# 

B 6 gli 


a Petr, 


Digitized by Google 



36 Delle Fraf cherie 

< gli /concertati mufi di quelli Artefici ; 
Rammentiamoci, che Pallade, di cui lia- 
.no feguaci , per non vederi in volto 
quella deformata enfiatura di gote , men- 
tre fonaua il flauto, lo franfe. Più tolto, fe 
dobbiamo tal uoltaaditarci de vitij, va- 
gliamoci del fuono>come far foleua a Ti- 
berio Graco . Quefti, quando i n orare-» 
fentiuafi foucrchiamente concitato da-. 
fdegno,volcua che vii fuo Seruo,che dic- 
. tro la Bigoncia afiìfteuali, fonaUe vn iftro* 
mento mufico , e con effo amnfbliflè l'af- 
prezze della fua vocale alterigia . Ride- 
uafi dclKer udita facetia di Ticlenejquan- 
do Stampermk voltoli a* cir collanti Vdi- 
torijfaucllò loro in tal guifa . 

Hor dunque, Valorofi. poiché vaghi vi 
veggio di dar principio a qualche ingc- 
gnofo gareggi amento, godrei',che mi feio. 
glicrte vn dubbio, natomi, che hà molto, 
dalla póderatione del còrrétefecolo;cd è, 

■i i . 

Chi dourebbe imitarli hoggi nc 
i Pentimenti dell’animo , od Hera* 
dito , col piangere Je anioni hu- 
mana , come miferie , ò Democri- 
to, col riderli d’elfe, come inettie . 

•» 0 t . • 

Trouauafj quiui Rovazalfe, foggetto 
«■ per chiarezza d’Aui riguardeuok , e per 

habi- 


a Il ut. 


Digitìzed by Google 



Fdfcio Vrimo . 37 

habiti acquiftati , e naturali di commen- 
dabili prerogatiuc ; nè meno eloquente-# 
nel difender i Rei nel Foro , chcfeucro 
nel fare efuli dal Foro della propria 09- 
feienza le colpe. Fattofi qucfti in giouen* 
tù Settario di quelTEluidio Prifco Pro- 
tettore appreffo Tacito , impiegò Tinge- \ 
gno in Filofofia,non còrnei più, per viuer \ 
difutile fotto quello nume ampio-, mà per 
fcruic la Republica ficuro da’colpi di 
Fortuna . Seguitò i Madri , che tengono 
efler beni le fole cofc honefte , c ma li le^ 
brutte. Potenze, e nobiltà, e ciò ch*è 
fuor del noftro animo, nè beni, nè mali. 

Rorazàlfc fù il primo ad efler richiedo 
di parere fopra il propodo quelito, come 
quegli, che più di qualunque altro credc- 
uafi nelTArte declamatoria verfatojonde 
promoflopiù rodo da vn impulfod’inge- 
gnofo capricciOjche da vn arbitraria elet. 
tionedi Natura jcfpofe indi a poco alla-* 
difefa d’Hcraclito i fuoi eloquenti ino» 
tiuiintalguifa. 

I N prigionieri fafee 

Sgorga il M or tal, chi ttafee , 

Lagrime elette à prefagir tormenti) 

£ d'o boriino dì piagne i me menti, 
Cosine /’ Ori e me , t 

Tercbe'lfuo Dì ttafee nte 
D*yn folgor fuggitine ha /< f ac elle ' 

Co metti rat di moribonde Stelle.' : 

Sii 1 * aperte campagne 
tn rugiadtfo duoli* cibalo piagne . 


Digitized by Google 



f s Delle Frzfcberie 

\ Pianto è precusfore dcH’humana p e- 
jegrinatione . La fua cura ? d’appianare, 
c d’idditarci la via, che menar fuole alla 
Vii 1? delle moderne roiferie l’età yentu- 
<a. Egli è il primo attodeirhumanità no 
lira e (predò da bambini con virilità , itn- 
preffo dalla natura con artificio. Lacri- 
miamo i danni prima, che ne auucngano; 
acciò , che improuifo nonne Sopprima il 
dolore . Piagniamo i falli prima di com- 
metterli , perche non paia malagevole il 
pentimento . Cosi le lagrime in noi , co- 
me peltri humorijlÒno inditi jde* morbi, 
c-ecthe atti di peni te»? e, fon pronoflico 
de’ misfatti futuri. Hor ecco premuta 1*- 
Afi a frà i Colpi del Cielo, fra le colpe dei 
Grandi j E farà huomo sì barbaro in etta, 
che fotto le preflfure di quello torchio nò 
vjdiftilli vna lagrimofa pietà da’fuoi lumi? 
Fiere iubèt pietas , cantò il Poeta, 

I giudi Giudici non condannaiio chi 
.piagne ; màchi fà piangere , come i dotti 
non incolpalo delle tempefte I Mari, mà 
i venti. Chi èfauio , piagne i ti\iferi* por- 
che piangono* mali : nOn piagne i mali , 
perche damo Ligrimati da miferi » e così 
non lagrima l’iugi urie della Fortuna , tnà 
/ì’infirmità fumana, . N 

Gran próuidenzadi natura. H pianto e 
vn humore , amattato da piaga di miferic, 
che fpremute mitiga delle miferic la pia- 
^ ga, c quando pur taludlta fia inutile il fuo 

slogamento , fi può dir con quel Sauio * 
~ * - * Pian- 


y Google 



' ¥afibJ*riféo l_ 30 
Piango perche nulla gioua. E non è k» 
grimeuoleil vedere jchefuLterrenod’vn 
volto cada così infecondo vn humorei di 
cui habbiamo sì prodighe cagioni ì 
Molti furonojche mai non ri fero; niu- 
Jìo che non piangefle mai. Democrito ^ 
ftefiò,c’hebbe,difTe Per ilo, sì petulante 

la milza nel ri de re,d certo, che piangendo 
nacquejcle rife poi, fu ridicolo; perche il 
ridere de dimenane miferie è vn imitare i 
mentecati, che i faci obbrobri] non eo- 
nofeono > è vnderidcrcìl Cielo fteflfo il 
quale/e impiaga i mortali, gode ctiandio, 
che ne piangano ; perche le lagrime deae- 
riti fon ri fi de* fcritor i , e perche il pianto 
fé i 1 fangue delle a oltre piaghe . 

Il pianto,come più malageuole à fimu«- 
Iatli del tifo , porta feco più fembianza di 
veritiero , più attrattiua di compatimen- 
to. Piangendo, le paflioni li sfogano, le 
neccflìtà s'additano., i rimedi j s’auuentu- 
rano . Non v*è maggior argomento di 
ilupjdczza,che il non commouerda quei 
mali , in cui concorre la for^a del dolor 
priuato , e ia ragione del compatimento 
commune. - 

Anche ilrifo s’atnmanta alle volte di 
ligcime. Cefarcpercheera lieto in veder 
la teda di Pompeo , marcherò le vergo- 
gnose jetitieco pianti Lo dello fè anche 
-Xerfe in quel giorno, in cui mirando da - 



40 Delie Frafcherie 
vn eminente poggio il traudito della fua 
podcrofa Armata, hebbe a dire a fé fteflò. 
Vno fluol furibondo , 

Qual Vicario di Ài orto 
T c fegucjo Xcrfe,e par che j eco porte 
Di Grecia a i d*ni epilogato u Modo . 
A far [atollo il fono 
Di tante turbe al prouido Bifolco 
Mancafpatij di glebe, e già vie meno 
A la Cerere Greca efea di folco. 
Crcdefi per© da Sauii, che XerGe fatto 
anch’eflò imitatore d’Heracli to,lacrimaf. 
fe nelle Tue indomite potenze la caducità 
humana •, ponderando, che in numero d’- 
armati, che hauer parcuano d innumera- 
bili la fembiauza, nel gir d vn Secolo, non 
ne farebbe per reliquia del tempo, rimafto 
viuo vn fol huomo . Nell’efcmpio dun- 
que della ferita impietosa u vn Xcrfc* 
Ponderate , o mortali , 

Come di Ài arte ài' orrido penpero , 
in vn volto guerriero , 

Oue nati a perora armai [noi vati » 
Foreftiera pietà celebra i pianti . » 
Appagati haueua , e compunti gli ani - 
mi de’fuoi compagni il faggio difeorfo di 
Rorazalfe^quando ecco Stamparmeli ri- 
voltò con vn piaceuole ghigno ad Egi- 
deargo i come che rauuifaflc nella fua lie- 
ta , e pratticata natura vna ingegnofa di- 
fpofitione di contrapor fi con le difefe del 
tifo alle commendare lagrime di Rora- 
zalfe._ 


Digitized by Google 



Fa feto Primo i 41* 

Era Égideargo vn. Cauali ero di sì piai 
cidi , & amorofi coftumi , di sì ameno , e 
difciplinaro ingegnò , che da chiunque^ 
conuerfaua fcco>potetia ragioneuolmert- 
te appellarli con quell’attrib uto di Tito ; 
La delitia dcll*human genere. Il fuo ami- 
co era alieno dal nudrir rancori , dal me- 
ditar vendette ; e fe pur vn neccflario ri- 
fentimento ad vnadi quelle paffioni tra- 
heua, reputaua , come quell’ Agricola di 
Tacito , a più honorato il vendicarli, che 
il portar odio. Ambiuai beni di Fortig- 
na, peroccafioui da collocar in altrui i 
benefici j; ftimaua beneficio vn inchieda 
da recar- altrui le fortune. Era infornata 
vna incomparabile Idea dell* Amicitia in 
quel fccolo . Col giouare, fapeua ohli- 
gar gKingrati ; con ramare , difciplinar i 
maligni; e con tutti il fuo generofo anir 
mo non di fumofa , mà di chiara gloria 
era colmo. 

Eletto al fuccedente Difcorfo Egide- 
argo da gl’Inuiti del giudiciofo Stampcr- 
me, ornò i fuoi auuerfari j fentimenti d’- 
vna fcaitr a,& afpcttata eloquenza; e cosi 
afauellar s’efpote. 

E ' Più atto d’humanità, a mio crede- 
re , il deridete le mondane miferie , 
che il deplorarle . Se niuna cofa è più 
conucneuole ad vn Sauio d’vn grand* 
animo, tale non può additarli quello» che 

dalle 

a Tacit % 


Digitized by Google 


4fc , Delle Frafchene 
«alle meftitie è debiiitato,e confufo.V’è 
forfè alcuno fra noi , che ambitiofo d'ap- 
parir fenfitluo ,* nell'altrui duello;* ami 
d’accompagnare i communi danni con 
la pompa delle fue fievolezze ; Et in vn 
tempo in cui è non meno neccflfario il pa. 
tire, che immedicabile il male, tenti di 
palefare le fuepriuationi , e di folcnniza- 
te la vanità de’fuoi voti con le lagrime l 
Troppo infermi hauremo gli occhi , 

^lla vifta dell’altrui lippitudine piango- 
no ; e mali interpreti falerno de’ benefici) 
del Cielo , fe querelandoci d’cflòi,non_» 
compendiamo la prefentc perdita di quà* 
to tolfe col paflàto godimento di quanto 
diede * Contra Fortuna dobbiamo ri- 
dendo moftrar le fronti intrepide, cnon 
Additar la codardia co* Singhiozzi . Non 
può meglio il Sauio dominar leftellt-»* 
che in negar djfentir offefe daH’influon- 
ze, che in deprezzar ridendo i fuoi col- 
pi. Se le vere lagrime non cagiono mai 
lenza le fi fise apprensioni di chi le fgorga , 
chi dquello,ehc piangendo nons’abban- 
doni > e meditando folo le fue perdite»*.,, 
non trafeuri i ripari ? E non diraffi ftolto 
colui , che dal fuo hofpitio bandito , ami 
meglio di lagrime refiglio, che d’ire in- 
ueftigando i ricouri f I voleri dei Cielo, 
i capricci de gli huomini ne feemarono 
gli agi, noi nego; mà fondendo ponia- 
mo folleuarci da quei màliche in noi dal. 
le concepute meftitie dcriuano,» non fa- 

tema /. 



Fdfctn Primo. 4$ 
remo di lioi fteffi Tiranni a.difanimarci , 
od a negare vn falliti fero coraggio alle-* 
nortr’alme ? E s’egli è vero , che a* mali 
por ta per lo più il tempo le viciflìtudinl 
del miglioramento, chi n’aflIcura>clVefte- 
nuati dalle noftre arbitrarie meftitiepof- 
ilamo hauer agio di riueder cambiate le 
feene, e migliorati gli atti alla Vita ? E 
pur meglio liccntiar viuctido il dolore » 
che nudrirci in Ceno le lue licentiofefro- 
di, perche n' vccidana. li tempo del piau~ 
gere termina ne fuoi fteflì principi j , cioè 
neiretà di fanciullo . Chi ne i progreflì 
della vita il ripiglia, altro nontì cherim* 
bambircypcr inuecchiar più torto . Non 
v’ècofa più nemica della natura ch’vn-» 
dolorlungo ; poiché per eflò gli attributi 
di natura s’abbreuiano. 

•Heraclito non meritò titolo d’huofno, 
perche l’huomo ch’è ragione uole , hebhe 
di rifibile il titolo . Quella cofa, ch’ecci- 
ta ilrifo , pur ch’cfso dal labro d’vn mew- 
tecato non ifgorgi , è per lo più in noi vn 
giudicio dell’intelletto, che oltre il fenfo: 
chePimaginatione commune conofce-» 
efser quella defocrae,amirabile, ò dilette*- 
,uole. Ciò non è dato a’Bcutti,i quali 
iion hanno attiene di ridere, perche man- 
ca loro la potenza. 

Son morbi di predominante Natura le 
lagrime de i fanciulli j e però Zoroaftro j 
chcnafcendo rife , fé pronoftico d’hauer 
a riufeir vn Mago, cioè vn operante Copra 

le 



le Sci 


. - Delle Frafeherie 

lealtà di Natura. Mà ponderiamo i 
pianti dell* Età virile . Altro non fon.» 
quelli , che vergogna de gli fpiriti Imma- 
ni , i quali reftringendoii dentro per non 
farli vedere infelici in qualche auuenuto 
male , mandati fuori l’acqua," che fopra 
la membrana del cercbro fi genera da’va- 
pori, che non ponno efalare dalla calua- 
ria; onde in contrario argomentando , 
fc gli fpiriti per l'accennato conofcimen* 
to s’allegrano , e per riferii della pallata 
contritione, fi dilatano, c ridono, fa- 
rà gloria de i medefimi nel corpo noftro , 
dempo haucr capite le ftrauaganzc dell’ 
Afia , il giudicarle inettie , e'i dilatarli in 
rifate. 

Il vero rifo del moderno fecolo è il fìn- 
to; e quello può anche apparir fui volto 
di per fona , che nafeonda lo fdegno,e che 
ami di fer piangere altrui . Tale fù quel- 
lo a d Vlifse,apprefsoHomero, che-# 
voleua vcciderc i Proci , ò quello di £ 
Giouc , apprefso Hefiodo, ch’era irato 
con Prometeo. 

E 1 nudo in vero quell animo, che pale, 
fa in aperto le fue paflìoni , mà non fi lo- 
da quello nel corrente fecolo , che noiu» 
diftinguendo i corpi dall* animo , chiama 
vergognofo chi è nudo . Anibaie , quan- 
do vidde ferii molella Fortuna al fuo Im. 
pcrio anhelato, per isfogarei Cuoi cupi 

di- 


si Hem, b Hi/, 



Fafcio Primo. ac 
difpctti forrifcfrà Iagcimofc turbe j: onde 
foggiunfc il Petrarca. ' 

£ così AHuiertiChe l'animo ci afe una 
Sua paffion [otto il contrario manto 
Ricopra con la vtfta hor chiara , hor 
bruna 

Vero s % alcuna Molta io rido , e canto 
Facciol perche non ho fé no qucsFvna 
Via aa et lare il tato angofetofo piato , 
icntite , come i mondani difaffei 
d vnaxidentc beffa itati degni . 



I M- 


Digitized by Google 


# 


I^RID I CO 

S A f IR A* 



S Er/e vn giorno verso pianto ridicolo: 
Perche pensose he in centinaio d' anni 
Si c or r effe di morte vngran per ic dio , 
J)efidcri) dì vita affai T ir anni ') 

Mutria t* ingordo, imagi» ad*, bauiffe 
V n corfo fecolar rapidi i vani * > “■> 

Ohffe i morbi moderni hoggivedeffe , 
Diria ridendo .A gran ragion da’ Nu- 
mi 

Per purga de gli humor Morte s’clcfsc. 
Chi per titolo alteri hebbe i co fiumi , 
Hoggi Ventrate /ue trotta / otterrà ; 
Ch’vna cenere al fin fine è de fumi . 
Lutta di Morte hoggi i fuperbi atterra ; 
Perch’à i mortai , che de l’ Anteo* ncn 
hanno : • 

Le fortezze natie toglie vna Terra • 
V?vn acqua Aeherotea /pecchia fi fané 
Vaneggianti Narcìffe i Afididuari , 
Drudi glàdi ricche\z,e,à Tluto Vano. 
Quel che viuo chiudea morti denari , 

Ter traghettar là giù l'oda che /lagna 
Soldi non ha da vedouìli Erari . 

Quel corpo , che veflia /erica ragna , j 
Hoggi fi mira ad altra ragna colto , 

E s’ vn Verme il coprìj'altro lo magna. 
Cosi per tutto opre di morte a/cotto , 

Veggio o brute chUrtmtjjAre chiarito 
fr 1 ' jiuuaU m 


F afcio Secondo r 47 

Annoiate eminente # regno tolto 
citar fi alT ributtai di Dite 
Le pèrfide Alme, e ne la Curia negra 
Scria ir fentenXs * proc eff tte vite . 

Chi dunque no hauria l' anima allegra » 

Se morte al fin dfhumane piaghe e 
.. infittirò, . „ ,/f.f 

Se trasforma inpigmee V 
Spento fial‘ egro Modo*e influjj o d ajtro 
* No gli addita il morirla la 
Perche di morte architettollo UMfr 
firo. - 

Spento fi aV egr o Mondo y eia f Stura 
D vn momento leggier fidaravantOy 
Disfare a i prifehi Secoli le mura . ' 
La buccata del cor faccia fra tanto 

Il Ugrimof* Ber aditole congiung* 

, Concener diCartago acqua di piato. 
Pria ch'aperto di gaudio il meflo gtuga , 
LI aura da far e vn pczz. 0 , e la correte 
De le lagrime fue molto fia lunga 
Mutiti le Reggte pur fcmbianzA** rnete» 
Si trasformino m befiit iRe Nabu chi 
Regga fcettroyC corona Orfo,e S erpete 
rentofità di fotterranei buchi _ . 

. - Cagioni al fon de lagra M adre anca 
Par alitichi morbìyt mal caduchi. 
Cadati le Torri al piano , e la forme*» 
Fra le rume altrui colonie s'erga > , 

F'I fuol riuefìa vna fpontanea ortica. 
Gorgo Deucalioneoglihuomim imm*r- 
n a » 

E co l'hitmQr>chel fuo Padro no bette» 


Digitized by Google 



48 Delle Frajcherie 
Il Compier G tentai Pale fomiti erga* 

Vnafame grauofainmeffe lieue> 

• T iranntggi i mortali ,* fi a di flate 9 
Coti penuria di Fin coppia di Neue . 
Stati d'tnfluffi pefliferi amm orbate ( ne 
Le Cune d'Afia, e fia da M or te al fi- 
Co ipartifemintlT ombe impregnate 
Non degg'io lacrimar l'altrui ruine » 

Pur cbtl Cielo da me colpi allontani > 
Le fuggit e l et irte lo au r'o vici n e . 

Qual di Strini onte C ru l'alate mani 
Scriuon lettre ne l'aria , all'hor che-* 

- vanno 

Ad intimar pedula guerra a ì Nani • 

T al su i Campi de ì' Afi a à noflro danno 
S'inamin guerre , e de C apio fc loierati 
T elidano i Corni vn boti or attingano 
S'intoni ancor da gh Auuxrfari armati. 
Lhornda mijchta 9 e le femore T robe, 

Il foce marnai foffìn coi fiati- 
Fra la Sorte 9 t'l coraggio il fuo r imbob e 
D alterne inerti > e àie cadute fchìerc 
Negkin erudì Guetrier pace di tobe . 

T r tonfante ardimento alzi bandiere , 

E'n cutà minacciata i ricchi Dari 
T emine i giornee i Menelai le f :re • 
Contro trote incurfion neghi i ripari , 
Natura , e l Citi , profano il buono , tH 

tee, . > . . ! 

Fochi S emoni, e Mariani acci ari . 

F tigni fico u Gioueyt fe da Inferno Etnee 
/ Ergon f cale tu l'Etra Alme Giganti $ 

^ Facciati tomboli poi di C apanec. 

- Deuio 

L 


Digiti 



f 


F afcto Primo . 49 

Deti'ìo piacer per quefto ? ohibò, fian frati 
J Cardint del C telò, & ioflaviuo. 
Piangono gt’altri 4 to riderò de t pianti . 
Già che u mare è la Vita, in mar nocino , 
A che giou a i'fofpiro ? à crefceryeto , 
Che vale il piatola dar à l’ode u riuff ♦ 
Segua norme celetti human talento , 
Sereno Ciel nega le neui al fuolo, 

- Sereno cor nega le neui al mento. 
Date, prego/ orecchie à queflofolo , (dire. 
Per faperje da l’Alma acorche M a- 
Ejfer mai può legitimato vn duolo . 
Venne hieri vn Corrioro , e cofe ladre 
Comodi Lidiaal cafo principale' dr e. 
Fu, eh 'tra morto a i Poueretti il pa m 
Era morto vn Signor sì liberale. 

Che la manco Virtù c’haueffe adoffo 
Era il crefcer i letti à lo Spedale . 
Facea dar per vn foldo vn pane grojfo 
Di.quefla pofla , anxj vote a con pena , 
Che da[fe tl Macellar carne fend'ojfo , 
La Giu flit ia abondar , come vn arena 
Face a per tutto ogni cantone vrbano 
Difpenfaua Ragione à Borfa piena . 
Soleadir.Vuot Giuflitia?caccia mano x 
M à però intendiamoci à / fritture : 

E fi a la tua Ragion fatta de plano . 
Era colui ne le litterature , (< (internato 

Chi? vn Plato? ohibò, più grande ,vn 
Credendone p area pteri àt ferii tur e . 
De le M ufi il valer Jempre hà filmato 
Al par del sague,e sito dir ch’à quitte 
\ Dana per ogni verfo v n M archefato 


Digitized by Google 



■> 4 


50 Delle Fraf cherie 

E pur Fodon di lui nuouefumfle : 

E pur l'occhio diluì chiufo in oblio* 
Più vigilie non ha, non hk piùfefte . 
Dunque, percb'huemo tal cadde, e morie . 
Ver ragion di pietà pianger bifogna f 
Nè Ugrimate voi ? no, ne medio. 

Egli è mortole no piagne, & io vergogna 
Diro , non lagrimar la/ua r Hindi 
' Ohibò ,fi gratti Inizigli hk la rogna . 
Sian meni quei , che per goder pedina , 
Soft /cacchi matti , e paffano con guai 
. Le lor Vitelle in carne diVacinna . 
Sian mefiì quei , che per amor due rai 
No chiudo gl'occhi\e co più frano fata 
P'iuòn cor riuì,e non arriuan mai . 

M aline ottico fia quell' affamato. 

Che fen\a morbo hauerfk la Dieta , 
Serica merito bauer hk digiunato . 

Voi cioè del viuer lieto hauete Farti , 

E nel ceruel, c'hk le lafciuie efclufe 
Imprimete con certi, e fate parti . 

' Voi, che fate fhtpir l'empie M ednfe 
Con lo feudo di Palla, e che non fitte 
QualPtreneo fuergognator eli Mufc . 
Date gli animi voftri a l'hore liete , 

Se bramate la vita , e dark palma 
A letitia di cor : corfadi Lethe , 

Proc e Ilo fo dolor fempre d'vn Alma 
Agita il Ugno, e poi lo tira al fondo. 
Che in mar di vita u allegrezza è calma 
Se bramate d'hautr tempo giocondo , 
Fate conto veder T orba di mefli , , 
Mouer cor fa di? alio in qutflo Moda 

Fate 


Googlà 



F afe la Secondo] Jt 

Fate conto, cti*vn e afe hi, vn dietro refii, 
V n pafft auantfvno mjudor ftBepre ; 

• C hi vuol hauerguflo maggior di que- 
* X fti 

Lajji correr il A4 ondose rida fempre. 

Solleuò al fommo gli animi de gli Vdi- 
tori il giocondiflìmo componimento d*- 
Egideargojmà parendo a Stamperme non 
douer efcludere dalle fue fauoreuoli de- 
rilioni i motiui di Rorazalfe,che haueua 
Caputo, qual nodello Simonide, fauoreg- 
giar le lagrime, decretò in fodisfattion^-» 
d*ambidue,douerfi con placido Tentimeli» 
to loffi: ire le calamità communijnè com- 
mouer/i per effe a dilettai rifo , nè a do- 
lori di lagrime , Il tormentarli per gl’al- 
trui mali è vna humanità inutile; il dilet- 
tarne è vn piacere inhumano r a Tarn ' f 
moltis tuadit , difse Platone, qui in lacri- 
ma* rifu profuftore refoluitur , quam qui 
dolore lacrimare comptllitur . * 

T ermiiiata quefta ingegnosa gara-# , 
varie cofe fi motiuarono in giro, intorno 
alle cagioni delle correnti Guerre, & alle 
neceffità, od a capricci de' potenti nel Cu- 
fcitarle. Si fè da principio vna nflefiìo* 
ne di encomi j , e di compatimento Copra 
gli Europei Monarchi, che contrai 1 vfo 
de gli Afiatiri, armando cferciti alle difFe- 
Cc de 1 loro Statismi che alle rapine d’al- 
trui fi additauano non meno incorrotti 

’ G a -, nelle 


a fiat, 

Googlc 



Fa feto Primo, 53 

uaFilopemene,* àchi vuol lavare la rob*' 
ba d’altri, fà di miftieri hauer del Tuo . 

Alcun’altro bisbigliaua Egideargo, no 
contento delle naturali fortune, guerreg- 
giaua per cupidigia di potente nuoue . I 
dcfidcrij fon come i Numeri, ne’quali ali’ 
Yno fuccede l’altro. Con l’efempio della 
nafeente ingordigia d’ Aiefsandro crede- 
uaii, efser miferia ne'Grandi hauer molto 
da bramare, nè ponderauad efser più 
miferabile, hauer cagione di temer mol- 
to , mentr’è più facile ad vn poueroiwg- > 
gir il difprezzo , ch’ad vn ricco l’inui- 
dia; 

V’era alcuno, ramrhentaua Rorazalfe, 
cheaccendeuaiia’martiali fdegni col vi- 
cino, per vendetta di riceuuce offefe, o 
forfè anche per beftiali occadoni , come ' 
fù la guerra fra gl Etoli,e gì’ Arcadi , ò frà 
i Rurali, e Latini. IPrencipi , b difse Eu- 
ripide, non cangiano con facilità gli fdc- 
gni, Ritengono coftantemente il primo 
impeto, per non parer concitati fenza ca- 
gione. Era però curiofo il vedere , chi per 
vendicarli d’vnalieueingiuria, poneuaa 
ripentaglio il fuo Stato. Grandi fono alle 
volte come i fanciulli, che fe di molte no* 
cic'hannó in feno, vna ne vien loro tol- 
ta, per ifdcgno , rie difpergono tutte l’al- 
tre. Non vogliono il tutto, quando il ne* ' 
galoro vna parte . 

C 3 Si 

__ * Digil»ed t 



*4 Tféìle FrAfcheric 
• Si ponderò in commune il fallo di 
qualche Potente, che tratto da anàbitiofo 
prurito di Gloria, vniuaarmatè,e dispa- 
ila leggi. Efoctaualo Cambinone ad cfer- 
citar più tolto le pene d’ vn ferro, che a vi. 
uere trà le colpe d vn otio.La vita huma- 
na,diceuano i Configlieri Catoni, al ferro 1 
è limile. Siefcrcita , fi logora confa® 
fplendore : fe viue torpida, fi confuma da 
ruginc. Brama l’huomotaluolta le glo- 
rie delle calamità , perche il male è fpeflò 
piùnoto del bene; & vna cruda tempefta 
è più famofa d’vna ferenità tranquilla-#. 
Pur che apparecchi i titoli al fuo cadaue-* 
ro,& al vulgo vna fauola,non cura, che 1% 
impeto d’ vn cuore fi diffonda in più mali. 

Con rifo della Brigata tutta motteg . 
gì auafi , che alcun altro non hauendo re- 

f oladi Gouerno > faceuai Latini per li 
'afliu i, perche nonfapeua mantenerli frà 
i Neutrùch’altri vendeua le fue adheccn- 
ze per tema , altri vendeuali per bifogno, 
ch’altri riuoltaua cafacca; perche dal lato 
apparente era frulla *, & in quefta poi,co- 
me incapace di riuoltanuoua,riceueuail 
politico con fua vergogna inemendabili 
rotte dal tempo. 

Molte riflefiìoni fi fecero confufamen- 
te intorno alla meritata grandezza, & al- 
la feditiofa potenza de’ Miniftrhfrà i qua. 
li alcuno , quali ramo , s’iinalzaua dritta- 
mente fui Tronco^ & altri, che di trauer- 
fo fi feorgeua carco di mqlti frutti , con- 
danno j 



r Fafcio Primo. - 15 
danno del Tronco medefimo frangcuaft . 
Ledifuguaglianze loro rendeuano mo* 
ftruofi i membri di qualche Imperio,neI- 
la guifa , che in vn corpo all’hora nafee il 
tnoftro; quandavn membro trascende in 
grandezza la proportione douutali - . Pa- 
reuano però da pià parti rinouati gli 
efempi di Cecina , e di Valente a Mini- 
ftri di Vitellio,ambopotenti,ambo emi>- 
li 3 ambo rapaci, àbo ruinofi. b II comodo 
priuato, ri configlio de'Giouani, e l’odio 
nafeofto fé perder l 'Imperio Romano # 

Chi fi faceua arbitro di qualche Re- 
gno , additaua, che nel Monarca non re- 
gnasse l'arbitrio . IlMiniftro vegghiaua 
fui Rè » mentre il Rè dormiua fui Mihi- 
ftro . II Rè faceua lume al ministro, per- 
che ftudiafse la Sua caufa,e quelli daua la 
mano al Rè , perche fcriuefse la Sentenza. 

Nel ponderar le grauezze , fi motteg- 
giò che aSsai meglio odoraSse l'oro , trat- 
to da Vefpafiano dall*orina,di quello eh - 
cftorfe Nerone dalle lagrime de' VaSsalli. 
S’atteftò, che alcun Vfficiale imitaSse c 
Temistocle , il quale volendo riscuoter 
denari in Andro , -di (se d'haucr menati 
due Dei,la Forza, c la PerSuafionere poco 
valeua a' Sudditi il rispondere d hauer 
due altre Dee, la Pouertà , e 1 Impedìbili.» 
tà. Almeno già che riScuoteuanfi doppia- 
mente i tributijhaueSsero hauuto arbitrio 

C 4 . iMa- 

* — — ... — —a 

a Tseit, b Volib . c Plut, 


$6 Dette Frafcberte 
* Magnatici far venir due volte l’anno la 
-State, e l’Autunno , come difse 1 Hibrea à 
Marcantonio.Mà il fatto era , che alcuni 
non eflgeuano per lo Rè le Gabelle, che-» 
arano loro pagate , mà pagauano al Rè le 
gabelle- di quel ch’efigcuano per efli . 

Si narrò in riftretto , che da vna parte 
vn popolo teneua Configlio, per tradir 
Vii Rè, dall’altra vn Rè faceua confulte , 
per aggrauar vn Popolo . 

Là era vn Teme di fepolta difeordia^ > 
non facile a conofcerfi, qui vn germoglio 
di crefciuta congiura, difficile à sbarbi- 
carfi.Lefeditioni intefline,cheper lo più, 
o dal bifogno , per tirannia cagionato , ò 
dal tedio delle pcefenti cofe dei iuano, fo- 
no appunto come la febre ethica , che nel - 
principio è difficile à conofcerfi , facile à 
curarli : mà fe fi trafeura , col tempo fi fà • 
difficile à curar fi. faci le a conofcerfi . 

Là vedeuafi vn pedeftre popolo far te. 
fta córra le braccia lunghe de’Nobili,quì 
le braccia dei Nobili hauer cuore di por- 
fi a i piedi vna Regia tetta . 

Là vdmafi vna Follia tiranneggiar vn 
Rè, per dar inditio di Cenno *, qm pateua, 
vn Rè afpettar il felino, per difciplinar la 

Follia . > ' \ 

Là tentò vna impeciofa Fortuna d’ele- 
uare à premio dì comando l’indù Urie di 

, chiobediua^qulosò vna feruileinuidia 

dannare à pcuad’Oftracifmo il merito di 

ehi imperaua . , 

E per- 


Google 



Fa feto Primo * 57 

• E perche a in Ciuitate difeordi , & oh 
crebras Prtncipu mutationes inter liber- 
ate , ac licentiam incerta parti* quoque 
res magnis motibus agebatur , vedeuaU 
vna Natione , hor penofa di viuere in li- 
ber tà da r ibellarfi,hor i n atto di tentar ri- 
bellioni per cfser libera; mentrcla 
volubile ne’configRimpetuofa nellcrifo- 
lutionijfalfa ne’giuditi j, facendo peggiori 
i rimedi) de* mali* pareua peccare, per 
pentirfije pentirli per peccar di nuouo . 

Efagcrauanfi finalmente il pazzo abufo 
del fecolo , in render grati c al Cielo delie 
ftragi, fatte non dc’nemici di Dio , mà de 
gli huomini : menerei Monarchi Afiatici 
dando titolo di predatore ad vn Gioue, 
facrificauangli vna portione decurti , co- 
me de ciechi Romani era l’vfo . 

b Ipfu/nquevocamus 

— In predam partemque Iouem ] 

catò il Poeta. Motteggia c Tacito di Ga. 
Pifone, che all vdita della morte di Ger- 
manico ammazza vittime, e corre a* Té- 
pij;e deteftado l’Hiftorico i tempi di Ne- 
rone , ne’ quali il rendeuan gratic al Cie- ‘ 
lo dcgrhomicidij fi marauiglia , che i fa- 
crificij , fediti a farfi anticamente per pro- 
fferita riceuute, s’offrifsero airhoraper 
diletto di calamità lagrimeuoli. 

Si conchi ud e, £he il maggior difordine 
per cui i’Afia era inferma , s’originaua da 

~ ' > C s Capi, 


a Taeit , b Vir$ t c TaìÌU . 


Digitized by Google 



58 Delle Frascherie 
Capi, i quali non alla Fama, ch’efser deue 
rinterefse de’Grandi, mà airintcrcfsc per 
cui tentano la Fama i Priuati, con fornir*! 
cura attendeuano;e pur fi sà,difse a Tibe- 
rio a Sciano: cateris mortalibus in e o fla- 
ve confilia , quod fibi conducere putent : 
Trincipum dtuerfam eflefortem K quibus 
precipua rerum ad Famam dirigenda . 

E perche i corpi muoiono, ò per inter- 
ne indifpofitioni di qualità homogenee,ò 
per eftrinfeche cagioni di fregolata vita , 
credeuafi da alcuno , efserl’Afia ad vii-* 
mortifero rifehio vicina; mentr’è defti- 
no d’ogni Città, diceua Ànibale , b fe non 
le nafeono inimici fuor di cafa, produrli 
didentro. 

Si decretò in fomma, tutti i Regni ha- 
uer gli Orti ,‘ i Meriggi > c gl’Occafi : e’ c 
periodi d’ogni Imperio eCser fatali , come 
difse Cratippo a Pompeo. 

d Platone organizò con la fua Idea vna 
ben ordinata Republica : c pur non feppc 
afficurarla dalle alterationi , e dal finc,có- 
chiudcndo ; quod nthil in flati* mancati 
[ed ambita quoddam teporis mutar etur* 
Mà perche ne gli eltremi difeorfi moti^ 
uò Staperme,chc corruttioni de’Rcgni 
nafceuanopcr lo più da’Grandi,come che 
i pefei dal Capo a putrefar comincino, 
recitò a ^li Amici vna moraleOda a'Capi 
«le gli Eferciti Afiatici,in quello tenore. 

A GVER- 


a C»rn*Tac, b Li»* e fiat* A Flai, 



A* " 

GVERRIERI 

PRINCIPI 
DELL’ ASIA, - 
ma> e .- 

ODA. 

v 

T Amalo infido etro i martiri inferni 
M otte à cibo fugace orma dì fame: 
E algraueduol di flagellate brame 
Nega dolce momento Arbitri eterni, 
E voi s cui diede il Citi gioia di pace , 
Gite penando in bellica baldanza 
E pafsendo corifchi vnafperanz. 4 , 
Pef :ate à l’hamo d’oro efca rapace . 
Chiedott pace le fi elle , e par che creiy 
Ter punir gli yccifor fulmini u Gioite: 
E voifuperbi entro fulminee prone 
Fate motti Salmonei onta à gli Dei. 
E orfe al cadauer d* Auuerjario ef angui 
Erger credete avo lira F amai vani: 
F olle ardir vi lufinga ,a gli altrui dàni 
„ :r e potézc infierir,gloria è d’vn Angue. 
Già del Foro vena/ f opra la felce 
S iride Tenaria à l’affamate fchiere , 
Mentre i comi difuggiùue Fere 
Sopr aie ampi negletti erge vna felce • 

C 6 Già, 


V 



6o ^ D elle Fraf cherie 

Gingia di Morte à l’orrida licenza 
Meflo rinunciati Mietitor la falce j 
Metre,diSpica il [noi votole di tralce? 
Fertile appar d’vnaCadmeafemez.a . 
S c oppino pur , qual pria , Nubi tonanti 
Darmi delgieUnitdo Cultor non pane , 
Mac a al Nume la mejfe,e più no ha - 
La r merita Enea Tare [umani t. {ue 
De le prouide glebe à la coltura , (tolti 
Gl’cmpi Cacchi di Marte i T aun ha 
E in va d’intorno i defti lumi ha volti 
Cotrojluol Briareo d’Argeo la cura . 
D'ingorda man mifen auanzj ejìrtmi 
Reflan le marre à queruli Bifolchi. 
Anz,i immoti Cadaveri de' Solchimi 
Giaccio gli Aratriiouhebbertoba i fe - 
Gli bere di alt ter di terren culti , e vaili? 
Nutre i confin di baffa Falle augusta'? 
E chi l’origin trahe d’ Arbor ve tutta. 
In roijLa L'afa humiùatihà i fafli. ( ne 
QueLch’affiffoin quadriga ,e a auro gr a. 

;• paru dSol ch’infuo caro^efca dal lido 
tior sebra nudo tl Giovane d’Abido ? 
Ch’ds.e medefmo e rematore, e naue . 
Mifero honor degli Aui. Aure di Corte? 

• Indarno homaifaflo di [angue atte de? 
Ch’ oue Fortuna profpera non (pende. 
Lo fplédor de’Natali óbra e di morte * 
Già de'vofiri G uerriergli empi appetiti 9 
(Ai ca(ìi f ?ni altrui tendon rapina ; 

Ne più raccoglie homai l'aurea Luci * 
ria 

Troie fìntile a i Genito? mariti? 

. , : . £f* 

.. - Digitized by G( 



. . F afcio primo 61 

E fe indarno tento l'egra Conforte 3 (mi 
Co tra l'armi di Sefto, oprargli fcber - 
In va tra i ferri boggile Spofe inermi 
- D'vn inferma bonefìàfuggÒ la morte . 
S’à fuga A4 amai cbiufi ripari 

T ejftr di Fabro adamantini ordigni ^ 
'Teprano k Ad arte homaiF abrimalu 
Ter ajfalir le Venerigli acciari, (gni 
Ob 3 di Ugge natia nato al difprezz*o , ' 

7* emer ano piacer di A4 arte tafano » 
Mqui À prede d'Am or forza di mano i 
Ai eire à merce d’ Amore, Amor è prcz 
Ai'ydifte,'o Ducici* Innoceze offefe^ZO. 
Son le colpe di voi sferze d' Aliaci. 

F olii y o uè gite? ab cbe le vie rapaci 
Sono à meta d’Honor rupi fcofcefe. ^ 
7 dolor cCvn popolo cadutg (ua 9 
Pietà non v* erge, il voftro mal la wò- . 
E'-mefon leCtttadi, e cbe vigioua 
V otarui vn Regno y e rtepirlo à Tinto ? 
H&bbiatepvir su trionfali Sogli 

D*vna Delta coronai cria recinti , 

Al v offra ma cbe i Vincitor bà vinti > 
S offra il ramo di Cuma y e viger mo- 


&H* ^ 

Pugni in prò di voflrire artedìS telle y [da 
Ampio il Regno a vai fiatato circa- 
Fra ii se d' Ambialo d' Amai affo da , 
Fra T Indica A4 alacca , e i flutti d % 
D' Alcide i finire di Liso le mete {BelU- 
Varcar faccia voflr'arme amico de- 
Scithia y temedo votare mi di gelo , {lo 

Eibi ^bramando voi/erua di Jet e . 

14 1 


Digitized by Google 



€i Delle Frafch’erie 
Mìfep,e che fia poi ? di [patio molto 
Crescerete à Fortuna il voflro Regno, 
M cieca sì, ma vanno i dardi al fogno, 
E grà ber faglio anco da ciechi è colto • 

* 

Qui termino il Tuo nobile componi- 
mento Stamperme,al cui merito fi bisbi- 
gliarono tolto encomi j da gli Amici , co- 
me ad Ingegno , che nella moral Po dìa-/ 
g odeua in quel tempo il Candidato della 
Gloria. Ticleue in tanto irritato dalla 
bellico! Idea di Sramperme a più impa- 
ciente furore , tradì* fuori vna Satira con- 
trn le Guerre d Ada , comporta già da lui 
Sn Europa , in cafa del generofo Egi deae- 
ro in cui vantauafi di hauer Tempre ha- 
«Ulto alle Tue naufraghc forme, ò il por- 
to, ò la merce: c dando faggio conia-* 
lettura di quella Satira di vn nuouo , mà 
regolato flilc in tal genere, così à dire 
incominciò» 


H*» 


f • . 

r‘ , 

LA 


Digitized by Google 


G VERRÀ. 




S A T I RA . 


T Ftt' Arme cAl Afondo > Armavi- 
rumquecano . 

Le Donne, i Caualier , rArme , e gl*A- 
mòri. 

Canto l’Arme pietofe,eÌ Capitano , 
Ogn'vn sodia y ogrìvn s* arma^gn'vn va 
N . fuori: 

E indarno a i Campi il buon Catoiu 
rimbomba , 

Tornajornapoltron fuggi i rumori . 
Suona À morir ‘più cb'à fuegliar la T ro~ 
E a[ f lido di Piato fpirti arr oliati (ha 
Ai adà le falme a quartierarfì in toba 
S on di barbara bile hoggi am alati 
J Regi) p et thè de la bile i mali 
S on hoggi da' Re barbari purgati. 
Agl' infiammati cor f angui venali 
Ordina il Fato in bellica licenziai 
E à picne'fz.a d*humor purghe borfali 
Già de' lufft n attui in afltnenz.a 

V’tuono t Grandine de gl* altrui metalli 
Prouangl'egrifuogliati vn appetez.4 . 
Qui deliran le Corti ; e perche i falli 
Del paz.zo Aiace addolorar Conile , 
Son le Reggi e follie doglie a i Vaf salii 

T ut - 


64 Delle Frascherìe . 

T un'Arme è il Modo, il Fat acci più vi 
Col famelico [degno, e mercenario (le 
Vuol far de' Regni vna frittata hoftile 
Anco il S ohe he ne ere a, par saguinario : 
v Poiché f atto fenfal dì Alme à Carote , 

7 * atto l'anno fi troua in Sagittario . 

Nudo fluito colà fai T hermedonte (di, 
Suifcera il ferro', e àfabricarne i dar - 
Sudano à gara, e Firacmone,e Bronte 
T un'arme è ilModo,à Tcoraggiar co dar 
Sudale M ufe, e de la gloria in fana(di 
Vn prurito febril (limola i dardi . (na, 
Ognvn vuol Brigliador , vuol Durinda 
£ fegue ognvn ne P attaccar tenzoni' 
L'esepio altier de 1* Albagia Romana 
£ pur furo i Roman grandi, e poltroni. 

Se la guerra di Canne vccife tanti , 
Confìderate s'era di Baffoni. (notanti, 

£ un'Arme e il Modo.ll M ar legni ha 
Che,fa in bofeo natio viffero immoti, 
Afoftra morti su tonde i pie vaganti . 
Quefii à Nauate Enio paffan remoti , 

È di fopita , e tacita tempefla 
I f inni fare (iier turba co i moti . (&* 
Non fan claffeauuerfarie orma me pre- 
Col pie de i remi, ode inalzar fàfpume 
. Di flutti adulterati oda modefl a- (me 
Già lafchiera di Phorce , é*l patrio Nu- 
Stanno à mirar su placida manna , 

Qual foco e [tinga a à tate vite il lume. 

T un'Arme e il M e do, àf nericar ruin a 
Cotra ilfatricio fluolo armapUGrac 
; £ la ma cetra i C avi ardo la mina.(c o 

A fitto l 

Oìgitlzed by Google 


« 



Fafcioprimo , * -■ 

fiuolplebeoyche per grauezze e fiacco, • ' 
Ntgan pane i M miHrr.ond'ei ribello 
Dona a i ladron de la farina ilfacco • 
Cosi doppia le stragli vn fai macello , 

Che' l sartie altier di f corticato Gregge 
JMoftra cotrai Paflor cor e, e cerne Ilo 
F affi intanto lo feettro à chi lo regge , Y • 
v Sferza pitiche foflegno 3 e piu non s'ode 
Fra i rumor de’T dburi vnfon di lege 
E pur danfThoqgidì glorie à la frode : 

E al nudo fen d'iniquità dtuerfe 
Forma n le penne altrui manto dì lode 
Canta il Poeta ogn'hor Parme di Serfe , 
Che tinfe in roffo mar dì Salaminay 
E'i mafcher'o Cotto le nani Perfe. 

Che vn varco apr) ne la durezza alpina 
E per paffar su la Cecropia T erra , 
Erfe oltraggio di ponti a la marina . 
Caia quel 3 che Giugurta 3 e' Cìbri atterra , 
Quel che corfe da Pella à l'Indiano 
Per trionfar 3 pìu che portar laguerra. 
Canta quel lufeo ancor de l'africano , 

• Che fè ne l'aria [natanti caflelliy 

. Ne capì da l'Egitto al Mauritano. 
Canta eh' à t Pireneirnppei cancelli , 

E douetienlanofìra Europa Occafo 
V ri Orto foggiogo di Rauanelli . 

Canta eh e per valor , più che per cafo 
DCe di moffo a P Italiane mangio poco , 
Ch'anco non dajfe il Cu ifeo di nafo . 
Canta chi diede à l'Anti Roma il foco , 

Quel che [prezzo de l'Ep rota t doni , 

* E'I nemico à Roma magno ^4n { ioco . 

Can- 



66 DeUe Frafch^erie 
Cat a color, che pifciano a i Cantini %(bc% 
E'IferrOivfo k far falchi, a frager gle- 
Ca%ìamo m Scimitarre , c n Ad ariani. 
Caia de'Gothi,e radali la plebei Mar fi, 

. GD ubri,i r$lfci,i Saltigli Hetrufci x e 
E Cartago,et Athcne,c Spartane The 
Centra popoli immerfi, e popolar fi ( be . 
Canta il r alor di rinitiane Armate , 

Ter cut la Rinoma a voli nhk [par fi* 
Canta colui,che da febr il giornate 

Sano i Roma , quado il fitto dito intlnfie 
Dentro il rotto Vaficel di Mitridate , 
Quel, che'n malinconie Perfido coflrinfe , 
Quel che i Saniti t collera hk diftrutti 
Qael,cb*à ficme Romane Africa vìfie • 
Canta colui che fece dat da i Putti 
Vn buon cauallo à /* A fino pedante 
E Hor atto fiol cantra i Pi ... tutti, (te 
’M'ha rotto il capohormai tàt*arme,e ta 
De la Schiatta Febea voci fonore 
Le cui pene T robette aizzano vn F atc 
Hanno lingua i Poeti , e non han con ', 

Core non han» da far morir chi viue » 

Vita no ha da rauuiuar chi more, (uè. 
Chiama Palla vna Dea grata à chi feri 
E rimirano poi con guardo bieco 
Le Palle de i Cannonarne vocine » 

Liei periglio guerrier Serfefh cieco , 
Che>s*afciugar tate fue T urbe i fiumi 
G ode ne ? acque, egli f'c davo il Greco. 

E quai del gran P elico furo i cojlumif 
Mach nel mez.o u cb*anhelauail tutto 
E fu menai > chi fi pone a fra i Numi . 

Qual 

s 

» Digitized by Googld 



Fafeio Primo • 67 ' ' 

Qual de le guerre fuoCefare ha il frutto* 

Che prima u huo,e poi fu Dio chiamato 
Da u Brurofo u brutto termin'c condut. 

Cbefà Popeo } quell'mclito Soldato ? (to. 

In inano al fin del T raditor rimane 
Mal capitato ,e ben decapitato • 

Che n'e di Mario ? entro paluHre tane _ 

Di Minturnia palude , oue ha patirai 
T rombe de'fuoi difnor flrido le rane * 
Metto fi n finalmente bàia brauura* 

Chi la dura à la corte è vincitore ; 

Ma ne la guerra al fin perde chi dura. 

Quel, che infegnajt temer fol cj>l rigore 
D' Arme T irdne i tradirne ti infogna* 

. Che d’ofsequio ifedeI,Maftro e’I timo* 

Quel che vijfe homjcida Iva fi [degnale 
S'vccifa muore . Hoggi lùnftabilDiua 
Fà vicende fcruili anco in chi regna • 

E pur s* armano » Marine pur V Argina, 
Beche'n flutti d' EuboaNaue fdrufcita 
Gli vrti arrifchiarvuol di Capharea 
E pur s'armano i Capile la crinita(riua. 
Difcordiai dubbi Regni,agita ì e turba 
E t' altrui Morte à i flegijtrme e diVi 
Sotto il maio d'Affrea copro lafurba(ta. 
Collera i Gradi anzi col voto falò (ba. 

D'vn F eccial capriccio armala T ur 
He' mamfefli lor piangono il duolo 
Delle fame attaccate , e pur fon tutti > 

O l'acciaio , b la pietram i folf aiolo . 
Vhauer piu Stati in fua balia ridutti , 
Chiama nuoui Nebrotti , arte da cac - 

E prtuate l e tùie i comun lutti * - (eia, 

Hog- 

Digitized by Google 



I * 

6$ Delle Fraf cherie _ ' 

Hoggi il Modo è comun » di Fera hà fac- 
Ogn’vn è Cacciator di Tua mina, (eia 
O có retc,ò con ferro; ò con la traccia. 
S'empia d'ero la cajfa,efia rapina : 

Ogn'vn cerca fe n h ammano già do ae 9 
Buó odore è il guadagno, e {la-d’orina. 
Cosi al T èrano il reo pefier rifp ode /tana 
E intanto il furto altrui piu che Spar - 
Perche lecito fta^non fi nafeonde. 

Fà guerra hoggi à ragion forza di mano , 
Pur che in Erario AVRelian Ila viuo , 

Moia ne’Tribunal GIVSTiniano. 
Morbo de'Regni vn dominarfurtiuo. 

Fine del Greco/#, Sete d'imperio, 

Fallo fu del Latino , vn Ablatiuo. 
L'human defìo.per diruelafulferio , 

Sepre il Modo (conuolfeie non f apete , 
Quanto nocque à l’Italia vn defiderio* 
Formar leggi tnfernal ,guaflar diurne, < 
So de l'horrida Guerra atti leggiadre 
Efonfabriche fue l'altrui ruine , . 

Oh qudti,oh quati infra i co feristi Padri 
Tetar co l'armi altrui far fi P adroni » 

E del T rono Roman diut mr Ladri ! 
Dimmi Cefare tu , per quai cagioni 
La libertà che m tanti mebri baucSti, 
Nel tuo capo Tirannico riponi rf 
E in guerra tu V tfpafianchc fejh? 
Quando in pelle di V olpe , e di Leone 
.Al porco d'vn Fitei guerra mouejh - 
Tìsiche armato tifpecchi,al.tuo ladrone 
Falor,perche no guardi? hauertivati 
L'oro colferro,e pur nafeefii Ottone . 


Digitized by Google 



F afe io Primo . 69 

Ladri de' Regni altrui fur tutti quanti. 

Ladri fur gli (Ir anier, ladri i Romani > 
Ladri fur Capitan, ladri fur Fanti • 

E [e fur ano in guerra i Capitani , 

Che far an gl' altri in guerra capitati ? 

Se fura il Capo,hor che furale mani ? 

Sono al Capo regai mano i Soldati , 

Sono à /’ Inferno altrui fpirti infelici » 
Sempre nati à dannar, sepre dannati . 
Raffomigliano il Gattoni qual nemici 
T opi combatte , e in cajo d'appetito , 

Piu de' Topi ladron,ruba àgi' \A mici. 

Oh numa tu, che intento al facro rito,(fte 
Mai per rubar, ne per pugnar co l' Ho 
Da l'Hoftta d'vn Aitar no fei partito . 
Mira , CQm'hoggi à foggtogar dtfpofie 
Son le delire de 1**4 fi a, e ne l'inganno 
Le faluti,e le leggi altri hà ripofie. 

O T erù, 0 Compagnie paganfi ognuno , 
Perche cotinue à noi fian le T ergane. 
Perche fra noi la compagnia fia davo. 

• Voghon d'Afiai Padron, che fi dia pane 
A chi [quarta le carne , hoggi chi regna 
Senza pelle intaccar,non tofa lane. 

Conia feufa de l armi hoggi s affegna 
Al Faj] allo pacifico vna taffa, (gna . 

Ma ch'ella gabba, vna Gabella mfc- 
Per dar neruo a la Guerra, hoggi fi laff’a 
S magrato affatto il popolo di vnsàgue 
Che t lombi poi dtporcaPace in^rajfa. 

Cosi contempla il Tributario,ef angue 
Ricchi i Miniftri,e’l popol 0 tradito , 

Vn nemico, che rtde,vn Re, che langue, 

O buon 

• ? Digitized by Google 



7o , Delle Frafcherie 
O buon fittelo d’oro , oue fin gito ? 

Le tue.colpe,i tuoi colpi era di ciancìe , 
Ai arte flati a prigion per Fuoruficito • 
Reggetta A 'firea con U due man Bilàce , 
Spada ancor non s*vdia,ne Capitano > 
' Eran tele di ragni infra le lance . 

La Bottega di Lenno hauea Falcano 
Sepre rinchiufa y e no legge afii in carte , 
. Ch’aprififie vficio di guerra il vecchio C i 
- De le fortune altrui godea la parte (ano* 
Senza riffe il vicinane par e a nato ( f .e, 
A dar mar tirila far Martini u Mar 
Dormia fiotto vn fiol tetto vn vicinato , 

I Con thè i Contadini eran Cognati 
E in tutti apria fipirti conformi u fiato . 

Cauta Sobrietà tende a gU apr iti 
A chiufimorbfiJp4irfaFciaà Galateo 
F acca da T rovi, e da Bob arde i filati, 
Neffunfea da Procufto , odaT ifeo , 

E svficiua vna brufica parolina, .* 

< Era il ceno d’vn guardo vn Caduceo * 
La pace era vna Serua,tllain cantina 
Spiti aua i vafi,efea le celle nette 
Con la ficopa d* oline ogni mattina- 
li capo non rompe an tante T rom bette , 

, Il braccio non mouean tanti tamburi , 

II cor non accendean tante vendette . 
No fifea por taf* chiane àgli b abituri fra 

Meze Lune hauea’ ICielo, e no laT er- 
Le Fortezze era d’alme , e no di muri . 
Non regge a Bluto ancor Regni / otterrà, 
E non patia di ttrren pondo ficarca 
Riprejaglie dt furie, anima ch’erra: 

For- 


itized b'y Google 



Fafcto Trinco. 7 1 

Forbici sf accodate banca la Tare a , 

Ne traheua Caronte alle * /#* rint 
Reggimenti dt fpirti tn su la barca . 
Prò ceffi non f acca d'opre far t;iue 
Eacosu i Reggi, onde veglia T Inforna 
Sen\a i lauorpenofi ombrefeRiue . 
jiltra natura ha il /eco lo moderno , 

Sol fra l'ire del ferro e l'amor d'oro. 
Sol di sague là giù nero è il quinterno . 
Solco farti foflienfi hoggi il decor §.( ’viuo 
Che meglio è tl dir.de T altrui robba i* 
Che'l dir al tr m.se z^a mia robba io ma 
Vanti pur con beltà f angue atratttuo[r$, 
Frtne irà i Greci faot , d'oro il sediate 
Più di Frine hoggidì volto hàiafciuo . 
Di man ctingegno education cotante , 
Dal nafeer del Bigatto al far calzette 
Nonpofa mai l'Italian Mercante* 
Quanti in viuande, in habitifin ricette; 
Perch'habbia il figlio fao / cola di calta 
Scolamenti di borfa un Padre mette, 
E pur l'affretta al tumulo vn tumulto', 
j E per belliche vie mouendo Torma , 
Stima la fera il fao meriggio adulto , 
Porge al F anelilo il Precettor la norma 
Per trarlo da le ma cCvn Ignoranza* 
Che prima del faper T Anime iforma . 
Mà in pochi /fimi dì torna à vacanzjip 
Che'l voto Padre fao penfa che fia 
L'empir la tefta,vn crapular di paza* 
Son le lettere in noi Pedanteria , 

Beffe di Corte , e morbo de le nienti » 
Fatiche da poltron>maldi pazzia- 



•p. ' Delle Frafcherie 
Vn’huomo Fomentar fol gli Elementi- | 
Batta che fappia , e perche ftia fondato j 
Baftan fol de le Scoi e i fondamenti . • 
Stdtce il Padre\e l figlio [regolato , i 

De le regole altrui lafcia il precetto , 

E co 1 fui to guerrter cangia il Donato 
Hor bradotpugnajrjor s’ /pugnala il petto 
JHorda colpi à credeva, hor lirijcote , 
Guerriero in fefìodccimoriftr etto- 
Al fin muoue à la Guerra armi idiote , 

* Più atto àriuoltar [palle ài • + . ( tèi 

C h* al nemico G ucrrier moftrar le go- 
Là nel vitto rapace , & impudico ( gel la 
S'ammaejlra il GarXon , finche [la- 
incolpo nuouo il fuo col pare antico. 

La guerra e vn’arte, in cui la vita ancella. 
Staili in lezzo dcVitij , e’n cui fi detta 
Più (emina di mal, che (enuncila . 

Ecco in carriera Antisale s’arrefta 
.*/ Sù le Campane vie tanto e sfrenato. 
Che in terra dilauor fuo ti angli afefta 
Tìà: fomenti di Bacco effeminato , 

A Roma, c he' l defia,l'ebro non paffa , ! 

E l'opre d vna man vince vn palato . 
Seco fi Aringa vn Marcanto/iio a laffa , | 
Che per tracciar Mattina C leopatra 
La Signora Vittoria à dietro laffa . 

A la Lupa di Roma il reo non latra, {ia j 
/ Perche corre d’Amor dietro vnaT ro 
E pria,che Vtncitorffajfi idolatra . 

E onda le gioie fue dentro vna foia, 

E pur metrc bene a, vide il lafciuo , (ìa. 
Ch'altro non ì,ch'vn fol hocco la G io - 

P cr 


F a feto Prima ’ 7 3 

Ver non parer ne V ammorzar cattine • 
Puoi far veder , eh* a generar e buono, 
E che gradi di bene hoggi ha Gradi - 
Già, fu cagion vn bellico fo tuono ( uo . 

Il ratto di bellezza fulminante* 

Eloggi effetti diguerra irati fono. 

F a fc alar e ì Bicchier, Bacco a la fetc, 
E di doppio Scolar Marte e il Pedate 
V ?t,cfye d'tra venal l Alma accendete , ’ 
E con la man che doppio f angue fura. 
Per dar le ptaghe altrui piaghe volete 
V oi ch'ofate atterrar de la Natura 
Foflra il vigor , per rinforzar co Arte 
Di pofitedo Padron l'armi, e le mura . 
V ole h' ad altri acquisiate, e bautte parte 
N e l'altrui danno, e di schianti ignoti 
Fate vccifor , pria che nemico vn~> 
Dite infelici voltine idioti, (Marte* 
P er ch'amate vn rigorìperche vt piace 
Da i Penati a penar torcere t moti ? 
Qua do parte a la Guerra vnhub audace 
No credo giacche la fu a M adre dica , 
Horst Figliuolo mio vattene in pace . 
Ma dirà bene. IlCteltt benedica , j (uà 
E vuot lafciar quefla tua M adre nuo 
Per gir nel se de la tua Madre atte a ? 
Eleggi Hippelito alcun non fi rinoua : 

E a rauuiuar quel che di vita è ca ffo » 
filtro vi vuol Fratesche chiara d'iua 
d { J iP tt * ™» di meSio il (uo pafo 

' A?!?» 0 * * belDeftrier robufia 

Ch ài occhio del Padr^fi face a graffa 


Digitized by Google 


74 . Delle Fr afe berte 
Màvfto poi et arme il Cauallo onufto, 
Ch'àfuon di trombe infra il Can 0 ru 

marciatiti ^ * 

Son'oilTrombon , [paro il Canon di 1 

gtillO. - , x .• 

O' fon pur iOidicea,vifo di faua , 

Hoggi han fortuna gli Affini par miei ; 

Et io f ciocco Aftnon mi lamèmaua. 

Dir fami a rifinita potrei, * 

' Non vuò a morir ^pereti A fino so nato 
E fe vlandaff\ > Arcafino farei . \ 

A Guerre andrò quado non ho più fiato: 

Che de la pelle mia fatto vn T aburo , 

• Darò morto poltro# core al Soldato. 
Meglio, Arnicuc il capar no l*h abituro » 

Che habitar c ampi à cori bs.maeofola 
. Non la norma VeUotmà d’ Epicuro . 
L’otio è Maeftro del ma] , la Pace è (cola, 

One impar auQagnor le Tutbe tenere 
I mal de la Lufiuria*ede la Gola, (re, 
Meglio è Marte feguir, che ftar có Vene* 

E valer ne laGuerra incenerire, > 

E viltà ne la Pace il couar cenere. 

Ee fortune à i mefehin porta : vn ardire. 

Le fortezze ne i cor crea lafciagura, 
Edeinolìri dolor gloria il (offrire. 

Cede sforza Ragione. Vna Bcauura (ria 
Regge il Módo,eeorcgge,e’n lui fi glo 
Non gir foggetta i’ordin di Natura. 

Hoggi in battaglia è vn opra meritoria , 
Tolto honor,tolta uiti, e Regno tolto 
, Quel ch’tn pace è vergogna , in guerra 
^gloria. 

Ccc- 


Digitized by Google 



F af ciò Primo. 7$ 

Cercar venture a! vento opra è da ftolto* 
Di Marte al Veturier fpe(Tò il Dellino 
Dà col poco patire vn goder molto. 
Anzi quello è vn pcn/Ier da Pailadino, 
Campar la vita , oue la Morte accàpa , 
E vna botta arrifehiar per vn bottino . 
Ouefle ragion ne la fina mente [lampa. 
Chi tra fere d* Efopo ha d*huo la lìgua 
Chi fatti ha di Leon f e no ha 'gjimpa . 
Ma pria che voi fi ama del Cielo efl7gua 
Brani T ifet,deh non vi fia dtf degno , 
Che coirà voi le mie ragion diFìingua* 
Ver la Ferver la Patria - e per lo Regno 
Son Pire honefie,e voi mofirate ardire 
Ver vna paga,ohibb, vender lo f degno • 
Nè farebbe vergogna ifvender Pire, 

Per coprare alla vita vn allegrerai 
Ma voi per foldt,ohibo^gite à morire . 
Soffrir cafo di morte ègra fortera\(na 
Ma il tracciar lei fuor ae la patria ta 
lAlgiudiuo de * S'aui e debolezza . 
Colui che tienfrà la delitia vrbana 
Incruslatt ifuoi giorni, e muore poi , 
Degno effèr pub dì copafftone humana 
M à di che lode fiete degni voi , (ua 
Che v* offrir e à vn morir e, il qual vi le - 
Dal viuer afpro,e dal peccare in noi ? 
Ne Fiate à dir,che il voilro honor ricetta 
Da caduta di membri vna [alita, 
Quafi Vallon,cui P atterrar folle ua. 
Perche il voler con perdita di vita 
Perder fenno maturo , 0 itade acerba* 
Sol per batter Refurrettion mentita* 

D 2 Scp* 


i . Delle Frafchtrie 
Seppellir fi morendo in tomba d'berba^ 

E fperar poi di quella Diua i ratti , 

Che trahe l'huom dal fepolcro , e in 
vita il [erba, 

M orti immortali miei cof (teda matti 9 \ 

Prouafie Inferno , et anhelate a gloria 
Sperate yn nome ,f difperafle i fatti . 

S ape te voi quel che dirà l'tìifloria ? 
Ch'ofafle batter la Volontà cattiti a, 

S ol per farai chiamar . Buona Afe' 
moria. 

Chi pub viuer in pace, in pace viua , 

No fa torbido me hi offro i nomi chiarì 
v Con l'altrui pena in del mai non j\ 
arriua. 

La Guerra al Gioco de le Carte è pari : 
Doue li perde, c vince!! tal volta , 

Doue afliflono Rè, Fanti, e Danari « 

Ma più la Guerra de le Carte è llolta, 

Che da Spada dipinta a Spada vera , 

Da P unto a Punta è differenza molta 
Doue in van non fi [par a, in van fi [per a 
Anzj del colposo de ìt Guerrier e morto 
La colpa del morir fpejfo e Moglnra, 
Non fi tronchi da vuoi con fpatio corto , 
Lugo fperartperche nelCampo andate 
Non è mica la via d'andareaTHorto. 
Purfe in Campagnaptaceuidi fiarefro 
E qui vibrar negli altrui mebri tlfer 
tiuofia tra voi.che dalle F erje impare 
E quando matrone fa mcnfail'Cerro , 
f ' A l'obhquo ferir d'erto Cinghiale , 
Sperarfi Vide tfttof nàt aggio tl Ferro ? 

Al 


Digitized by Googlc 



JF Afe io Primo 1 jy 

piu fiacco Leon colpo mortale 
Vtierculton Nemeo mai no auueta , 
Ne al compagno Rigor T igrefà male 
gol di fu a ftirpe eftirpator diuenta (forti 9 
Vbuo cb' a turbar tutt'i mondan con- 
vocar l'Alpe,e l'At late, e UT auro tota 
Mira in vn giorno fuo Febo piu morti. 
Che in vn ano no crea T urbe naf ceti > 
Ne sebrapari i no fi ri Occafi a gii Or * 
Dal coftume ffrin Pace imparati ; {ti, 
.. E vdìte mefe d'opere guerriere 
V era f <tper la quidita bramate, 

JSon le Guerre de l’ Alia Hidre, e Chimere 
Per delitto di Rè fon Cacciagioni, 

Pei* inferno de* Popoli Megere . \ 

• Lecite Mercantie fon di Ladroni, 

Che per tirar a sé corpi d’entrata, (ni. 
Fan del*Anime altrui càbio a i Dcmo- 
Ma £ bei da voi faldati hoggi è formata 

Vota Infernal,UMercatia,laC accia 
Pianta nudrite voi.che in altri e nata 
V oi d'vn Capo regai fiete le braccia , 

* C hi far guerra tperfona il cor nohaue 
Di farla poi co voflra mano ha faccia 

S chiatti, e Remi voi fiete a i altrui Naue 
S iete Vigilie voi de l'altrui Feftt , 

V ei d'altrui Por te, e set meliate Chiane 
S*a pugnar ]/er altrui voi non correfte , 
O t Re fra lor s'aggiufteriano iguai , 
O i Re fra lorfiromperian le tefle , 
Hauer,fenzapagar,debiti affai , 

Perder,* Tempre hauer vitto, e veftito» 
Far guerraad altri,enoncóbacter mai. 

L> 3 Vfo 



78 Delle Frafcherie 
Vfo è de'Grandi,ma il Soldatoardifo 
Stentale vme,ferue,fe hàcomandoi 
Se perde »hà male; fe deue èfoedito. 
j Non sa il mefchtn , per che maneggi vhl, 
brando : 

Corre incorro a la Mortele no sa dotse* 
Affetta la Fittoria y e non sa quando. 
Sotto ilferuido A4 arte,e'l freddo Gioite, 
Dai Penati dom etilici lontano* * 

Fero timor : f Afa (ver drizza il muoue. 
Se fa Gradaffo il piè > /Altolfo ha in-, 
mano ; 

Fefhto di Guidon , non di Zerbino; 
E'n mez,o a Ferraù fempr'e Tritano 
Sempre in facendo fudaglt Frontino ; 

E [empre vn Rodomonte ne Infame; 
E Jempr e al companatico vn Sobrino. 
E f ape te perche vote ha le brame ? 

Se de la Fame laGuerra e [or ella, 

E douer ch'vna Suora vn altra chia - 
Pero dijfe in battaglia il Re di Pella y (me. 
Se a' Ale ff andrò ho [labile il sebiante, 
A4 anca il mobil di A4 agno a lama* 
fcella. 

E che direm del ripofar d'vn Fate* (tetto 
Hàd fuol per ptume,e*l molle C tei per 
Pofa la teftayoue vagar le piante . 
Marito de la Morte è tato detto, 

Piu che Fratello il Sonno de la Guerra; 
Perc'han pari fra lor la Tróba e 1 Letto 
Anz*i tal'hor chi per dormir s'atterra , 
Gli aperti lumi [noi non ferra mai : 

O non gl* apre giamai quando li ferra » 

Dun - 


Digitized by Google 



j Fafeio Primo L, 79 

' V unqtee a 1 formi ficuri ivoftrv rat 

Ritorcetelo Compagni io del Copagno 
Sembrino al v offro mal medici iguai 
- Achille infra i Guerrieri hebbe vn gua- 
dagno 

Che tnuulnerabil fé f ligio Pantano, 

T uff e le membra fate , fuor che il cal- 
cagno, 

Zaffar volete * 4 chiUeP e batter lontano 
Ogni nfchìùgiitrrter da i mebri ve fin? 
Date 7 fugati: cal cagno, e ac irei fin fano 
Siate ipiti brani voi dei T empi nostri. 
Piu faldati dei Fabij , e dei Marcelli, 
più potenti di Dario, e diSefaffri . 
Siate pur p/ei S mar gì affi , è Farinelli , 

' Che fpaccan Guglie , e /piccati Pro- 
, montori , 

. Sbeffan Giganti, e sbuffati Mogibellu 
De i Decori la perdita, e dei cori 
f^n di fare te , e col ceruello infanti 
Non f ani haurete i radicali bum ori. 
.Al ferreo colpo ogni corpaccio humano 
Diuicn criuello al fin,mà non da biade; 
Cb'vn bel morir non fà magnar più 
grano. 

Rimettete ne i fa deri le Spade ; 

E nel corfa vital , che v'e rimafa 
Po fate il pie su le natie contrade . 

E già che'l Verbo mio v'hàperfuafa 
Concordanza da huomo,e no daPutto 
Concluderò ,che de la Guerra il Cafo 
Sempre il Genere , e'I Numero hà di- 
frutto. 

D 4 Vera, 


Digitized by Google 



So Velie Frafcherie 
Vera, benché poetica, reputaflì la de- 
fcrittionc dell’Afiatiche guerre , e di quei 
folli huomini, ch’alia malitia arrolati le-» 
fomentauano: e però fu così commenda- 
ta la nuoua forma del Satirico ftile , che 
nel detcftarle hebbe arte , come deteftata 
l’antica barbarie de gli Afforchi , che di 
commendarle hebbero natura . 

Si ponderò, che i buoni Poeti di niuna 
cofa più agramente d rifentono>che delle 
Guerre , le cui turbolenze fteuggono i n-» 
eflì quella ferenità di mente , cotanto alla 
poetica (acuità conueneuole. Non pia- 
gneuacosì Ouidiole miferie della ta_. 
rclegàtione, come il veder fi frà belliche 
(correrie mal ficuro -, ond’hebbe à dire . 
a Frecor vt poffìm tutius effe mifery 
& altróue più chiaramente . 

b 'Terra veli»? pr optar , nulliq\ ob»o - 
xia beilo 

Detur , erit noslrispars bona dewpta 
malts . 

A tal proposto recitò Ticleue le fo- 
glienti facetie,compofte già da lui in Eu- 
ropa, mentre vedeuafijCon genio auuerfa. 
rio all’Armata , colketto arguire in effa 
d* vn fuo bellicofo,mà giuftiifimo Prenci* 
pelevcfiigia. 


-i * 

Sort 


Si Quid, b Quid. 


Digitized by Google 



S : Fa feto Primo. 81 

On chiamato alla Guerra 9 ó* ecco 
porto , r 

Fr#4 eh io giunga a ferire , vna ferita; 

' r± '^iMàpTia d'àm afflar e è fuor uf cita 
£ pria d imort al ar faccia ho di morto . 
lo nonfon'hjiom difpirkò sì graffo, 

Ch e pefiu di 9 fr àgi impeti di Al arte , 
Tfrar la pelle anemici , e farne carte > 
Fartnchiojtro difangue,tpenad off*. 
Tuon di Bombarda* fulmine difpada 
‘ Gelar fara ne la mia vena il fanone . 

nT ? or ^ e c k e l ver f 7 de or Idguido cada 
JMeauuerra mai* he' l Martini Luì oro 
G io ui ai P oc fi a mi faccia fare ; 

■Anzi sopire far à l intero alare (moro. 
De la mia C an inetta . Ohimè, eh’ io 
De bronza i T noni* de lefpade i Lupi 
Cantari le Al ufe entro Caftalie mura 
Ghejol eonuienfi à F emine la cura 
Di do melile o tetto * non di Campi . 

f Hiete , 1 ver fi » in f “Ut ari 
Bojchiil di F ilomcna erge i fuoi cali : 
£ Itati U muti i popoli guidanti, 
rerchejua cuna il fremito de ' mari . 
£ ver , Je il br accio mio gl huomini at- 
terra. 

Chele lettere* l'armi h aurate zone 
M afento dir, che fìmile queftione 
ò ! decide alle Scoi e, e non in Guerra, 
Dai perigli guerrier fuggir lontano 
ò eprefut vago, e di Combatter f chino ; 
* erche i miei yerfi* cui verfato io vino 
S off formati di piede * non di mano . 

D 5. Come 



8 a Delle Fraf : berte 

Come dunque cantarle con[onan\e(mi} 
Pofs'io di Rime al rimenar de C Ar- 
E come vfcir può da la Jlaz.a i carmi , 
S’ogm noflra Colon fatta è di Starei 

■ 


Era vna Fame nella Proumcia di Me- 
tefeli ; foida, mà che feminafi, muta j ma-* 
che faceua'fauellar deTuoi mali „ Torna- 
rono i Dicitori alla narrati ua delie cala- 


mità A fiati che, e "indicandoli , che la fa- 
me Kondoucua diièin"ticrli col filentio 
della S elicofa Sorelia,d{ cui ^antecedente 


Satira hauenà r umor eggiato tanto, Rora- 
zalfe recitò la fegueute Satira, inp>erfona 
d’vn Poeta , che prouando nella Citta di 
Side vn involi ta penuria di pane , prende 
partito di iicentiar da se la Tua Mufa , per 
potere tra le famelice grauezze , da coti- 
diani difpendi j alleggerirli . 





La 

Digitized by Google 



Fafeio Primo . Ss' 

LA FA M E 

SATIRA. 

*• 

* 

T Orna^o Ad u fa Ai Phocide ai Paefe * 
E sii i Al orni aitatati al fecol cCero* 
Filando Eternità , campa A tue fvefe • 
Jomipafco di [piche, e non d'alloro ; 1,5 
E mal potrei ne ammortai tuo Ch 'io * 

* • fi?* 

• Smerdi fama, hor che di fame io mo- 
• re. ♦ - ~ 

Alo ammette due cure il petto nofiro , 

Ale la compra dei p A fpeder inquieta, 
Al el crear poefie [parser inchioflro . 
E' legge in alter abil di Pianeta , 

Che jhafempre sfornito U no (Irò For- 
’ no, 

4 Fin che tu fei Zitella , & io Poeta , 
LejJìgiA di Parnafo al Protocollo . 

C he fra l Poeta 1 ed Pan nata e disfida. 
Perche fecer rumor Patte, & .Apollo • 
E dai Ricchi vn poeta in van fi fida 
Trouar hoggi del Pan le cortefie 
^ A enc ? da Parrete nò da Febo vn Àlida. 
Ve peggio ancor , l' antiche careftie 
Di natura eran morbide le moderne 
Pelliccio mal fon di rapaci Arpie . 

D è Già 


Digitized by Google 



S j Belle Frafeherie 
C ià la Figlia di Cerere da infcrne 
F orzefu toltale da infernali Orarne 
* Rapita hoggi vn a Cerere fi [cerne . 
Bradi Udron con le fenfali trame 
Di Cerere i granar grauidi fanno ; 

E in cafa al trai fan [e minar lafam e . 
Giapromifer penurie al tragic* sin no 
LeStcllc:ct hoggi à l'ojferuar dei patti 
Quel che'l del Od promejfo * i Ladri 
danne. t \ 

Bai Campi (le (fi hanno ifrumeti e fratti 
Certi ingordi C ampio «, ladri da fune , 
Degni d’bauer piu che le tratteci tratti 
Voglion co fior, che le plebee fortune 
Orfane fìan d’argento , e per vn pezx.0 
Jldottiue penurie habbia il Comune . 

Fll buon Mercato il maL AFercant 
auueazn 

Efirahcy per guadagnar 9 compri fru~ 
menti , 

E fa falir nel pan calate ìlprelf^Q • 
Quindi è che nafee poi Sicariegentit 
Perche giunte fi vedono a l'cfiremo^ 
Ferman la man su i peregrini argeti * 
N'e fgo meta i Ladro la Forcalo il Remo 
Che le paz,e del huo ne han ceruelli •* 
Ne li pafee à conligli vn ventre fcemo. 
Per gli altrui falli hoggi prouià flagelli » 
■No vi e Farinate Farinaccio e morto 
AFancan F arine,e crefcon Far ita Ih • 
Se non vedtj Trittolemoriforto , 
s Preftar Jpmenz.e a Careflie follane » 
Veggio nei pianti ogni appetito afforto • 

He> 


Digitized by Google 


F afcio Primo . r $ 5 ' 

. Uecale 9 & Irò in su leftrade orbane 
Chiedon piangendo a Cimbri ac a fi irte 
Di vn Alida auaro 9 va vomito di 
Pane - 

Alà quei non apre 3 à chi non porta porte: 
E fe pur getta vn tozzo al Pellegrino , 
Lunghe non fon le Carità di Corte, 
Aduore intàto 3 anhelàdo ufol quattrino » 
La T* urba , e in Corte poi viue al per- 
De poueripalatiil Palatino - f dente 
Adufa mia cosi và. Se nel rodente 
Digiun mordo gli Auari 3 hagranra - 
gione 

Alorder la lingua , hor che non rode 
il dente . 

Li abbi dunque di me compaffione 9 
- Se fìam forzati in fe colo peruerfo , 

Io cangiar efercitio>e tu Padrotte . 

E verghe il cibo e da Virtù diuerfo : 

A4 a per girar di Foefia lo {patio, 

Non han forza digiuni i piè del verfo . 
Quando di Lira il Sonatore Horatio, 
Canta Euohe d’Ottauian ne CU orto , 
Crede mi ’ldufa mi nichel Vftre ha fa 
No fa Tmortal la Pouertàfa mòrto , (ti e. 
La Vita è vìi nauigar, porto la Gloriai 
Mà non fi và fenzabifeotti al porto. 
Voler gran nome entro C altrui m emoria 
• Pria d'inalzar le fue foflanze nane , 

» E vna vera follia di Vanagloria, 
Son già damile Poefie lontane , 
v E [ol nei Panegirici ho concetti, -, 
Perche Giro ogni giorno a trouarVinc. 
- S'Esì- 


ized by Google 


W Delle Frafrfrerie 
Epicuro, che d* Atomi neretti (dajfe 
Compofe il Mondo il nofiro Paguar- 
D' Atomi noi faria,ma di Panetti . 

JE s' Euclide fra noi V ita menaffe , 
Dtrei'Che il Pan perche sin ghiotte in . 
fiero . 

Vn Punto indiuiftbìle chiamaffe . 
Vuoi tu fentir con atira fr afe il vero ? 
Pan figmfica tutto in parlar G reco , ^ 
M à in lingua nofira hoggi ogni Pan e 
vn zero . 

N e vale il dir, eh' Eternit ade hai t eco -, 

J giorni tuoi fiati da la Parca guafii. 
Mentre la Menfa mia la Parca ha 
feco . 

La menfa mia Siracufatti ha i fasti, * 
Se dì Pan, che non manchi, hoggi e 
campo fia . 

Pan fù Dio de*Pa$or, hoggi è de’Paftir 
S’al tempo antico vna Pugnata lofi a 
D'vna Fame dentata era il rifiuto , 
Deliti a da [dentati hoggi c la crolla m 
Sparte molliche hot» altezza caduto , 
Non irafcuran le me tifile non fi ve de 
Con la muffa cerulea il Pan barbuta 
Muoui ducete da me. Ai tifa, il tuo piede , 
E credi ai detti miei, già che la bocca , 
Se no s'apre a magnar, s* apre àia Et * 
Chi fdegnp caricò. Satire (coca, (de 
jincol'Ocche affamate hattean balz 
danza 

i Galli s bruneggiar dentro vna 
Rocca . - - . 

Af p n-‘ 


Digitized by Google 



Fafcio Primo . Èf 
Jldentre dunque e di Pd tanta macana , 
Che f A ci refi a il /applicar Viorcnz^a, 
Che de laCrufcafua c'empia la paz.it, 
Habbi M afa mia bella, babbi patienz.a y 
La gr a Penuria hoggi àpenar depor- 
ta , 

% Hoggi,che'mtca il merco n l'aflinéza 
£ il viuer caro, e Caritade è morta . 

! : ‘ ’ : ' 
Fafnofa,nomnt;iTò che famelica ririfcì 
communemente la Satira, recitata da Ro, 
razalfe ; e quali che la Fame del Cofopo- 
nimentohauefle hauto vigore d'impri- 
mere contagio della meddima ne gli llo- 
machide gli Vditori Amici, pacarono 
tutti indi a poco alle lor Cafe , per adem- 
piimene i voci . E qui panie alia curiofi^ 
lkigata d’hauere impiegati in profitto d’ 
opere gli efercttij delie fue foiazzeuoii 
parole in quel Giorno . 


t 


Firn dei prime/ Fafcio • 




DE t- 


Digitized by Google 



DELLE 

FRASCHERIE 

\ ** 

FASCIO S ECONDO. 

t 

ERMOCLE, a richiedo 
da Paufania à dire , per 
qual via poteuafi acqui- 
ffar fama in vn tratto j 
rifpofe. Con Precidere-» 
vn Famofo . Onde Pàu- 
fania » priuando di vita Filippo , fi 
diè vita -nelle memorie de’ poderi . 
Da tal’cfompio Stamperme edrafie al- 
ia c uriofità de* fuoi ragunati Amici 
queda vaga propofìtionc in quel gior- 
no , cioè . Che il faper vccidere con-» 
colpi di Satira i famotì viti) cf vn fecolo , 
fune hoggi il più efficace methodo > 
per eternarti nelle commcndationi, e-» 

nc 



a Valer. Max. 

r 

Digitized by Googlé 



F afri 9 Secondo . 8p 

nc i fogli . Aggiunfe in proua Jde’fuoi ar 
gomenti più honorata cfler fa Fama del 
Satirico , di quella dcU’homicida ,• perche 
all’attione di Paufania , come maligna , 15 
deuono le cenfure della Satira ì mà 1* ìm- 
prcfa del Satirico , come zelante, non me- 
rita di Paufania le pene. CosF Paufania 
ha vn danneuole nome,vccidendo chi per 
valore li facea noto ; e4 Poeta ha vnalo- 
deuole memoria , trafiggendo chi li fipa- 
lefe per colpe . Ma perche è così malage- 
uole il fa per vccidere con gloria, come-» 
il raffrenare vn irritato fdegno da gl’impa, 
ti della vendetta, propofeStamperme vn 
più ftrano , mà ingegnofo dubbio da rifol- 
uereiefù. 

* * 

Qual fia più difficile nelnoflre 

fecola , il faper far v^a Satira > ò'I 
non farla. 

y • t 

Trouauali nella brigata Momarte,huo; 
mo nella Critica verfatilfimo, e dotto, mà 
nel redo piu di buona , ehe di molta eru- 
ditione ornato , come non chi molto ma- 
gna, e piu fano di colui , che di poche, e di 
buon’efche Ci cibatesi erudito può dirli 
non chi lede molto, mà chi ledè il buo- 
no. 

Fù inuitato Momarte da Stamperme, à 
rifpondere all’antepofto quelito , & à do t • 
alcuna maeftreuole notkia fopra le Sa- 
tiriche origini; ondagli difpoflo a- 


Digitized by Google 



fa DeHe Fraf cherie 
prouace,che la maggior difficili tà verteua 
nel fabricar bene vna Satira , cfpofei fuoi 
eruditi fondamenti in taltforma . 

La poetica facultà hàdue cagioni ; vna 
naturale, e l'altra auentitia - La naturale è 
la felicità dell’ingegno nel poetare, e l*im- 
pulfo deH*Arte;e quello dalla conditati©-' 
ne dc’Pianeti deriua. Giulio Formico, ed 
altri giudiciarij Mathematici «degnano 
co i ioroAfforifmi alcuni Ilei lati caratteri, 
«fee alla formatione d’vn chiaro Poem-* 
concorrono ; & iósò r cheGildarmo cele- 
bre , Si efpertifllmo A Urologo d’Europa 
neli’erigere la figura ad vno de'noti Inge- 
gni, che qui m ’a £coltano,d i de, di e per ha- 
ucr elio in Prima Marcurio,la Luna,e Ve- 
nere vniti con Gioue in Sagittario al cuo- 
re delloiScorpione, giudica nato vn acuto, 
c qualificato Poeta ; _efopra tutto i’dlere 
Marte in Decima Cafa di Mercurio, indi- 
caua in lui vna famofa, e rifentita inclina- 
tione nel lacerargli altrui viti-j con Sati- 
re. La cagione auuentitra è vnEftafli, ò 
Furore, per cui molte volte arcade, che-*» 
l’huomo fia fuor di se rapito, e dimentì- 
cantefe fteflò , fi vetta deliri . Così auue- 
niua in Colofone al Sacerdote d* Appor- 
ne Clario ,che 4 a detto di Tacito , nori_* 
fapendo leggere , rendeua in verfi irif- 
ponfi . 

Platone nei Fedro b formò, comdape* 

re, 


a T/icit. b ?Ut, 


Digitized by Google 


‘F afe io Secóndo. 

re quattro generi di furori , da altretante 
Deità premorti, cioè il vaticinante da A- 
fpollojil mi iticco di rtacco, il poetico dalle 
Mufe, | amatorio da Venere , e la fuperfti- 
tiofa Antichità pòrgendo a quefte fauole 
ore .chic , vuole più torto rieonofeere di- 
rittamente il dono di quello poetico im- 
peto dalle vane influenze d’imagmario 
Deità.che da sè medeflma . 

Chi e fano di mente , prona hoggi , an- 
che coi parere de gli Eruditi, che l’auiieii- 
titio furor poetico nafea dallefegucnti ca# 
gion i » Dalla temperie naturale , oucro a- 
crimoniad'vn accefa malinconia, da gl* 
affetti interni, cioè dall’ira , ò dall'amore , 
c’hanno fat uità anch’efli di concitar fa- 
condia negli animi , dal vino , chefcuote 
le torbidezze d'vu ingegno, riaccenden- 
dolo;,come in Enmo,& Ànacr conte auue- 

niua ; e : finalmente dalia lettura de’Potti 
migliori , per la quale concepiamo vn fu- 
ror Amile. 

Riftrette però querte cagioni alla più 
fondata, c nelle poeticc nature piùirn- 
preflà. cioè, chc’l F urore, come Ariftoteìc 
infegna, dermi da vn secandone d'atra bi- 
le 5 affermo , che in ninno è più /irta , e più 
connaturale quella accefa commori onc di 
fpirici , che nel Satirico, il quale noli da 
altro affetto riccue il poetico eccitamen- 
to, che dall'ira , che pur ftirorc htbbe no 
jne; 

4 

— - « , , . “ v 

- —, - Eacìt 


Digitized by Google 



fi Delle Frafcberie 
2 ■ ' ' - — Fatit indignati» vcrfnm • 
cantò ii Satirico . 

L’origine de’Poemi fteflì, cheperparer 
b di Plinio fù auanti la Guerra d» Troia, 
dice vn Autore, che dallo fdegno Satiri- 
co vna donna nafccflfe . Narra quelli , che 
vna Vecchia villaneggiò vn Giouane-*, 
v perche da lui vrtata neirhomero , mentre 
quelli furiofamente paffaua per la via i & 

, -cfprimcndo a cafo la Donna nell’impeto 
. dello fdegno vn ingiuria metrica , piacque 
al Garzone il numero ,• & indi poi fi prefe 
occafione di poetar^, 

Lo (degno accendi la bile flaua ; quella 
appicca il fuo calore nell’atra, elainfiam- 
mationed’efie, rompendo nelle labre del- 
la fantafia , i cui moti fon Tempre dalla fa- 
, cultà intellettiua fecondati, fà muouere, e 
♦ mischiare quelle imagini di cofe che nel- 
la fantafia fi cuftodifcono , e quindi uafee 
quella mentale concitatione, di cui fi fo- 

. velia, . . „ . 

Giuuenale , chefò della Latina Satira 
FArchotipo , non fù mai più ingegnofa- 
mentc Satirico , che quando da maggiori 
impulfi di fdegno fù concitato. Volle ino- 
ltrare , che i vitij di Roma gli fecero fpro- 
ne al piede , perche gli dauano fui nato j e 
con furore impetuoso comincia . . • 

C Fitta S aur ornata s fngere hirte libcu& 
glacialem • 

♦ * Ocea- 


a lanen. b f lin% c Ihhuu 


Digitized by Googl 


Fafcis Sec sfide ] 

Oceanttm , quoties aliquid demoribus 

. Ande nt . 

Qui curios (Imalant , Baco banali* 

viuunt . 

Moftrò parimente impreflì i motiui d’va 
furiofo Cdegno in quelle parole pur con- 
tra Roma. 

a Et quando vberior vìtiorum copiaci 
quando 

JMaior au ariti a pattiti finus ? alca-j 
quando 

Hos animo s? ; 

Riccuendo dunque la Satira più dallo 
fdegno,che altronde i fuoi fondamenti, dù 
rò hora , che qucfto genere nel Tuo feufa- 
bile,c necefifario fregolaméco è più di qua- 
lunque altro difficilc;perche hauendo,co- 
me diflc Cafaub., b qualche affinità con le 
fauole de’ Drammatici, vien anche ad ef- 
fer nelle agitationi de gradetti, e nella va- 
rietà delle cofeperple5ò,e verfatile,è però 
capace di più Itili . 

Qui errano à tutto Cielo alcuni mo- 
derni Poeti , che fidatili dngolarmente^ 
nella rellura,ò d vna Canzonetta Lirica, ò 
d’vn Oda , detta da efli Pindarica . ò v il_* 
puro Berniefco all Antica , credono d’ef- 
fec perfetti Maeltri d vna poetica imita- 
tione /nella guifa , che fra i Pittori , l’vno 
crede di dar buon* adoce della Tua Arte-* ; 
perch’elegge nei campo della nacuca-» 


a Ituicn. b C afaub. 


Digitized by Google 



94 Dei le Frafchent 

la fola imitationc d’ Vn fiore ; l’altro qua- 
fi educato negli Eremi vuol gloria , non 
di faper ricraere Figure fiumane; ma ben 
sì Paefi , com’erano nella prima Creatio- 
ne del Mondo’, in cui non era ancora for- 
mato l’Huomo per vagheggiarli : l’altro 
che hà folò imparato a dipingere huomi- 
ni in prigione, perch’è folito di ritraerli 
in vn campo ofcuro di quadro , pretende 
di meritare nel titolo , eh egli hàd'An- 
tropografo , d’ vn perfetiflìmo Artefice , il 1 
nome. 

Scia Poefia hàcon la Pittura fomi- 
glianza, è ncceflàf io cb’vn Poeta, che alle 
perfetiioni afpira, fappia tutto, nella guifa 
ch’vn Pittore deuermaer tutto; perche 
imita ogni opera di Natura . a Vìttorem 
omnia necejje ejl {ciré , quoniamomma 
imitaturÀ iite Caldano, & Horatio fauci* 
landò parimente del Poeta, difle 
b Argilla quiduis imitabitur yda. 

La Satira, come piena imitatrone di tuu 
te i e Mac hi n c, cosi-di natura, come di ar- 
te, non altronde hebbe nome, che da Sa~ 
tur a, cioè piena di varie cofe ; ondeiifuo 
vero Carutterifmo jcome il menopratti- 
cato, può diri! hoggi il più difficile, &-in 
vn tempo pec doppiezza di itili , ediina* 
'tette it più vago. ’ _ 

Per ragionare de’ Cuoi principi j,vìrara- 
mentocon 1 autorità de gli Scrittori eru- 
diti. 


aC*rd. b Hor/tt. 


Digitized by Google 



Fdfcio Secondo.' ff - 
<!iti, che la prima maiedicenza hcbbe ori- 
gine dalia Dithirambica; e che mentre gli 
h uomini s’vniuano colà per facrificar a«. 
Bacco, e cantar lefue lodi, cominciarono 
a poco, a poco ad inferir tra elle il biafmo 
de’ vicini. 

Vii lume di quella Greca licenza ri- 
mane anche hoggidi in Napoli d’Italia-# 
ne tempi della V indemia, ne’ quali è per- 
meilo a ciafcuno de* *V indemiatori il vil- 
laneggiar chi pana; così accenna Horatio 
diqucifecoli. _ 

a Exprejfa arbafto regerit onrtuit a da- 
mi 

P e indemiator i & inuiSlui^uifape via» 
torCcjfijfet . * 

Scherzò teà le cerimonie di Bacco que-f 
ila amabile libertà del cenfurar altrui .-fin- 
che più licent iofa rendendoli , riuoltò lo 
fcherzoinifdegno, e lofdegno trafeorfe 
poi a lacerar anche i buoni . 
b Ltbertafque recurrentes accepta per 
annoi 

Luflt am abiliter idonee iam fauns a- 
penano 

* In r abietti vtrti c ce pie tocu/, & per ho 
neftas . .* * 

Ire dono i impune rninax . 
dille Horatio. 

Da si Iicentiofo aumento pcefe ordine 
la Vecchia Comedia ; che lù di maledì- 

cen- 


a tiorat, b Hot *t. 


Digitized by Google 



; $6 , Delle Frafcherie 
ccnzacofparfa : c la maniera di quella fi 
reputò non meno gioconda , che ragione- , 
uole dal popolo , il qual godcua di veder 
reprcfla in taìguifa l’odiofainfolenzade’ 
Patritij ' : 

a Si qùis erat dignu s deferiti , quod ma- 
lus,autfur, 

*Aut moecbusforet', autfic ariste , aut 
alioqui . 

F dmofuSyfnHlta cu libertate notabant , 
Domate finalmente le forze popolari in 
Athene, e riduto il dominio all’autorità 
di pochi, ma di potenti huomini, raffrena- 
rono in gran parte i Poeti la loro maledi- 
ca temerità , sbigottiti particolarmente— 
dall’efempio d’Èupoli , fatto annegare da 
Alcibiade . b Non eft facile in eumferibe - 
re, cui poteft profcribere-A iflc Pollione ap- 
prcfsoSueronio. 

In quefto fu promulgata vna legge , che 
non ardifse alcuno d’efporre al publico 
Carmi infami contra i viui . 
c S ed tn vitiurn iibertas excidit , & vim 
Digitane lege regi, kx eft accepta, cho - 
, rufque 

T ttrpiter obticuit,fublato iure nocendi, 
Ma perche i Poeti haueudo nella de- 
trattone hebituatc le lingue ; efclufi dal 
lacerare i vi ui, tolfero dalla Scena il Cho- 
ro, in cui foleua la principal maledicenza 
fondarli, & inuentandoin fua vece alcu- 
ne 


a gfcrat. b Suet . c Horat. 


Digitized by Google 


Fafch Seconde . 97 

5 digre(Tioni,cauillauano in eflì i detti , c 
i fcritti de’Pocti defunti; e qui motteg- 
auafi enigmaticamente i vitij dc’Citta— 
ini . 

Cefsò anche in poco tempo laforma di 
uefta Comedia, a detta da! Mazzoue la 
Mezzana, parendo a Potentùche anche i 
nolu enigmatici contra i lor vitij il riflc. 
cfscro, e che fufse inhumanità biafmar le 
:>pere de gli Scrittori defunti . 

Fra quei tépi della vecchia Comedia 3 
: della Mezzana hebbe origine la Trage- 
dia^ quale,bcnche dica alcuno Scrittore 
che più antica della Comedia fufle; tutta- 
uolta Capendoli , che il Caratteri imo Co- 
mico è più fé mplice del Tragico,è verifi- 
mile, com'anche è di parere lo Scaligero , 
b che quello da quello trahefle l’origine . 
Certo però è, ch’etiandio nella prima_* 
Ttagedia , che Satirotragedia fi chiamò 
poi, fi introduceuano Satiri à niorder co* 
loro ridicci Tali l*h umane taccherelle ac- 
ciò che lo Spettatore frà le feuerità Tra- 
giche riceuefle qualche folleuamento d a 
gli Scherzi; onde Hotatio difsc,fàuellan- 
do della Tragedia. 

c Vtrìtm ita rifores , ita commendare di - 
^ cacesy 

CoHtmttS atyr osata vertere feria ludo » 
Frà la Vecchia Comedia , la Mezzana , 
la Satirotragedia,&vn genere di Campo-» 

E ni- 


a Mhx,%, b Scalig* c Qorat. 


98 Delle Frafeberie 
nimento detto Siilo , à cui diè nome Sile- 
no, vno dc’primi Satiri nutrici j di Bacco , * 
andò ne’Grcci, esercitandoli la poelia ma- 
ledica ; poiché dalla Comedia nuoua , che 
s’inuentò poi, parue esiliata la maldicenza 
contenendo quella , centra 1 vfo dell’au- 
rica , argomenti finti , & vnafeuera teftu- 
ta. 

* Da quelle Greche origini traforo occa- 
sione i Latini di dar nomedi Satira alla», 
loro maledica Poelia, e qualunque creda • 

Sì da alcuno, che la Satira da principio fùflè 
anche Senica appretto i Romani, tutta voi. 
ta attella, Scaligero , a Satyram a Latini: 
acceptam, & extra feenam ex cult am . 

L'inuentìone della Ro mana Satira fuor 
difeena fù afognata da Horatio à Lucilio; 
benché da altri Scrittori credei! efor più 
antica. 

b Hmcomnìspendet Lucilius, hofee fe- 

, CUtUS , - 

- Mutati: t a fitti m pedibu^numerif ine 
faceta: - 
-i Emuntt&naris . 

Lucilio ne meritò il primo vantoje co- 
me che quello genere di Componimento 
hauea perduta la forma Teatrica de gli 
Antichi , vi creò egli con le lue Machine 
vnnuouo;& efcmplare Caratcrifmo fuor 
di fcena;onde Horatiò, che n’emulò i'in- 
uentione , hebbe adire , 

* me 1 

a scalig. b Horat!? m 7’” . 


Digitized by Googlc 


Fafcb Secondo . $ 9 

— - — — — - H&ce*o Indo, 

Qua tttc in adefonent certantìa , iudi- 
ce T arpa , 

JNec redeant iterami atq m , iterum [pe- 
startela T eatrts . . 

Queffco iiome di Satira ; perche deriuò 
anche da* Satiri, (oliti ò a difeoprire nella 
nudità le vergogne , od à palefar Tanimo 
sù le labra , come inclinati al vino , che 
b operta ree U dittarne inuentatoda Ro- 
mani,per di(coprire,ò de gli altrui viti j le 
vergogne, ò del proprio cuore gli affetti » 

• Quella ingenua facilità di riprendere 
fenza ritegno lecolpe humane , forti vna 
fortunata, mà perieoi ofa licenza appr elfo 
dimenale, & Horatio, i quali fi fentiro- 
no trarre da vn intrepido in flint o , à no- 
minare (peci almente i vitiofì nelle loro 
Satire; c benché Horatio,comc in rifehio 
di rimanerne vccifo da’cenfurati, fufse da 
Trebatio perfuafo , à tacere in quelle pa- 
role. 

c .. — ~ n Vt fìs 

Fitalis metuo, & rnaioru quis emicus 
Fragore tefertae . V* - ; ' , 

tuttauolta non (epp egli ritenercene ; mà 
concimile . 

d Quot capitum viuunti fetide?» fi a diora 
Millia 9 me pedtbut deleStat c Under c 
'verba. ' - * '■ 

Lucili ntti { 4 

Ma 

t Uorat. b Herat. c tìerat, d Ilo 7 

Digitized by Google 





Ióo Delle Frafchene 

Ma forfè, che anch’egli non publicaua 
in quel tempo le Satire, perche Libelli in. 
famatori j non Ci credefsero; e ciò par che 
accenni in quei verii . * 

a Non recito cuiquam nifi amtcis idquLs 
coaftus. • - 

Non vbiuis.coramue quibuslibet. 

Comunque fufse,morcè di quel libero 
Secolo non neritrafseromai denomina- 
ti huotaini rincontri di caftigamento;om 
de poteua diri! di quei tempi, quel ché dh 
ccua Tacito d’altri . 

b Rara temporum felicitate* vbi fentire 
qua velis , & quéi fcntiat>dicere licet . 

Perdio, che non volle auucnturard a-t 
quella aperta franchigia.» con l’efempio 
del precurfore Horatio, riformò oon po- 
co in sèllefso la licenza del dir Satirico; 
mentre col nome aperto pochi della fua 
Età tafsò,e molte volte col fuppoilto no- 
me di Tirio , e di Meuio ; e benché vna 
volta vn impetuefo (degno lo conci tafse 
a mormorar di Roma, cominciò però, ma 
non lini, per che dir volendo per forma d* 
intcrrogatione. Chi non è ignorante in.» 
Roma?difse. ? 

c Roma quts noni 

Altri tempi^ltrccure fon hoggi.L’arte 
del ceni urar k colpe in ifcritto,che di Sa- 
li» ica hà titolo, è diuifa fra la pura Satira, 
c*i Libello infamatorio. 

La 

Digitized by Google 



Fafciò Secondo] 101 
, La pura Satira, com’c anche la poetica» 
tutta , fu Tempre permefsa , e qualificata , 
dalia facultàciuile; il che nonauuicnc 
del Libello infamatorio, ch*è danato dal, 
)c leggi .-qiufto hàper fine la fola imfamia 
di chi fi mentoua , quella hà per oggetto 
il folo vtile di chi afcolt3 . 

La Satira è vn'Arte da Maeftro, perche 
Vagellando infegna, & alle volte coTolie- 
uamenti d*vn faceto Arile insinuando 
norme, imita,dice Horatio, i Maeltri me- 
defimi . 

4 y t pueris olim darti cruflula biadi 

Dottore: dementa veline vt difeere 
prima . 

No richiede però mai dilcttationi fen- 
za dogmijpercne in vn Maeftro Pinfegna 
re è debito ; il dilettare honoràrioj onde 
. auer non deuono il nome di vere Satire 
quelle, che non d’aItro,clic difcurilirà ri- 
dicole fon colme, quantunque il ridicolo 
fia vna necefsarkì conditione di quello 
Componimento, 

La prima intendono dalla Satira è di 
'edere i viti j , e fi come il F ifico applica 
4 Je volte ad vn membro, ò ferro, ò caute- 
lo, col quale, ò le Sopite forze s eccitino, 

* le fugate fi reuochino : cosi gli Antichi 
iederoà curar gli anjmi h umani a'Sàtiri. 
i,i quali radrizzandoi curui coftunii de 
iihuomini,cala loro tagliere mordacità 

.E 3 refe- 


Digitized by Google 



io2 Delle Frafcheric 
vefecafsero da* mede/imi gli humori coti~ 
taminati , e*femi delle interne perturba- 
tieni , S’è vero il detto di Tacito , che a 
Vaia eru»? donec h ornine s, e cosi legge 
di natura, che fiano Satire, oue fon vitij» 
come che nelle cafe. oue fon cibi, fian to - 
pi , e ne'corpi ou’è copia de’ praui humo* 
ri, fian febri, cioè alterationi di (piriti, re- 
calcitranti col male . 

La Satira è nata più à ferirei vitij dell’ 
Huomo , che l’Huomo ne’viti j : e però fi 
gloria di palefar l’Arciero , nonilberfa- 
glio . Il Libello è fatto più per pungere-* 
ì’Huomone’vitij, chei vitij dell’Huo- 
mo : e però ardifee di publicare il berfa* 
glio, non 1 Arderò . Infomma la Satira-» 
deue frà le honefte cofe annouerarfi , e_* 
chi refclude,ò non sa, ò inerita nei Libel* 
loiricouri 

La Satira . 

C On le norme feuere , è in ^gioconde 
sepre il peccar dal peccator di[ligue 
Scopre i peccati i peccatori afeonde . 

Se lapublica>Aflrea col ferro efhngue 
Dannati Rei , centra l'oprar dannato 
Son di privata Aflreaferri le lingue. " 
Huomo e da ben\chi cantra i mali irato , 

E d emenda cagion pria chejCojfefa : 
Ter quejla dcor cotra l'humapeccato • 
Son le Prediche altrui Satin in Chiefa. 
Quel commendare, come alcuno vfa i 

vi- 

a Taciti 


Digitized by Google 


Fafcìù Seconda,' log 
vitiofcè più politicale giuftitia. Timo- 
ne aborriua l’human genere , col pretefto 
della colpa.-dieca d’odiare i praui huomi- 
ni,perch*eran talije gii altri,perchc noru* 
odiauano i praui , imputò à peccato» noia 
deprezzare i peccatoci . . 

Il Genere del Carme infamatorio è 
quello, che fu già vietato per la legge del- 
le dodici Tauoie; parendo a’Romani,che 
ie colpe dVn Cittadino alle fentenzede’ 
Giudici , e de’Magiftrati ; anzi che alle-* 
cenfure de* Poeti il rimetteffero. 

Variamente però gl’imperatori antichi 
di sì fatti Libelli , ò cenfure fentirono . I 
verfi di Bibaculo,e di Catullo, che gl’im- 
peratori mordeuano , furono da Àugufto 
iofferti,e lafciati leggerete come dice Ta- 
cito. a Non facile dìxerimtnodcr atto- 
rte ntagisiAn fapientia:namq, [perla exo- 
l efeunt: fi ir afe tre, adgnita videntur . 

Le leggi di Teodo/Io , d’Arcadio, e d- 
Honorio furono anch effe in tali materia 
piaccuoli , nè vollero che i Detrattori 
foggiaceffero à pene . Quel Tiberio , che 
non lafsò giorno religiofo fenza flagelli » 
non ne fece cafo in principio; come che.* 
in vna Città , b in cui era libertà nell’opra, 
re, non doueffe à gli huomini imporli fre- 
no nel dirc.Conobb’egli all'hora effer fol- 
lia il credere , c con i’auttorità prefente-* 
poter eftingucrc la memoria dell Età fu- 

E 4 tura; 


a Tacita b Tacit, c Tac, 


104 Dette Fr/tfcberie 
tara ;mentr è noto,che Tempre piu oflcr- 
uabilc^ e Ornata (? rende l 'autorità de i 
ca digiti I^Tegui : nè altro mai riportò 
chipunilli che vergogna a fe deflb, e glo- 
ria à gl’Autori . Quei Signori del’ Ada, 
che oprando male contrai Sudditi , dan- 
no loro materia di dir male, dourebbono' 
più de gli altri (offrirne le mormorationi. • 
Vn R.è antico in Europa , fentendo che i 
popoli da lui granati , ne imrmorauano , 
hcbbc à dire . E douere , che co* loro da- 
nari parlino à (or modo . 

Nerone fù di vario fentimento nel giu. 
d'cari Libelli . Schiamazza al Senato a 
contra Àntidio Pretore , c haueua fatti 
Cartelli contra edo; c fe Peto Trafea non 
lo difenderla , eravccifo, non rilegato , 
mà non è ingiudo che vn Grande fulmini > 
contrai Tuoi Detrattori le pene: Lo dea- 
no è , che in quei fccolo furono anche fo- 
fpette , e pericolofe le lodi (fede . b Cre- 
mutio Cordo al tempo di Tiberio fù ac- 
curato d’hauer lodato in publici annali 
Marco Bruto; E v’è di peggio, anche i fo- 
gni furono fofpetti in quei tempi. Nell* 
Imperio di Claudio s'vdi c acculato vn 
Caualicro, che haueua fognato di veder - 
l’Imperatore con alcune fpiche di grano, 
volte capopiede , e detto poi, ch’era ligni- 
ficato di caredia hor peniate, che auucr- 
rebbe hoggi à chi dicede , che vere care- 
die, 

a T*c. b Tae. c Tue. 


Digitized by Google 



Fa feto Secondo'. 10 $ 

ftie,non fognate, fono promofle da’ Ma- 
gnati Afiatici , non dalle ftelle , al fouro 
anch’eflò farebbe di careftia punito , psr- 
che non magnerebbe pane . 

Comunque fo, l’Arte de gl*infamatori j 
Libelli è giu fornente dannata ; e molte-, 
volte i Prencipi rae punifeono gli Autori, 
T cr °on dar forza alle paloni de’maligni ' 
in danno dell’innocenza de* Sudditi . 
a Augufto medefimo fu il primo , che in 
progreflò di tempo fé cafo di (lato i Car- 
telli, modo dalla malignità di Caflìo feue- 
ro,chc con eflì haueua Caualieri, e Dame 
di conto infamati. 

Molto meno poideuonogli huomini 
cenfurarJa vita de* Grandi, ò fentirdei 
tnedeiimi le céfurc, quantunque maluagi 
fuflero. Marte appreflò Luciano fparla di 
Gioue có Mercurio, e Mercurio rifpóde. 
b T ace neq; enim tutum e fi ijìa vel tibi 
dicere, ve l audire mihi. 

Horatio mofhò d’intendere, che i Li- 
belli infamatorij fufsero quelli , ch’erano ' 
fatti fopra le perfone innocenti: mà che 
nel biafìmo delle colpeuoli non potefse il 
'nome di Libello hauer luogo. 

C — — * -, Si qui s . 

' Opprobrijs dignu latraueritinteger ipfe 
Soluenturriju tabula tu miffus ab ibis . 

Mà fe ad Horatio douefse crederli, na- 
feeria queftioneindifsolubilc , fe à trouac 
’ E 5 s’ha- 


a T aci t* b Lucia*, c Hor*. 


Digitized by Google 



iò6 Delle Vrafcherle 
s’hauefse chi fufse a torto, e chi à ragione 
vituperato : anzi che a Suetonio nomina 
Libello famofo quello,che fù ferino col- 
tra Dominano > benché federati (fimo . 

Il dotto Mazzoli e forma con quelli 
requifiti il Libello . b 11 Libello famofo e 
<ii n a Scrittura, continente il biafmo al* 
trui,fatta,epublicatada huomo maligno , 
fole ver recare , 0 manifeflare,o rinouarc 
Ì infamia d* altri . Dice jerittura, che hà 
luogo di cagion formale , per abbracciare 
anco la profezia che Horatio intefe fola- 
mente de’vern. La cagione materiale có- 
li (le in quelle parol ^continente il biafmo 
altrui: perche il Libello famofo no hà al- 
tro oggetto.La cagione efficiente è dino- 
tata da quella claufula , fatta da u huomo 
maligno : perche la malignità e fola, & 2 * 
deguata cagione di quelle cofe . Il fine il 
(cerne in quella circoftanza, per recar e je > 
manifeflare,t rinouarc Ciuf amia d'altri: 
perche il Libello ogni volta che imputa il - 
delitto ad vn Innocente, porta infamiamo 
(copre delitto, fegreto la manifefta;fe par- 
la di delitto, già (coperto la rinóua- 
Soggiunge anche il Mazzonc , che-r 
quattro conditioni concorrono ad yn-# 
Libello famofo . La prima è la Scrittura ; 
perche fe le detrattioni fono à voce , non 
ponno hauer nome di Libello. La fecon- 
da* che il biafmo altrui da il proprio fog- 
. getto 


Digitized by Google 


a Suet. b Marta- 



Taf cto Se tondo] T 07 t 

getto della Scrittura ; perche quando in 
efsa fi trattafsero le lode di molti, c tr à ef- 
fe fufse framezata l’infamia d’alcuuo,non 
faria puro libello fàmofo. La terza è bu, 
publicatione ; perche non publicandofiil 
Cartello, non hauerebbe l’efFetto fuo prò* 
prio* La quarta e il fine dell’infamia, -che 
però l’Hi dorico , il quale biafma i cotu- 
rni altrui, per palefare la verità del fatto , 
non fà Libello famofo ; e tanto meno chi 
fcriue delle male operatimi'» d’alcuno , 
non con arte di difonorarlo; mà di cor- 
regger lo,ò per altro amicheuole fine, che 
fi a differente dal recar infamia.Da quelle 
permef/e del Mazzonc fi deue trarre vna 
necefsaria , benché da lui non didima^, 
confequenza, cioè, che per la formatione 
d’vn libello fia vn efsentiale requifito il 
nome dcll’infamato : quando però l’aper- 
ta deferittione dei Perfonaggio, l’indiui- 
duo fingulare dell’infamia,od vna proua- 
ta confeffionc dello feri tt or e non facefsc 
fai z 'altra glofa difccrner chi fufse . 

La mancanza del nome deU’infamato 
toglicil nome di libello al componimen- 
to: ebenche i Lettori interpreti per co- 
gnietturc imaginate ve lo adaccafserorciò 
non bada , bada à condannarne l’Autore; 
poiché la Scrittura, fenoli didingueella 
itefsa il Perfonaggio , non può ha aere il 
f jo nccefsario fine , eh è il biafmo detno- 
ilratiuo di quello- e’ncotal guifa Immagi- 
nato Scrittore faria cosi degno d’afsolu- 

E e tiene, 


ioS ^ Delle Frafchtrie 
tione, òdifcufa, come quel Cacciatore 
chefcoccado all’aria vn colpo, vcnifsc có 
h caduta dello ftraleà percuotere impé- 
fatamentc,& in remota parte chi palla. 

Parue più ridicola la fenté^a di vn Ita- 
liano Prenci pe , il quale aferi uen do à fuo 
biafmo vna maledica poefia,compofta da 
Vn chiaro Ingegno, à puro efcrcitio di ta- 
lento^ nella quale nò efprimendo/i il no . 
medell'infamato,poteuail predicato vi- 
tio applicarli à molrùfe decretar in ifcrit- 
to,che i l Poeta , come reo di lefa Maeftà , 
gaftigato fufse; ma non andò molto,che fi 
vide affifso contra il Precide vn Cartello 
in profa, in cui conteneua<Ì,chc in vigore 
delle leggi noh doueua punirli il Poeta: 
ma il Prcncipe,com’autorc di dueCartcL 
li infamatori); l’vno contra il Poeta da lui 
infamato , per Autore di Libello , non ef- 
fendo,nè prouandoii tale;l*altro contra fe 
llefso ; perche s’era adofsato vn delitto, 
dannato dalle le»gi con pena di morte* 
c di cui no js’era ratta in fua perfona racn- 
tione alcuna nel Componimento . 

Sotto la Tirannide non v’è minutia fi- 
cura . I detti, i fogni, le meditationi, i fo- 
fpetri, fon preli in delitto di lefa Maeftà, e 
di Religion offefa . Così doppo i primi 
anni di Tiberio, e di Nerone auueniua ; e 
quell’infame di CaIigola,che pur foffrì v- 
m volta il mordace moto d’vn Sarto, Ieg- 
gefi, ch’arder faccfse vn Poeta per vn pu- 
ro equiuoco. . 

Sup- 



Fa feto Secondo . 709 

Supportò le accennate conditioni, qua- 
rto genere di maledica Poelìa , che di li“ 
beilo infamatorio hànome , è il più dan- 
nabile, e di qualunque altro il piufeon- 
cio. Se è noto l’Autore, ne hà pena dal 
Prenci pe : s’è ofeuro , ne perde l’aura dal 
publico. Frà due gran contrari contra- 
fta, chi v’attende , trà il prurito del pale* 
farli ,ch’è vnimpulfo d’operante natura , 
per qualificarli ne i parti : e trà la politica 
dei tacere , ch’èvn necefsario effetto di 
fenno,pcr cuitar le pene della legge . Chi 
vuol viuere, e far profdlione di veridico, 
taccia in Alia i biafmi , e le lodi di men- 
touati Perfonaggi . Se ù biafmano , li 
corre rifchio,fc li lodano,/! mente . 

Ma per veniread vnaparticolar di(tii> 
tione di quei Satirici componimenti ,c - 
hebbero faccia di Cartelli > nè furo» tali 
in foftanza, io 11’addurò alcuni ,per addi- 
tar ui così le argutie , con cui telìuti furo- 
no, com’anche i gi uditi j di quelli, appref- 
fo i qua 3,6 reftarono impuniti gl' Autori, 
cornicino iccnti ,odapprou,tJ le Scrittu- 
re come facetie. 

Faceto, èpiù degno di rifo,che dipena, 
fi reputò già in Italia vn Componimento. 

Contra vna attempata , e deforme 
• Dama , laqual per comparir più 
vaga,foleua ogni mattina impia- 
garli di Roflètto il vifo • 

* 

La 


Digitized by Googh 



ixo Delle Frafcherie 
La Poefiaètale. 

D * .Adulatori inganni 

Lidia tracciando Forme, . 

Nel volto fito deforme (tfjì 

Cerca emendar ai vècchia etate ì da- 
M a in van F arte aff urica ? 

Che per vigor d*vno ftillato aprile, 

SU la guancia fenile (tic ai 

Notrahe d'Helena ifior He cab a an- 
Con purpurei coleri 

Sparge finte fiammelle in sit le gote ; 

£ crede in noi di non mentiti ardori 
Vampe vibrar da le fitte frodi ignote ? 
£ fiele polpe eflinte 
D’ impallidito labro 
Col fitto vino cinabro 
. L'indù fi re mani ha tinte » 

Infra i liquor tenaci • . 

* Crede in amor t edere il vifi :o a t bacii 
Ma de 1 vani artifici 
Son le fitte colpe vltrici', 

£ fion fitte colpe a latra notte vgttalt , 
Ch* ac orefice più y quàto piU c eia * 

Già de i meriggi f noi fipente ha t ojjeje i 
£ di porpore accefie 
T ingerfi in damo fittole 9 (poie. 

Rofleggia il Ciel , quando in Occafo e u 
Quefte gratti parole , 

F atto vn Peleo ne Tira, 

C attrai l'altrhier su laMeonia ÌJXft 

(Quando humer mi fialto 

Del ridicolo ftil toccar la chiatte-, 

Che malamente pu'o 

Con - 


Digitized by Google 



• - Fafcio $ e c ondo. Ili, 

Codanar leggìere^e vn ver [o grane. 
Fior fentite in brattar rime piu Mane* 
J'ISfa Dama, ebeti Metto 
R affi . ? miglia à la figura » 

Quando le uafi diletto , 

FLk diletto di Pittura , 

Ai a s / (ir ano è il fino Ritratto » 

Che da fpirto à la Natura-, 

JE pur n a fronde il naturala affatto : 

E con flil pieeof o, e ladro 
E [fa in Ù tepo e la Pittrice^' l Quadro 
F rà 1 color non vuol bianchezza , 
Perche andria col lordo vnita % 

7 “ tuta ofeura anco difpreXffa» 

Per timor d ejfrr chiarita , 

Sol con 9 [Irò U vifo accende » 

Che Beltà , quando e [parità , 

N e' brutti auàzj vna vergogna efiede 
Ond’io credo,ajfcrmar pojfa, . = : 
Che le vergogne fine l’han [atta roffa. 
Perche forfè 'e fumo fetta. 

Iti vna fiamma il vif 0 tinge » - 

Perche Venere fra datar 
D*vn V ulcanfoco dipinge > 

M à [ouuiemmi altra cagione » 

Vn color di carne finge ■ (ne, 

P erti ha laguaciafua magro il bocct- 
E in tener mafehera tale , 

La Qjiarefimafua fa Carnevale • 
Piangerti più ti vna fiata 
Jl tener di [ite brutture ; 

Ma del pianto la bucata 
Scoprirla maggior lordure» 

In 


Digitized by Google 


ili Delle Fmf cherie 
In veder fuo rojfo impiaflro 
Ve tifai torto A le figure , 

C'ha di doppio color l'anglico naftro. 
Che in pechijjìmo intervallo > 

Se incarnato e dt fuori, e [otto giallo , 
Gran vantaggio veramente 
j Quitta Dama in volto porta , 

Se le viene vn accidente 
JSlonpuo mai diventar [morta » 

JE fe vn giorno à l'improuifo 
■■ Rimanere in terra morta , 

Jdaucr potria tal Epitaffio al Vifo, 
Questa F emina e si fiera > (rim 

Ch'à dif petto di Morte hà buona cic- 

Squaccheraterifa fecero della narrata 
Poefia gl*Vditori s e perche di tintura trat- 
tauafi , Ticleue così replicò à Momarte . 
Simili facetie più dirifo , che dicenfura 
degne fpiegai anch’io vna volta . 

* , l " 4L. 

Sopra vn’Amico > che foleua tin- 
gerli di nero la canuta barba > 
per apparir più giouane . 

Vditele vi prego. 

Y Oi su la barba il Tintorettoyfoe, 

. Et io fono in correggervi Jl Cor- 
reggio. ; . .. 

jE con ragion la Corretton vi aeggto 
Mentre finimento vna mentita ha* 
uete 

Voi 


Digitized by Googl 





Fafcìo Secondo . 1 1 $ 

Voi di poi mafcherdto ejfer volete , 

. Per celar ut da M orte,efate peggio; 
Evìnto e il pel,fe cosi nero il veggio , 
Sepolto e il pel, fé lui coperto haurett • 
Sempre ho vi fio di notte in cafa mia 
S opra il carbon le ceneri verfate , 
Mà no il Carboniche sàia cener fid. 
Io vi con figli Qyj e vi confeffate. 

Non dite, P adre ho detta la bugia % 
G li altri dicon bugia;mà voi la fate . 
Contra Donne di mala fama , ripigliò 
Momarte , e Copra Amici di lodata confi- 
denza ni un motto Satirico deue in grado 
di Libello interpretarli , nè dannarli mai . 
Tale ancora è Io fcherzo del feguentc* 
Madrigale , nel quale 

Vn amico rimprouera facetamen- 
te all’altro la frequente verbofi- 
tà delle Lettere , e de’ Carmi , 
che inuiar foleualli . 

T jdnte Profefcnuete } e tanti Carmi, 
Ctiemulator di Scipion voifìete ; 
Pereti ambidue Cartagine (Ir ugge te , 
Con le lettere voi , quegli con Carmi; 
E perche quefio e poco. 

Concluderò, ctihebbe Cartago il foco , 
. E la voflra Cartagine l’af vetta. 
Quella hebbe Roma C . la voflra il 
netta , 

Minor cafo poi deue fard di quelle fcrit- 

turc , che per puro fcherzo di chi fcrifse_- 

. ' ■ con- 


Digitized by Googl 



1 14 Velie Fraf cherie 

tontra Donniciole di fofpetta fama mot- 
teggiamo. Vdite alcuni verd iauiari già 
dame , 

Ad vna Giouaactta diCaria» che 
adduceuaper argomento della 
fua pudicitia l’Età troppo te- 
nera-»* 

C He quefta tua beltà,^ 

Perche nuoti a rafsebrajhitata [ta 7 , 
- Bella donane mia , 

Fuòejfer : ma chi sa? 

Che'l dubbio mio fia vero » 

Con queflo ejfempio il prono ; 

Vna Fcmina è Umile al bicchiere, ' 

Che adoperato da molti è sépre nuouo 
- Cià che ci fiamo à Umili digreffioni in- 
trodotti, diffe all’hor a Egideargo , recite- 
rò anch’io vn Componimento , che afsai 
più di qiieft’vltimo merita anuouerarfl 
tra facctie, benché di cenfure fia fparfo. 

Vna publica Femina rifponde a- 
gramente ad vno Aftrologo di 
lei inuaghrtO) che le haueua fat- 
ta la Genitura. E dice così . 

C FC io vi siimi in amorfi presedete : 
Perche dipinto battete 
J_jA mi a forte futura 
pje la vofira (irò logie a figura £ i t0 * 
Ài ano pojfo (limar ut altro , che u mat 

Ben- 


Digitized by Googl 


Fafcio Secondo. 115 
Benché' l ceruello aguzx.0 
Hauefle de l A flroiogo d' Abruzzo , 
Che conofcea tutte le faine al tatto . 
AnzS dir o t ch e infuria 
Entrar dourei,perche mi fate ingiuria 
S'egli è vero quel detto , 

Che l'huomo fauio domina le /ielle, 
Mentre h abitate concetto , (le. 

Ch'io fi taf aggetta al dominar di quel- 
Secondo il voflro cenno 
In capo hauro piu la paz.zja 3 cbe'l seno 
Voi mi lignificate, , ' y (ciò. 

Che io qtitfto voflro Aflrologdte vffU 
Hauetefatt 0 il Calcolo, e'I Giudicio. 
Quando queflo affermiate , 

. Fatta Aflrolega ach'io devoflriguai 
Diro per quanto il mio cernei penetra, 
C he flate male affai , { pietra . 

Perche quei, che fan Calcoli % h a» la 
Circa il Giudici© poi 

Voglio affermar^ he ve n'e poco in voi 
Voi m'ajjegnate in vita 
Dodici Cafe : e darai vna mentita 
Io potrei per Ugola , 

Che fu la c afa mia fempre vna fola ', 
F afferò Cafe almeno , 
JMàfan,vofira merce,flaz.e da fieno . 
Vi ponete vn Leone , 

Toro, Capra, Montone, 

E le Reggie del Ciel canuerfe in felue 
Fattegli Dei domeflicar con beine : 
Onde in ejfempio voflro 
Anco molti Signor del fecol noflro 

Dina l- 


Digitized by Googlc 



ii6 D e//e F^aC che rie 
D'inalXjtr certe Bcftie hano tcofiuvti 9 
Perche con Befiie hoggt hanno hofpi « 
' tio i Numi . 

7 * utto'l dì voi cantate. 

Che fon que fiocchi miei luci fidiate. 
Se da fi eli ami rat 

Piouano in noi buone fortune, e felle, 

‘ Doues’intefe mai. 

Che fi dajfer venture anco à le delle / 
Mi promette di voi l'Afir elogia , 

Che in Accendente ho Gioue , 

' Et io vedo per proue 
Che far effe Accendente in e afa mia , 

* Mà di Gioue il Pianeta 
JNon par, eh e in voi [itroue , (n età . 

Mentre in voi per Giouar non è mo» 
Altra robba vi vuole , 

Per dirla in Afirologìche parole , 

Che parlar di Radice, e Direttione, 

Se volete d'altrui la Congiuntione 
Altro vi vuol, che infedeltà d' Amore 
EJfer il Can maggiore .• 

Altro vuol quefio fu fio, 

Ch'vn Pianeta combufto 
Pongaaipur del Sole mio l'ardore 
In Igneo Cegno il core , 

Ne'defiri dì voi, benché i nfiamneati 
S empre il mio cor fia crudo, 

JV'e mai fi quadreran voflri quadrati , 
Se non hauro d'vn Orion lo Scudo: 

E infomma , fe danar voi no haurete 
Da eaf « mia Retrogrado farete ♦ 

~ everrai* le monete^ • - . 

ff'amcz 



- F afe io Secóndo . 1 1£ 

Drudo motteggiò Rorazalfc , vien a me 
in taglio di rifcrirni vna faceta diferit- 
tionc di 

Vno liberal Fraticefe , che cento 
anni fa , inuaghitófi delle bel- 
lezze di vna Romana , fpcndeua 
profufamente inefTa. 

Mà la cenfura non può hauer titolo di 
Libellojperche il Poeta nè vi lacera fama, 
nè vi palcfa il nome . Il Sonetto è tale . 

T jN Cau alter di Francia principale i 
y Vna M oglie pofh ccia in cafa tiene 9 
E perche in lui l' Originai (là bene , 

- In Corpo Italtan copia il fuo male , 

E liberatele non ha liber l'ale, 

E incatenatole dona le catene , 

Fra la carne del letto , e de le cene 
L'oro in b orfa gli cala# non gli calci 
Schernire ogn'vn de lafua borf ad fallii 
Ne fi dice altro in Campidoglio , e in 
Banchi , 

< ' Se non chefian troppo Piccioni i Gallò 
Pier quando fi a , che di voler fi fatichi 
V na Donna da noi gli aurei metalli 
S e ne’guttt dì Amor pagano i Frac hi.* 
Che vai , porre in dubbio , difse Stani- 
perme , Ce le pure faceti e , ancorché Sati- 
riche , cagionino diletti, ò r ifentimenti no 
gli animi ? Voi fapete, quanto ridefsc Ef, 
fcfo di quel mio Sonetto. - * 

£ 0n- 

.... -V 


Digitized by Googl 



A 

•* ^20 . Delle Frafcherie 

' , ■ * , . 

Centra vn Zerbino , in cui fù ver- 
fato da vna fìneflra vn vafo di 
acqua» . 

» < » 

Odalo Momarte , à cui forfè non farà an- 
cora peruenuto à notitia, per la fua lunga 
lontananza da Effefo . 

E Ra vna volta vn giovane lafciuo , 
Poltron di cor : mà d’vna fpada 
Bratta > . 

Riccio il capello me Interrogamo^ 

E' muflacct à Parentefi portava. 
Sempre à Donne correa , ma no corriuo ; 
Sempre lafciuo , vn foldo no lafciaua : 
Così haueua nel piè l’argento vtuo , 
Ai e tre l’argento m borja agonizzava , 
Fornicando fineftre vn di fen giua , 

Qu and’ ecco ergendo ad vn balconla 
fronte 

Lanòglt il capo vn vafo di hf ctua. \ 
Dtffcvno all'hor 9 che bauea l argutie 
pronte 

Se la beltà di [pecchie non va priua » 
Ecco A arci/o hà ritrovato il Fonte . 

Qui ridendo con gl’altri , Momarte 
riattaccò il fuo interrotto ragionamen- 
to ; e cosi ricominciò à dire . 

Vn antico Poeta motteggia coYcguen- 
ti veiii della mclenfaggine di Claudio , 
in (offrire gli vfurpati domini j della-* 
; MO- 


Digitize 



' F af ciò Secondo, xz l 

E però ridicolo , jdar titolo di 
Libello ad vn Hiftoria di quei tempi, pu- 
biicataanchedavn Tacito. 

A L T empo antico in negotiar di flato 
V n cece note valea nejf'una Donna , 
LI oggi ogn'vna bà la fan a in M agi- 
tir ato . 

D'Imperante imperito ecco t'indonna 
Jnguifatalla fu a Mogliera vana, 

.. Che la Clamide in lui cangiafi in~> 
Gonna, 

j4pre vn T acito il labro# cofa flrana 
Sebra dtjt' egli a vn popolo guerriero 
Vna Donna imparar clajfe Romana , 
La torta maneggiar vuol de l'impero 
M onna Agrippina , e Maslro Clau- 
dio intanto , 

Non sebra Imperatoria Paflicciero . 
Nelfuofafto rapito e altera tanto , 

Che piagne Roma alfuofamofo orgo- 
glio , 

Cons'e proprio da fumo il nafcer piato 
Profanato hà in Carrozza il Campido- 
glio ; 

E fe'l morale u4nneo non la fconfìglia 
Vuol la Natica fua metter nel Soglio 
Roma intanto fi turba 3 e marauiglia : 

E pur coflei d'Impcrator Romani(glia 
E Madre* Moglie* fu Sor eli a* Fi 
or come mai pon no i maneggi bum ani 
Buon fine haucr,fe femintl Medea 
Moggi al Capo virìl tronche ha le 
mani $ 

F Come 


Digitized by Google 



122 Dette Frascherìe 
Come da vnfejfo tal, Roma dicea, 
Nafceràgranfaper , fe in Poefia 
Aladre non ha chi del japere è Deai 
Che vngran principio di Filofofia 
Hauerpoflan le Dont,io ben lo fcerno 
Perche di Filo fan, non di Sofia . 

Mk chi erede , che [ìa buona al Gouerno 
Vna F emina vana,affai vaneggia /no* 
Fio e buona al Goutrno,e buona alFcr- 
Veramente , difle alPhora Ticleue, per 
lo più le Donne furon Tempre alle fcien- 
ze,& a’Goucrni poco atte . In Effbfo ftef- 
fo fon cosi zoticnexhe di tutto il libro di 
Nafone, quale douria pur piacere ad eflei 
métre infcgnò i rimedij d’ Amore, nó sano 
altra fauola che quella della figlia dlnaco 
perche fe chiederete loro. ApprdTo Oui- 
dio chi è Vacca.'tutte vi rifpódcràno.* Io. 

In Africa, ripigliò Momar te, venne in_, 
mente al Prencipe di FefTa , di andar vili- 
• tando alcune Fortezze nei Tuo Stato e 
perche i Popoli apprefero,che la videa fuf. 
fe più diretta àfperaoza di carpir tributo 
da fudditi , che à timore di patir forprefe 
da' nemici : vn beirhumore lafciò vagar 
per la Città i Tegnenti verfi , ne’quali pe- 
ro i Sauij della Corte più dannarono il 
giudicio dei Glofatoti,che Panificio dell* 
incognito Poeta ; poiché oltre il tacer- 
glieli il nome , U doppiezza delPequiuoco 
baftaua à difenderlo . 

Per- 


a Quid* 


Digitized by Googfe 



F afcio Secondo . 123 

P Ere he fi a forte vn (e no , 

Lo Scoiar di Galeno 
Suoi vtfitar le debole^** altrui* 

' Adà fon' h oggi in cosini 
Vane del medicar divarie forti » 

Ter far deboli altrniiVtfita i Forti . 

L’AduIatione , che non fauclla mai à 
gli huomini , mà alia fortuna cTcflì, erede 
già ad vn Monarca della Morea vna Sta- 
tua di marmo , mcntr’egli era artcora_. 
viuo. Srupiuano iSauij di quello hono- 
re *, non meno di quel che fecero i Roma- 
ni a nell’erettione, del Tempio facrato al 
viuo Nerone, non edendo iti vfo far pom- 
pe diuine al Prencipe,fe non doppo mor- 
te . Aggiugneuafi, che’i Gouerno di quel 
Monarca faptua di Tirannico; onde fo- 
lcali dire alcuni con efeandefeenza , che 
doueapiù tolto lo fcalpcllo infiggerenei 
fuo viuo capo vn fol colpo , per darli me- 
rito di morto , ch e percuoterne tanti nel 
fuo dmuJacro , per darli fembianza di 
vino . E perch’era fotto la Statua vna In- 
fcrittione d’Encomi j sì adulterini, che pa. 
reua contener più menzogne, che note-»,, 
vn Poeta non ofeuro di colà pa dando , 
mormorò alcune poetiche ceti fu re , le- 
dali apprefetofto dalla rapace memoria 
d* vn Amico, che feco era, furono da qud- 

F z le 


a Tacit . 


Oìgitized by Google 



124 pelle Frafeherie 
le immantinente regiftrate in carta , & 
alla mia notitia trafmefsc jmà non potrei 
dar loro traccia di Libello, nè condan- 
narne l’Autore, -perche non fece egli pre- 
correre publicationedi Scrittura,che lc-> 
fue ofFendue intentioni efponerse. 

Leeoni la Poeiìa di cofhii . 

O H più de* Marmi adulation maf- 
Su Cor tegiam carmi (jìccc y 

Banfi à l'mjamie tue glorie pofìicce . 
Per poter dir : c’han faccia tofìa ì 
Marmi , 

Mille note [colpite 
T i fan d'encomi) vn complimento 
borrendo : 

Oh menzogne impetrite , 

Il complimento in voi compie metedo. 
Non di man ^mà di pajfi 
Bourian le Pietre ejer citarti offitio , 

£ d ourefli al Jeruitio 
Staffieri hauer, non Segretari i Saffi • 
Non v è cola più della Giuftitia nemi- 
ca , difse qui Rorazalfcjcome oprar male, 
e voler efser commendato per buono . Il 
defiderio della Gloriagli chi non la meri- 
ta, è vn prurito da infermo ch’è Tempre-* 
folito d’appetire quel che deuono negar- 
gli i fani.Non cosi fece a Pefcennio Ne- 
gro, che volendo vno recitarli vn Panegi. 
rico à lua lode telsuto,co* dirseli ; fcriui 

le 


3 ZllO' SpATt. 


Digitized by Googl 


Fafcio Seconde i 12 f 
le Iodi di Mario , ò d’ Annibaie ;accioch« 
imitarli polliamo. Lodare i viuenti è bef- 
fa , malli me Imperatore, da euilifpera,i 
quali litemono,e ch’errar pofsono.Io de* 
fiderò di piacer viuo; ma d’efser lodato 
morto . 

Tiberio , tornò à dire Momarte,che fu 
vn’Imperadore di fofpefo , e d’irrefoluto 
giudicio Jafciaua marcire i Cittadini ne' 
Gouerni,ò ne fuflfe cagione il tedio , d’ha- 
uer à premutarli , ò l’muidia di veder po- 
chi huomini ricchi de i furti delle Pro- 
uiticie . Vn ofeuro ingegno,fpinto da in- 
difereto zelo, rinfacciò aU'Imperatore-* 
fotto figillo di lettera le fue lentezze , e* 
pregiuditij che da quelle ne* Sudditi ri- 
sultano; ma nonhebbe luogo ilCom- 
ponimento fcà i Cartelli , perche il Pren- 
ci p e non ne publicò la midione , e fi valfe 
del motiuo , quantunque temerario , per 
vngioueuolerifcuotimentodi Natura . 
I fenfi dello Scrittore furono tali . 

T iberio mio, per tante flemme,? hai, 
A4 erti cCvn Nume i 7* itoli fuperni ; 
Che [egli Dei nel Ciel vtuono eterni , 

‘ T u eterno ancor non la finifei mai. 
Perche largo di mano ejfer non (ai. 
Lungo ti moflri in permutar G onerai; 
Per queflo auuien,ch'à i noflri h umori 
Con tante f teme tue bile tiifai.(iuterni 
Ituoi Gouernator viuon d'inganno , 

Fra Mentre coprata^e A [Ir e a vedut# 
0 ne ruban la Lana,o Corna danno , 

F 3 Per 


Digitized by Google 



ti6 Delle Vrafcherie 
Ter la tua Naturacela irre folata , 

_ Che non It muta mai , [por chi fi fanno. 

Sempre fa porcherie , cht non fi mura . 

Quelite fonili Componimenti, benché 
di Cartelli, non meritino le condannagli 
ili ; non deuono meritar nè meno il lode- 
uole titolo di Satire,ancorche Satirici ila- 
no; nella guifa,che vn membro, non deue 
appellarli huomo , benché d’humano bu- 
llo li fpicchi . Per dar faggi compiuti di 
vn’ Arte fono neccfsarie le ampiezze L’- 
arte è come la fiamma , fc ha paffcura li di- 
latta. E però anche certo, che la vera Sati- 
ra non è organi zata d i t ai membri, che l’- 
Autore fappia in qual guifa debba gene- 
rarli, e diftinguerli . a Partes tn Satyra 
nulU,quaruM lesibus ad certum nume- 
rane certamue difpofittQnem deducaris , 
diflfe lo Scaligero Si sa bene, che la Satira 
è vn corpo nelle fu e confusioni ordinato: 
e benché Labbia in vfo alle volte di fuo- 
lazzare oltre i Tuoi Territori), tornano 
però fempre al centro i Cuoi giri ; e come 
ideilo Itile Pindarico auuiene , dilattando 
il campo alle fue prodezze , adita Tempre 
con lo fuaga mento l’ampiezza delle fue-» 
facultà iugegnofev^ Abrupta omnia fiori 
tamen , non coh&rentia , difie duellando 
di tei lo Scaligero. In quelle parti intrica- 
te per la integrità d’vn ordiae , confille la 
diiiicultà,e la bellezza della Satira. Poli- 

tiano 


a Seal . b Seal. 


Digitized by Googl 



Fafcìo Secondai '\VJ 
tiano fauellando de* Puoi compofitori dif. 
fe , a Summ Alili* in a quali* assurte ftri - 
£h, & cajltgatununc vagii & effufi. 

Due fono gl’idiomi della Satira , ri* 
prendere, c fcherzare . 

— b Pallenti* rader e more* 

Do Piu * , & ingenuo culpa de fi ge re ludo, 
diflc Perdo. Richiede però per tratta- 
mento di quelli duemiftieri vua pronta 
efperienza di due ftili^raue, e faceto ; e-* 
chi quelli non sà vgualmentc , e con feli- 
cità maneggiare : non fi poggia à far Sati- 
re , perche meriterà la sferza di chi sà far- 
le_>. 

Le Satire dell’Aretino , dell* Arioso , e 
d’altri Antichi, benché d'huomini per al- 
tro ingegno fi , e di grido in quel fecolo , 
non deuono a* moderni feruir di nome , 
per delincarle bene :fon lodeuoli : come 
nate a fecondar quei tempi , non come-* 
educate à difciplinar i noftri . Chi le di- 
fende hoggi , hà l’ingegno così rancido , 
come quelfccolo era. fioro flili fon più 
garruli, che fenfati; perche poche vaghez- 
ze vi fi ofseruano , c’habbiano forza d in- 
carnare in noi la cantonata d’vn ciglio . 
Anche il moderno Secolo và producen- 
do tafhora di quelle Anticaglie , màil 
commendarle nmettefi a’partiali del Ber. 
niajil quale in quei tepi infegnò à poetare 
più ne’ Mercati , che nelle Accademie . 

F 4 La 


Digìtìzed by Google 


a Poltt. b Per/* 



t iS Delle Fraf cherie 
La purità femplicede*vcr/? non bada 
à co (li tuire vn buon Poetare precifamen- 
tc Satirico . 

A Non fatìs e(l v>rìs verfum confcribe- 
re ver bis , 

diceua Horatio ; Anzi ch’egli mecfefimo 
credeva eflfer tolto dal numero de* Mae - 
ftri Satirici ; perche intefe di fauellar pu- 
ramente. Conobbe non ballare la purità 
alle Satire ; mi douerli il titolo di °ran_» 
Poeta in tal genere, à chi valeua etiandio 
nella tedura di Iocutioni più fon ore . 
b Vrimum ego me illorum dederìm^uu 
bus effe Poetas . 

Exceptam numero\neq;emm conclu- 
dere verfum 

- Dixeris effef *tis', ncque fi quisferibat , 
vtinosy 

Sermoni propiora^putes bine effe Poe - 

tdm, 

Jngenium , cuìfìt , cui mens diuinior » 
atque os , 

Magna fonaturum , des nomìnis h li- 
ni s honorem _ 

Non deue però la Satira folleuare tant* 
.alto con la nobiltà dello itile , che non__» 
Tappi a per lo più ftudiofamente abbaffarfi 
con la caduta d’vna popular faceti i^,. 
Quella inegualità, che in altri dili pura- 
mente morali, od Hcroici è vitio, nel Sa- 
tirico è conditionc di raddoppiata virtù* 

La 


* Horat. b Horat, 


Digitized by Googl 


Fa feto Secondo. 119 

La Satira è vn gioco di Palla , che inal- 
zata ricade al ballò , caduta rimbalza in__» 
alto, con quelli cangiamenti tien dello 1 *. 
Vditore, allettandolo con le dolcezze al- 
l’intelligenza di più Tcueri ammaellra- 
menti . Horatio,il qual Teppe nella Satira 
più consigliare ,che oprare, diè «orma di 
quelle differenze, quando difle . 
a Et fermone opus efi , modo tritìi, [ape 
iocofo . 

Deue il Satirico nella riprensione dei 
viti) far l’ vfficio hor di Rettore , hor di 
Poeta . 

b Defendente vicem modo Rethoris>at - 
que Poeta : . 

Interdum vr batti parcentis viribus * 
atque . 

Extenuantiseas confulto . 

Ma però è conueneuole, che preuaglia 
,più frequentemente nella poetica piace- 
uolezza ,come in lui nati uà, che nella Te- 
.ueritàd’Auuocato,comea lui (frani era, 
oltre che non fà ollacolo al credito d’vna 
: veridica riprensione il ridicolo . - 

c ridentem dicere verutn 9 

Quts vetat? foggiunfe Horatio . 
Alcuni sbozzati Poeti, nc’quali le dol- 
cezze fanno bile, Si persuadono , le facetie 
d’vna PoeSia repugnare alle Tardezze de i 
..Componitori; come che i patti dell’ inge- 
gno richiedano Tempre quellaferia graui- 

F 5 tà > 


« fiorai, b Hor ut. c Horat. • *• 


Digitized by Coogle 



% 150 Delle Fra fcherte 

tà , che per lo più a’coftumi dell’animo è 
conueneuole , non fanno i melenli, che il 
far ridere con marauiglia non è ordinaria 
fatturala comeinfegnò Horatio ne’Ri- 
dicoli . 

a EH quadam tamen hic quoq\ virttts. 

I Poeti li rafsomigliano a Pittori , per- 
che queftijcome imitatori di Natura, non 
reftringono la loro Arte più nel difsegno 
d’vnPrencipe,chcdVn Paltoniere, e pe- 
rò quei Poeti, i quali, fcriuendo in graue, 
abborrono in altrui quelle argute facetie, 
di cui inefpcrti li palefano , può fanamen- 
te dirli , c’habbiano di quel, che non fan- 
no,cioè del Ridicolo . 

I due Itili, graue, c faceto in due fogge 
^adattano alla satira, ò diuili, ò congiun- 
ti. Diuifo il faceto leggcli in Giuuenale 
in quei ver fi, 

b Incide Calliope , licei hic confìderare 9 
non efl . 

Cantandum : res vera agitar* narra - 
. te puelU. 

Tter 1 destro fìt mthi vos dixijfe pttellas 
Diuifa poi con catena il satirico à que- 
lli verfi vna Virgiliana grauità , mentre 
dice. 

e Cam iam femianimum lacerar et F la - 
uius orbem 

yitimus ì 0 ‘ ciano [erttiret Roma Ne- 
uroni. 

Riat- 


a Hotat. b Iuutn , c Ihh . 


Digitized by Coogle 


F afe io Secondo» 151 

Riattacca di nuo uoàguefti veri! vna 
inafpettata, e cadente fecetia, dicendo . 
a Jncidit Adriaci fpacium admir abile 
Rhombi 

j4nte domum Feneris . 

Comincia Giimenalc vna graue satira 
di quello tenore . 

b Quanti digrejfu veteris confuCus amici 
• Laudo tamen vacuisi quodfedemfi - 
gere Cumis 

DeBinet , atque vnum Ciuem donare 
Sy bilia . # 

Termina poi la medesima con vn face- 
to Pentimento in tal guifa . 
c S ed lamenta vocant , & fol inclinai , 
cundumeft, 

L7am mihi eommota , iam dudum 
multo vìrga 

lnnuit . 

Congiungeilparimente in vna frafe^ 
medesima il faceto 5 c I graue;e quella èia 
più coueneuoIe,e praticata maniera del- 
la fatira, e di Giuuenale precifamente,che 
piu d’ogni altro feppe formarne l’Idea-» . 
Qui e necefsario Papere , che le grauità 
fatinche s di cui hoggi pochi polììedono 
intelligenza , fono differenti affatto dalle 
Pindariche ; e molte ridicole ampolle-» 
ammette la noilra fatira , che’l Pcuero fti- 
le de le loro Odi condanna . 

T utt’i veri! di Giuuenale fon portati 

F 6 per 


a ihh. b luti* c luti, ' 


Digitized by Google 



ij 2 Delle Frafcberie 
per ìo più con gioconda amplifieatione, e 
con tutto che riconofcefle egli per grand* 
Huomo Horatio in quel verfo . 

a Venufinadigna Lucerna. 

non volle però imitarlo neìlefatirc, mi 
Jafsò frali , e norme più'di lui efemplari in 
quel genere . 

Vuol efprimerc Giuuenale Tattione di 
vno j che ruffa , fingendo di dormire,c di- 


ce. 

b Vigilanti flertere nafo . 

Chi d icefis hoggi fuor di fatira in graue 
Vegghianti narh dana fui nafo al ficuro, 
non hauendo à fare con qucfto membro , 
più la vigilia , che il Conno ; e pur quiui è 
vagament detto . 

Vuole deferì ucre vna comtnotione di 
collera 5 in cui li ftringono i denti,ftriden- 
do ; e dice con euidenza dVna graue pia- 


ceuolezza. ' 

X perlacrymas effundere bilem t 

CogartSypreffoque diu f ìridere molari. 
Chiama il Tempio della Dea ilide-* 
Ruffiano , perche in eflò foleuano alcuni 

traficar adultcr j . 

^ Jfiac&facr aria Lena. 

Hoggi non faria ammeffo nella graue 
deferittione de* noftri Tempii si temera- 


rio titolo. 

Vdite com’egli accoppia il : graue > e’t 
ridicolo in quelli verfi . 

Ver- 


# 


1 

i 


Int*. b Ihh. c Ittu. d Im*. 


Digitized by Google 


^ , Fa [eia Secondi . 

~ 4 m L uì ~ %* rt & ne fettunta i . .. . 

brBi CtÌ rh d,T “ ittione Satirica dVn itn- " 

ul, èi' a P”“.Sr sr *- 

gr? 9 da ' */«/* '» 

pra il Cielo e la T -rr, 0 '' me “ erfoffo - 
«ella quale ! fentimcti'fonopià riftrem'’ 

dt r d ° è™"’: 

Poeuf c£P? W ^° ’■ V °^ft 

à^f' ?«fpporSó djfcenì 
co li molo di fordo ad , dari * 

* ì^ssiks:' 

fio U i i Ufa ? arre ^ bc * J «asbtionc di p cr 

^('vd^airóSato “ V ° Cab0Ì0 f ° rdo 

EtHoferadTn^r/"''^ 5 

^ufto. ^ «cntimcnto dei 

Exar- 

a <»f». o //#«. c ///./. d /*«. c /»«. ‘ ’ 


Digitized by Google 



i\ 4 Delle Frafcherie 

et — - ~Exurdantvina palatami 
Qui ancora fi flrepiteria da Critici • 
b » — ■ — uilgentem rapiat c&natio solem . 

Per sole freddo intende Giuuenale-* 
vna staza,che habbia il fole di Verno.Chi 
adattale quefta forma, e le antecedenti ad 
vn verfo graue ; e le recitafle, poi auuer- 
rebbeli quel che dVn Poeta Italiano fi 
racconta , il qual vantauafi d’haner fatto 
porre in purga vn Ccnfore con certa me- 
tafora , poiché ftomacato quegli in fentir- 
la, fi perturbò , e contorfe sì fattamente il 
collo che fu forzato à medicarcene . 

Varie, licentiofc , & imitabili fono le-» 
frali de’Pocti Latini fatirici; mà però non 
deuonfi traportare altroue,che nelle fati- 
re; e non fempre dobbiamo tracciare, co- 
me lecite , le arditezze, e valerli delle cc- 
ccttioni per regole, come alcuni fanno. 
Dirò fol o , che la fatira è capace di quelle 
doppiezze ingegnofe, con le quali ren- 
dendo più malageuole la fua teftura, vien 
anche à meritare c dal Cafaubono titolo , 
non di plebeo Poema, ma di carme eru- 
dito. 

E diffìcile in queftofecolo la riprenno. 
ne de’viti j, perch è in vfo l’adularli . 

d uiduladigem prudetiffima laudat 

Sermone indotti factem deformi s amici. 
Jliiraturvoce anguftd,\qtta deterius nec 
llle fonata quo morde tur gallina marito . 

Edif- 


a Horat. b luuen. c Ca/a. d Inuen. 

Digitized by Googl 



Fafcio Seconda . 

E difficile la fatira in queftofccolo , in 
cui la libertà del dire è perduta . 
a luride ili a prtorum . 

Scribendi quodcunqu'e animo fla- 
grante liberct » 

S implicita:: E la fatira, difle lo Scalige- 
ro 

b'Eft poema liberttm, fìmileque Satirica 
naturatomniafiif^ue deqae habens , mo- 
do aliquiddicat . 

E più difficile di tutti i generi la fatiraj 
perc’hà per fine due cofe in vn certo mo- 
do contrarie , cioè lo fdegnard , e ridere ; 
che vuoi dire mifchiarl’ vtile delle ripren* 
{ioni col dolce delle argutie . 
c Jucunda » & idonea dicere vita . 

E difficile la-fatira,perche i vitij, come 
infetti anche nelle deptauatc nature de ? 
Poeti , malageuolmente ponno efler dan- 
nati da medesimi i u altrui , e per lo pi ù le 
colpe, che nel nemico fi rinfacciano , non 
fi poffìedono dall Auuerfario, che le acu- 
fa. E così penuria d’huomini, che praui 
non fiaiiOj come di Poeti, che fi fdegnino 
delle prauità humane.Se quelli Poeti fuf. 
fero* farebbero anche le (arire. Chi lì fde- 
gna d’vn male,fe ne duole?chi fe ne duole 
fchiamazza. 

Quei tali, che più vagliouo à tefler sù 
vitij i Pauegiricijche le fatire,só più Cor- 
tcgiani,che Poeti j benché Poeti ancori-» 



a Iutieri- b Scali", c Hor. 


Digitized by Google 



i%6 Delle Frafcùerie 
ponilo efser quelli, che Cortegiani fono 
cioè quei tali , che non efsendo huomini 
da bene, paiono efsere . 

Efsendo doppia l’eloquenza , vna ora- 
toria, vna poetica, è certo, che difficil- 
mente pervaderebbe , chi reputato furse 
cattiuo , e malamente faria perfuafo vn' 
Vditore,che attendefse buon con figlio da 
coluiiin cui è fofpetta la fraude. Il satiri- 
co deuc ò parere, od efser mondo del de- 
litto, che danna in altrui, perche altrimen. 
tei Lettori riderianfi d’cfso , come rife d * 
Xenocrate, vedendo andar vn Ladro al 
Patibolo: perche imaginò, che i maggiori 
ladri hauefsero dannato il minore. t 

La difficultà della satira fi fa maggiore 
in quello secolo , in cui oltre la crefciuta 
grauità dello ftile , e riferimento deil’e- 
tuditioni più folte , s’è trouata anche da* 
buoni Poeti vna più ingegnofa maniera 
nel Ridicolo, mediante le forme, gli equi- 
voci, ne*quali gli Antichi della noftra lin- 
gua non hcbbero,nè talento, nè lume . 

Non efclude la satira le lodi, quantun- 
. que di pochi, e parcamente: nè perdona ( 
’ taluolta le cenfure à lo ftefso Autore, per 
farli lecito l’auuentarle in altrui : e la de^ 
ftrezza,cheùa tai requifiti è aecefsacia, le 
lue difficultà aumenta. 

Richiede generalmente i sali , che più 
di qualunque altra cofa fanno rifplender 

le 

a Plut. 


by Google 



Fafcio Secondo . I ^7 
le satire,nella guifa, che le Lucerne s fe v’è 
sale dentro, ardon meglio . 

Ammette alle volte i Dialoghi , i quali 
rendono etiandio più difficile la teftura 
satirica per la oppofltione de’fenfi ; ma 
non deuono in ciò imitarli gl’antichi,che 
non facendo dillintione d’interlocutori 9 
cagionarono ne’verd fentimenti confali. 
a Ex perturbati ratione perfonarum » 
di (se Cafaubono > in quelto peccò più di 
tutti H or atio. 

Ama la satira particolarmente Pidio* 
tifmo;mà vi vuol'Artein vfarlo.6 Idioti / • 
mum precipue adamanti rem > qua inter 
oratorias , & poeticas virtutes raro prò - 
cedtt,magnoq;indiget temperamento . 

Non efclude qualche ofcurità * od am- 
biguità; perch’è naturala vna indiftinttJ» 
implicanzainchi hà fdegno , ò teme di 
lacerar apertamente vn vitiofo. c FU- . 
rumq\ obfcurii& implicati jnului ambi- 
gue die unti&fub dote* 

Infomtna i satirici , conchiufe Politia- 
no, in argomento delle loro elaborate in- 
durne: d Reprehendunti acriter infui» 
tant impotenter>vafrè cauillamur,auflc 
obrepunt , effluum lubrichi tergkierfan- 
tur , tlludunt i diffimulant > ardenti ver + 
fantifufpenduntiferiuntipunguntiprouo^ 
e antitit ili antiftom ac anturi attonane ce a 
fulmine omniai& concutiunt • 

Frà 


a Cafa.bpolit. c Pelit. d Peliti - 


Digitized by Googl 



13& Velie Frascherie 
Frà i Latini Satirici più renomati,e Iet- 
ti fono Giuuenale,Horatio,ePerfio,tutti 
come Maeftri imitar fi poflono ; mà non 
in tutto,* Che nuoce, dice Cicerone, alla 
Venuftà d’Apelle giunger in alcuni luo- 
ghi l’audacia di Zeufi,la diligenza di Pro- \ 
togene,! ingegno di Timante ,lagrauìtà i 
' di"Nicofane?Quefte qualità mi fte,& vni- 
tealla nouità de i propri) artifici j, forma- 
no cosi nel Pittore , come nel Poeta vna 
tal maniera, che non altronde, poiché dal- 
la propria miniera puh vantar l’origine. 
Non fori* mai grido di grand’huomo ia 
quell* Arti, chi non hebbe Arte di fabricar* 
fi la proprietà d*vno Itile. E atto feru ile,, 
non fapec mouer pafiìjche sù TimpreflìonL 
deli altrui veftigia.. * . 

b 0 imitatore* feruum pecus, vt tnihtffa 

pe . 

Btlcm* fape toc um vcftrimouere tu* 

multai y 

diflc Horatio . > 

Chi li contentaffe della fola imitation e 
non inueoterebbe mai , c ttikil entm ere - 
fòt fola imitai ione , diffe Seneca Nello 
fcriuere fi dcuono feguir le veftigia de 
buoni, mà nella guifa, che fa il Pedante, il 
quale feguita il difcepolo , e pur fi dice-» 
guidarlo- 

Chi è commofTo à far Satire da vn5 na- 
turale concitatione d animo, o libidine d* 

Arte, 


a Ciecr, b Horat c Sente» 


Digitized by Google 


Fafcio Secondò. " 139 
Arte,pongafi ad imitar i migliori , mà au- 
uerta, dille Quintiliano, a Ne quo d faci - 
lius e/ì, deteriora imi'etur , ac [e abunde 
fimilem puteufìvitia maximorttm arti - 
ficum confeqaatttr. 

Ne tartare, a nome i vitiofi , muno de* 
fopranomati Poeti imitar fi deuejc parti, 
colarm *nte Horatio, che non la perdonò 
à grama ci ftetfi . ' 

b Omne vafer vitium ridenti Flaccus 
amicot . 

T an<*it . 

difse Perdo ; e Scaligero k) chiama ingra* 
to , e barbaro ; perche c non s’aftenne dal 
riprendere etiandio M ecenate rotto no- 
me di Malchino. 

In Horatio oltre vna pronta acutezza 
nel colpir tutti i viti}, fi può anche imita- 
re la gran felicità nello fpiegamento, mà 
non Tempre la Tua tri ui ale , c prolaica lo- 
cutione , Non ha egli mai cofa elettati: 
mà è occupato Tempre intorno a’precetti 
più vulgati dedottami, d Fa/fim in alia «. 
na tranfìt cafira,non tanquam explara - 
tor,fed tamquam trans fuga % difse Cafau- 
bono. Spefso è Stoico, fpefso Epicureo , 
fpefso della razza d’Aciftofane . Difdice à 
se ftefso in molti luoghi , e per tutto ino- 
ltra l’incoltanzedeliafua natura Accen- 
nò di non pretender vanto di Poeta Sati- - 
rico per la fola purità ; mà fi lafciò poi 

traf- 


a Seal, b Seal • c Seal • d Seal • 


Digitized by Google 



149 belle Frafcherie 
trafcorrere à credere, che le Satire douef- 
fero fcriuerfi nello (lille d’vn famigliar 
Scrmonejche però di Sermone diè loro il 
nome . Ecetto , che quel grande ingegno 
fapeua altrimentefcriuere , come diede à 
diuedereneH’Odi ; ma volle nelle Satire 
eflfer familiare,ò per faticar meno , ò per- 
che credette, che la negligenza nel nu- 
mero , e nella frale alla fola Satira fi coix- 
uenifle . 

A Horatius modo pure diceret , nihil peft 
habuit ì difselo Scaligero. S ingannò in 
quello di lunga mano, e l VotÈo più di 
lui che prefe ^difenderlo, afsegnando più 
tofto ad efso , che à Giuuenale il Princi- 
pato della Satira, e pur , b luuenalis ver**. 
ftiSylongc meliores^quàm Horatiani feti- 
tentu acrioresypbrafts apcrtior . Sempre - 
fù opera di maggior induflria lo fcriuec 
follcuato,e turgido, che pedeftre,e fmun- 
toj nè il Satirico, che ha rvfficio di Mae- 
flro, deue, come vn Seruo fufse, eftenuar 
Tempre la dicitura . 

Perdo può anche imitarli in qua Iche-» 
tratto di magnifica dimoile, e di giuditio, 

(o incitamento; mà non deue nella Cecca ! 
maniera del fuo frafeggiare, e nella erudi- 
tione aftrufa collituirne cfempio.c Persif 
flillus morofusi & tlle ineptusyqui ciliegi 
vellet,qua fcripftjfety trite (ligi noluity qua 
legerentur. difse lo Scaligero,& altrou Cyd 

Prin - I 


a Seal, b Seal, c Seal, d Seat, 

' . - Digitized by Google 


F afe io Seccndo. .141 

Trincipio eft educendum , ne quodfecit 
FerfiuSyabftrufam oftentes erucLitionem , 
Fùamico della breuità,che peccò nell’of- 
curo: onde il Cafaubono, che in quella 
parte s’ingannò col difenderlo, s’acquiftò 
più titolo di Reo, che di gloria di Auuo- 
cato . 

Il Carattere Satirico di Giuuenale è , I 
credere de’faui j huomini, il più qualifica- 
to , & efemplare di tutti : e come diCse lo 
Scaligero, ferneticarono alcuni, dicendo, 
che la venuftà Satirica in efsa ila afpra ,c 
temeraria, a luuenalisfliles candidus,ac 
Saiyricorum facile Pr/wrep/.Imirar non 
dcue/Ì nelle ofeenità licentiofcjmà nel re* 
ftolafuadittioneè epica, il fuo metro 
numerofo,.i Cuoi motiui peregrini , i fuoi 
enthimemi forti, e le fue riprenfioni dol- 
cemente con la purità Romana congiun- 
te. Egli folo fra i Latini formò 1 Idea del- 
la Satira.Seguì i prec ur fori, mà calcò fen- 
derò dillinto da’medefìmi : c più accon- 
cio à precorrerli. Scrifse vltimo , mà fù il 
primo nello fcriuer meglio . E meglio in- 
formila di Horatio potcua dire in quei 
verfi. 

b Libera per vacunm pofuivefltgÌA^ 
Trinceps. 

No aliena meo preffì pede^qui fibi fidi s 

Duxjregite examen . 

Nella Satira Italiana così auuenc-#. 

L'A- 


*-■ <u .II... — . !.. 

a Scali g, b Ho rat. 


Digitized by Google 



i$z Delle Frafcherie 
L’ Aretino, e’1 Aviofto ne aprirono la via ; 
mà non vi pafseggiarono bene; l’appiana- 
rono , mà non Cepperò isbarbicaruene 
Pherbe. Il loro fentiero è fangofo,non la- 
ftricato . 

Vn valent’huomo fò trà moderni, che ne 
compofevna, nella cui teftura moftrò 
gran fentimenti,efupcrò di gran lunga gli 
Antichi nella noftra lingua ; mà perche a 
mio credere , poca felicità moftrò ne’Ri- 
dicoii, ch’è si neccfsaria co iditione della 
Satira, lafsò anch’egli, che d^fìderate in ef* 
fa>e che aggiunger ui . 

a~ ridiculum acri 

JFortius , & munts- magk a plerumque 
fecarts .difse Horatio . 

Io fono vn di quelli , diceua il più gù> 
uane Plinio, che amirano gl* Antichi; non 
però difprezzo , come alcuni , gl’ingegni 
dc’tempi noftri:£ neq\emm lajja, & effee* 
ta Naturaci rnhil tà laudabile , partati 
è vitio dell’humana malignità , hauec sé- 
pre in iftima gli Antichi, & in faftidioi 
moderni, e come dille Tacito . c Dum vc- 
teracxtoltmus,recenttum in curiofi . 
dJVihil efltnuemum,& perftfium^ dille 
Cicerone. La forma della fatira Italiana 
ponderata la imperfettione de gl’Iuuen- 
tori in quell* Arte , può confeguir fenza_» 
fallo gradi più vantaggio!? de’paffati, in_« 
ordine a’precetti d’Horatio,& a gli eleni. 

plari 

a tìorat , b Plin.Iun. c Tacit. dCicer r 


i • • • gr>* Fdfcto Secondo, ia* 
pian di Giuuenalc, non bene Clloojtat; 
fin fiora daalcunoje perche quello auan 
Zamento deue per neceffità aggiunge 
difficoltà nuoue à chi lo intraprenderò 
driudero effer tanto più difficile «ar’vnj 
atn a, che 1 non far la.quanto più malan- 

ne Pentito dagli Amici. 


ne Pentito da ffCÀmìct^ parendc^Ioro dì 
ii di dozzinale eruditionc^ 
to Ticleue. chWa 


fondata e non ai dozzinale erudition-I 
ripieno.In tanto Ticleue, ch’era vn'huo 
rno non meno curiofo neli’offini * „« 
altiui vmj, che fcaltramente maledico 
ne 1 dei linearli in Satira accettò , limitato 
daS amperme la cura di nTpondere ii^ 

contrad tono a Marnane , quiui co» In 

ragionatole curioli.à atte, luai tu ttfd^ 
faperc , comepiù difficile effer potlfte 1 
non fare vna Satira, che il farla . " * lS 

E del C^jSS^kA ^ 

quel dì vna fcft.Si ìffefó OIa ? 

trar,edallac,rcofta,«VdXo U 4 d S 

perfonevna Opportuna materf, i 

ptoua del fuo lent imen to* IzoflS torto da 

llt ‘T"? pCT h mMO Marnane «rfo 
la liiieftrad’vna contigua # „ ' 

dttfse. Rcfpondcua la Incita fu? Corfò'é 

quel 


144 Delle Frafcherie 
quel che più vaghezza crefceualc , Copra- 
ftaua ad vn ampia piazza, nel cui giro, 
perche nel mezo d’efl'a in queli’hor a vOj 
dcliliofo Fonte faceare7o,foleuapiùchc ' 
altroue gir vagando al frefeo il numero 
più qualificato de’Patritij , e de Cittadini; 

Quiui giunti , col rello della Brigata i 
due Competitori, Ticleuedi primo trat- 
to con vntCi ' di Giuuenalc lafuafen- 
tenza decidendo , con aflòluto coraggio 
così a fauellar s’introdutfe , 

Amico. 

Difficile™ efl Satyram non fcriberc> 
nani quis iniqua . 

7“ am patiens f urbis' ì tamferreus/vtte - 
neatfe ? 

Momarte, venuto poc’anzi d’Europa , 
non s’era ancor fatto conofcitore de gl* 
Effefij collumi: onde frà le curiofe dimo- 
ftrationi di Ticleue, e le confufe maraui- 
glie di lui s’vdìtrà loro in Dialogo vn-* 
Satirico Sermone di tal tenore . 


IL CORSO 

SATIRA. 

Fra Ticleuc , e Momarte. 

Ticlcue. 


\ jT Ida ha £ Apri V orecchie, e da qua l 
iVl pianta 

Spunto la nuoua I da vna cannai hor 
come 

Potrà Bocca tacerle Canna canta ? 
Non pub tacere il T ofator di chiome 
Oueffo Gene r d*orecchie 3 onae ( otterrà 
Ne pianta il Verbo , e poi ne /punta il 
Nome. 

Ogni colpa mortaUche in noi fi f *rra , 
Qual Radice da fuol , /puntai germo» 
gli ; 

F vna pianta il Peccato, e noi iiatn ter- 
ra. 


Per public ar gli (lupratori orgogli 
Di T ereo infamerà muta Filomena , 
F' pena vrì Ago 3 efon le tele i fogli . 
lo mifento morir , crepar di pena, > 

S e col franco parlar non fi difgraua 
De le colpe non mie l % si Ima ripiena. 
Qui la mia libertà pub far da bratta, ; 
S e colà sbraueggiarfuole il Decoro, 
Qui pub far fi vn Capello ,e Ifcfi catta , . 

G Qui 


Digitized by Google 



it\6 Delle Frafeherie 
Qui pofs'io mormorar : che fe nel Foro 
Foglio tal'hor cantar d Orlando ài 
viui 3 

Per màh di F errati piango,e mi moro 
lo non f in huom da mormorar de i Ditti 
Che no fer la fineftra al petto humano 
Per qui mirar gPingannat or mot iui. 
Ne mevo mormoraryc'b abbiamo in va- 
Dato à AI ariti rei Corneo cimiero ;(no 
Mentre toccar noi pojfono con mano . 
Sento nel feno mio moto piu fiero , 
Giudica tufecon ragione iopojfa 
Mandar fequeftri al libero penfiero. 
Se per fetide colpe haurai commojfa (ma 
La mete incolpa i Rei , metre à la Rim 
Fra le turbe del Corfo io db la mojfa . 

Momarte . 

Boeca,c Beccai fon di contraria flima\ 
Che nel boccal fempre la feccia affoda 
E nel dir malseprc la feccia è prima . 
Màqual copia d' h umori alza 3 & in oda 
Su l labro tuo le biliofe fpume : 
Etinega il frenar l'impeto k l'onda t 
Ticlcue. 

Fijfa colà su quel Palazzo il lume , 

Se voifaperyCome in vn T rone s'erga 
D' abttio fa Guariti a vn cieco Nume . 
Stanze làfon, doue il Padrone alberga , 
Ch'in faccia à i' Auftrotc d'aquilone i 
.A fchernite fi agio volta le terga. (fiati 
Vanne la giu d'imo Cortile à i lati j 
E vedrai daLtfeppe>c da Mirane 
.Con mà.DfHCaltonea Saffi humanati 
L ' Mon- 


Digitized by Googl 



7fi-7r l chc ^ u 

(O difaflo mòndan meriti baffi ' ) 
fTkt 7 **&»*ue s' adoravi! Bue- 

ì t tt c vn w # 2r 

ìitrre in^anfT, 7^4°"' , 

L'arme fu a Col fuo Nomè‘hìTV ’ Si ^ 1 

£ ‘ nm ,„ZÙ 

r>,.„ . , Mo »arte. ^ 

■Yr* z y da baUon furbo da carmi 
Noa famofefamofe alzfo le mura ■ - 
itupidi fon, non' fan ftupire imirmi 

y^T c % kmo,i ’™^™ 

f' f j ‘ Ine ? SJa tcma.e camion toftn 
Cadaucto à feftejso, e fepohura°. 

r;an Ticeue. 


P r vece ir J £ U * t Ca 

tfppzzix, '•;*!■■■ 

t ly CK>e J u °L da f acuito fe polpe 

."®«55Saf 


\ , * 

■ nt aUc 

G 2 H 


Digitized by Google 



14^ Delle Erafcherie 
Pia quefl'huomo vnfigliol , ch'occhio ha 
Linceo (dre 

Nel far guadagni , e imitat or del Po- 
Non la cede in vfure à M erdocheo % 
Son concerti fra lor d'arti leggiadre , 

. Vvno i Ricchi animosi' altro gli affliffe 
Vn piglia i doni ,Cr vn le mani ha la- 
dre . , 

' Come di Settore Ce fare fi fcrtffe , 

L'vno non dijfe mainatilo che fece , 
V altro non fece mai quello che dijfe . 
JJvno i Decreti autentici disfece , 
L'altro loà leggi innouate » e codanado 
Borfa troncar ferue di Boia in •vece. 
Nutron ambi il delitto ,e li dan bando ; 

E ogn'vn dilor ,quaji Hortolan con- 
giunti , 

Spende in piantar , per guadagnar 
troncando . 

Momarte . 


Dunque nafconfrà noi viti] defunti ? 

E farà verghe in quefla Età fi fcerna 
Ch'vn Nero fon errato i germi fpuntiì 
Ticleue. 

Oh pia j v'è peggio in quefl'Età moderna 
Per trouar vn fot Huo netto di mano , 
Altro vi vuol, che Cinica Lanterna . 
S*a cuflodir ogni Porton Thebano , 

, Starvi doueJfcvnGalàt’hfiomoaffìfo 
Quate porte flaria fen^a Guardiano l 
8 “ e rt'yf :io làsdou'c vn Editto affifo. 
L'inferno è de'C lieti: e a petto à quefla 
V inferni de* Poeti è . 

~ . lui 


Digitizéd by Google 



Fafcio Secondo l 149 

fui 1/ d'ulfìrea forma in Digcfto » 
Crudità di f intende, e chi condanna 
Ver fa leggi di tefla.e non di tefto . 

Doue inclina il Padro , deftra T iranno^ 
Deci/ioni traboccate in confequenfa 
Senza t voti di Fiuto Eaco no danna . 

PiU forza di Verona itti ha Piacenza , 
Publica Verità mai non minaccia , 

V v priuato Piacer cita à fentenza • 

La Carrozza, e*l Giurifta han varia faccia 
V uol Carrozza vn ontion , perche ftia 
cheta , ( taccia . 

- Vuol Giurifta vn ontion, perche non 

Colà s'vnta e la man y te fio decreta 
Le Ragioni la Lingua : e tofio arretra 
Il cor f ode' Procefi vn amoneta . 

Colà Sijifo fegue vn cor di pietra , 
Aggirato da rota è vn Ifione , 

T occa T amalo il giu fio , e non l'im- 
petra . 

Che ti par d'efto Inferno? in quel Portone 
Veggio appunto vn di quei ch'tn T ri - 
banale 

Con bilancia d'slflrea pefa il doblone 
Momarte. 

Ohimèynaufea mivun , mi fifa male , 
lidi pento T nbul ar tutte le vene. 

Solo al penfier dvnTnbwnal Venale, 
Ticleue . 

Cosi và il mondo >e cosi fi matiene, (pore. 
Se s’inghiotte vn Boccò , buon hà il fa- 
Se s’inghiotte vn Riccone, huomoè 
da bene, 

G $ Mo- 


Digitized by Google 



*50 Delle Frafcherle 
Momartc. 

Luffa pur inghiottir . Dice vn Scrittori 
Che rade volte vn Medico ben viue , 

Che rade volte vn Giudice ben more- 
f iclcue . 

Jliànon terminan qui noflre umettine, 

Fedi quel Cocchio ? mi, e vn Signor 1 
corte/e , 

Cut del Corpo Regai Cobra taf crine 4 
Terctianctiet ne Varar regole apprefe f 
Dal bue maggior , chieder le graie a 
lui , 

E vn tentar facrilegi], vn crime Ufe 4 
JMeglio farebbe far come colui 

Che à le Statue tal'hor grane chiedea 
Per piu! offrir le negatine altrui - 
Damigelle adobbate eran d’Affrea 
Le Gratie vn tempo > hoggi fon nudo 
... ; .tanto. 

Che per velie comprar vanno In Giu- 
dea. 

Fra quei due,che ragionano in quel calo 
Se voi gufar, mira colui che in faccia 
Sebra vn T erfìte,& u lfìacq al mato . 
Quegli e u Sino d'wgdnC accorto taccia , 
Otieflo,e quello al Padrone, e Relatore 
Da miniera di colpe ar genite accia , 

Ne la Corte e co fui raggiratore , 

In far vendere offici], è vn Cortigiano, 
Che per vita bufcar,vede ogni honors 
jipre bocca à colui, che gli vnta mano , 

T ratta,trott aeratitene, e tfar cotratto 
P' ogni gratta venal fa /fi il Ruffiano • 

Mo- 

Digitized”by Googlh 


4 



Faf : io Secóndo, 1 5 1 

Momarte . ' 

£ non fi fcuote ancor lo fi upe fatto 
Giove marmoreo*? à s ) patente inditi # 

. NonalZavn braccio , e 'nonni ancia 
vn Batto? 

Ticlcue. 

Quel pouch e [eco, bade l'ingrati il vii io. 

Io V ho fati hvomo , & ci vml ejfer be- 
tti a. 

Ter che tira de* calci al benefitto. 

Tre fé le norme mie con gran mode fisa: 

G etto l’obhgo poi,come pe fante , 

Ilpefo d’vnagratia hoggi èmolcllia . 

AI opra in gran vanità fatto arrogante : 

Nè sa il mefchin , ch'altera tetta è 
vana , 

Spiga eretta di fufto è vaneggiante . 

V tdilàquella Cricca Corteggiava, 

.. Che pallonando va ciarle in partita ? 

Varlan quei di T averna, 0 di Puttana 
Pajfan color fra ruginofa vita 
Senza fplendor natio giorni vitto fi: 

Che'l nulla oprar Tempre à mal’opre 
inulta . 

JM ai non fecer cammino, e fon fvmofi. 

Hanno vn po di latin :mà fon vvlgari 
Dan di nafo à la gente , e fon merdofi. 

Han poche Compagnie, molti Avuerf uri 
Alolte poltroneria, poche bravate, 

AI olte [qvarcionerie, pochi denari. 

Son gente da due faccie,e fon sfacciate 
Zerbini al volto,e Ganimedi al . • » 

Tortan labro fpìon,tette incornate . 

G 4 Mà 

Digitized by Google 



T5 i y Delle Frafcherie 

Afa già che aceto in mtfc olande afpergo 
Spruz.z,iam colà quel Gabbadeo Vol- 
pino , (bergo. 

Ctiefce bora fuor da quel dipinto al - 
Afira come fen và grane in carnino : 

E de r Htppocrifta quegli il modello : 
Negro è di pelone furbo in chermefino . 

Ne la f zen a del mondo il f no cervello 
Fàil Perfonaggio de l* huomo da bene 
E coti natural,che fembra quello . 

Afa Comedia Vital varie hà le Scene , 

In palco ogn' atte fu o fempr'e fagace .* 
JnCafapoifon le fue Scene ofcene 
Sembra il Dio del Silentio vn huom di 
Pace, (ta. 

Guardatiy Amico mìo,daP acqua che - 
Sempre fù vermi nofa acqua che tace . 

Con quell' h umile facciale manfueta , 

Non fembra vn' Agno ? e con quelli 
occhi baffi (net a? 

No parche cerchi in via qualche mo « 
Doue credi, che mouai lenti paffi ? 

A la vi/tra andrà d'vn moribondo: 

Afa per tentar, ch'eredità gli lajfi » 

Qui si,chefà da vn Orator facondo , 

Sempre mette d'yuan i i be del Cielo , 
Sempre di dietro tgufti a e (lo Mondo » 

Ad àsà Clmagìn fu a leuafitl velo , 

S’à la Cifra del cor s'apre H fegreto , 

De gl inter effifuoi m afe h èra e lincia 
Il T empio profanar teme cofpeto, 

E da fui nafo poi tanto a la gente. 

Che non bafiano ine enfi à trarne fleto» 

' Pur 

Digilized by Google 



Fafcie Secondo. 15^ 

Tur che in del Pai atino ulftro eminete 
Vinalz.ajfe a goder forte tran quii 1 a , 

L' infamie prenderla per u 4 fendente. 
Non cura in mar di Corte urti dì Scella 
Soffre,fìmula, inganna: e in co eia fiori c 
M anto hà di C urto , e fodere di S illa • 
Momartc. . , 

M'arde il fegato sì, m’anfa il polmone 
Per rabbia taf che s' altri colpi tiri , 

La vitrea bile mi a frango in balcone , 
Ticleue. ^ " 

In quel Carro dorato io v'o,che mirti (lo 
• Se vuofche'lcor nel fue rabbiofo duo - 
Per difetti minor manco s'adiri . 

Siede colà certo patritio fìuolo ~ 

Il qual famiglia 11 nuouo Libro Tpreffo 
Ch'altro no ha di b:ìo y che'l F ìtol folo . 
F uttifon Canalier',mà ti confeffo » 

Che tutti han del F ofonej.anu ti dico , 
Che del sagù e l' honoris ague e diNefo 
Quando parlano altrufsepre vn antico 
Fregio di Nobiltà dando a C af ate y 
Vdton f angue Cecropiefo quel di Pico> 
Fretendino man dritte y e sberettate > 

Pere' hebber gli Aui lor pompe latine , 
£ qual ~Aftn C umano alz.a ragghiate 
l pregi lor fon come querele alpine y 
Che pur hebber da Gioue alte hono- 
ran'fe , 

Mà fono i frutti poi ghiande porcine f 
Non f an parlar di praticate vf <tnz.e> 
Non hà l'ingegno lor letterature , 
Non hasenoyvalorinon han creante. 

G 5 M °- 


Digìtized by Google 



15 4 VeHe Erafcherie 
M ornante. 


E non fanno le [conce Creature , 

Ch* al Priuilegio de la Nobiltade 
Sempre i collumi rei fan cacature ? 

A Nobiltà fenza Valore accade , 

Quel che tempre accader tuoi à la vite. 
Che s Olmo non la-regge à terra cade . 

Negar già non pofs io,che riuer ite 
Coni ldoli,non finn patntie genti, 

. Afa fon gl* Idoli poi pietre si or dite . 

Chi e piu nobil de' Numi? e pur tu mentii 
Na[on,gli honor del [angue lor dittino 
Vere hanno i numi tuoi furbi i talenti • 
, Caualier fenzagarbo è contadino , 

Senza valor CaualIo,ancorche nato 
Sia da Thefsala razza, e Vetturino. 

Nel Patritio ch*è infame, è terminata 
L honor del (angue : e per cótcario poi 
Nel plebeo c’hà virtudi è incornili- 
ciato. 

E quale quel melenfo hoggifra noti 
Che piknon prez.z,i vn Seneca Pedate 
< u C he* l [angue di Nerone , e i fa Ai fuoi? 

E quafhoggi e Colui * che trar fi vante 
Le paterne Virtù da i femi d i Rami ? 
.. Virtù vicn da colture,^ non da piante. 

Non Muifer le Parche tnoflriSlami , 

. . Eh inuention de i Potenti , accio che* rt 


Si ah degli errór le Nobiltà velami 
Di materia diftintai corpijei fedì 
Nó fè Promethco, anzi, che i limi tuoi 
Furon per Piatti , c cantari gli (ledi . 

“ ' Ti- 


i 


Digitized by Googlé 



Taf ciò Secondi] 

■ Tic Ieuc. 

£ pur quefli fon Idoli fra noti 
Mentre sui Cteli lor s'alzano a 'Volo 
T - j* t . f idolatratele gli A min ai . 

Ve digiti dtte,c han l'h abito di duolo ? . 

òodHc L erne dì mal fon due. Cloache 
7 c P, ntCn l° c< ìrì Tvn fallo folo 
** Ji 0a € ca IT e d'or fempre im briache , 

Manon^omitdmaif altro baiai eto, 

C he U Magne per lui porti le brache. 
L, <vno e fattile in cumular argento ; 

Ma in tutto' l refio è' si fuo cerne Uo ot- 

tico 

Sol frà contee contami ha cor comete, 
"r si ofhnato ,n lai (ombrai abufo, '• 

Che nf gl‘ aperti, e leciti contratti 
Non ha mail'VC urar raro il mal vfo . 

• * tn *‘ pegni, e rompe patti, 
ru^/^a dt Vi r K va ” ta da Stelle , 

T ** / °H mt hebr f’ nfeatti 

L ÌÌK* c , h ‘fé™-* le fattele ha belle. 
Ha deformi costi' opre, e i con foli : 

■ Ch f^‘f‘‘‘neor,piut:heUTigre 

Prottido e più nel regolar [campigli, 
r . 1 r' f t4 a % ch ’ h t educar chi nafec-t 

■ Per vnfiUA^' 1 U0U diro ^ * *«<* 

‘[ledi Ragnoentram ambafee 

%t“?Herua*tmUa,evn^rgo in 

Sii %' C,clo P ,ca [ha ifolipafce. (tutto 
Sta, slerco camn Patrio ita brutto , 

repita a 1 fer ut jgo decori la moglie t 

'* 3 f paterni puZzor [piriiffasr pinta, 

G 6 NeC- 


Digitized by Googl 





I 


1^6 ^ Delle Fr alcherie 

Nettuno hà di Spurina hoggi le voglie. 

Che in sè vibrò, per flagellar de’ mali 
L innocente cagion, fregio di doglie. 

Momarte. 5 

ji l'aperto vagar di Viti) tali 

Mal può la lingua mia fiar à le moffe 
F orzi e eh' in Corfio anche i fiuoi fiati 
Ticleue. ^ (efali. 

Se puoi fentir,ne jemirai piu gr offe, 

V e di colui , che fieno te la fitta te Ha , 

Cloto non sofie Hr attuta , ò pur fie toffeì 
Da letiradi Ptthagoras'mejìa 
à ìCl capo [uo,ma per parlar piu chiaro » 

Per donnefichi lauor-Phitomo fiàfieHa . 

E s' ancor non m'intendi , io mi dichiaro 9 
Molto ricco e Colui , la cui Mogliera 
In Corno d'-Amalthea sepr'hà denari 
D'sJHolfo il Corno al par del fuo tio tra 
Le turbe quei col mormorto cornuto 
Fugaua il d),queftt le chiama à jera. 

Oh gran Cippo,oue fietftu che veduto , 
Najcer fui capo tuo Corno innocente » 
t Del gran 7* reno Romafejh il rifiuto . 
F*ieni,e vedrai nel fecola prefeme , {fio 
Da vergogna ad honorfiarfiu trapaf* 
Vedrai Cippi di tefta,e non di mente . 

. Ma mi (lupi a, eh' anco nongiffe à fpaffo 
Era tati humor qualche Sgraffiata Idea 
Mentre agli humor fiempre fioprafia 
il graffo . 

Vedi là quel Signoria cui Lìurea^sebra 
i >- Hà vn mufiaico di trine ? hor quei raf- 
Vn de Latdijchc amar Laide Ephirea 

, Per- 

Digitized by Google 



Tafcio Secondo» I$7 
Perdehonor,fcemarobbd)dmorhamebr et- 
iti jarfi corteggiar da Corteggiane ; 

E ne' commodt lor commodo ftmbrd . 
Sforzxna le Lucretic>e le Dianeì 
E per carne pagar di Concubine 
A la Famiglia fua litigia il pane. 
Ladro il direi di Vergini Latine ; 

Ma no veggio fra noi Dona che imiti 
In cafle ritrofìe 1* Alme Sabine . 

JSbon voghon mai le noflre Done inaiti) 
Violente deftan per tfcufare 
Con l'altrui forz.a t lubrici appetiti . 
lnjomma *7 Reo crede sii l'onde amore 
F ar de la vita fua dolce tragitto \ 

JVè sa - eh* al fin porta u amare à mare 
Pefca tat'horyma nongligtoua al Oùto, 
Chete ne'mari altrui frigge chi pefca. 
Nel mar d’Amor l’huoma che pefca è 
fritto. 

Momartc 

JF or z? e pur , che la furia al tabro m*efca, 
PaXz.oGarz d on,(c da sebianz^a maga 
Accefa e Calma tua,và che ftàfrefea. 
Luflu r ia è vn dolce macche i fenfr appaga 
Mà per colpa di lumi accieca gente* 

E con arte Circèa Vanirne ammaga . 

E d’vn cor lagnmofd Arpia ridente, (ino; 
Ch'entro vn negotio reo i’otio fà do- 
Che da’cardini fuoi fucile vna mente . 

Ticieue. 

Coeludi hor turchi non faria da Momùi 
Mctre s*apre al riuerfo hoggiil macello 
Metre Vacca d’amorf corticati huomo? 

Mà 


D 


by Google 



158 Dette Frascherìe 
'Adà il gran fet or de F amor efo anello 
No cejfa qui. Vide colukche [palle (lo. 
Volta àl’vfcio deJTepioìoffertta quel. 

Col ferro dlvna ma M ario-, ò timballo 
Non vanno mai per bellicofe rotte 
T anti vcci[ìfquadroni 3 almeV a (falle. 
Quanti [noie ogni dì l’Heroe da notte 
Con la paga vantar d'vn eloquenza 
Cip art [fi abbranCatuHerfi corrotte . 

Sol per gufo ai dire hà compiacenza . 

Di far peccati. Hoggi à la turba ofcena 
Egufto il confefsar, non penitenza . 

Come fufse d’Egifto, o Polifsena 
Vii (oggetto igegnofo,ogn’opra pazza 
Sù le complici labra hoggi hà la (cena . 
Ilpreteftode IVfo hoggi è corazza , 

Contra i colpi del biafmo, e trionfanti 
Suonan Tróba le colpe in sù la Piazza. 
Come S crittor , ch'ai fu or notturni gante 
T effe luce d honor, tejfe il carnale 
i notturni di fn or lu 6 e di vanti , 

Onde à penfarui hn 3 dubbio m y ajfale:(le 
S § ligua in piajze 3 b pur f ? mano t ceh 
ai 1 coprir le vergogne hoggi piti vale . 
Quali in Ai eroe d Egitto appaion belle 1 

C erte [emine [conceda cui Natura 
Fi kgrade del bAnbin fe& le ma me He, 
al per ejfer comun, l'opera impura 
, No rafsebra deforme,e per oh' è uguale 

La quantità le differenze ofcura . 
r Jlia non termina qui gloria di male r 
Ai ir a cola-, fe vuoi faper qual vantale 
Da me bruna à'Honor tragga u morta r 

Vedi 


y Google 



F afcio S ectnio • * * 5 £ , 

Vedi quel Carro ? b ormai ettnofeer > 


quanto * # 

Il mal’ h abito altrui menti foco ? 

Mira cohiiìch’è Melibeo di manto . 
Tutto il ceruello fuo lercia inquelgioco > 
Che far Ciulio fole a con Nicomede : 
fesche il vitio d Orfeo gli parae poco * 
Per le Camere fuefai che fi vede ? 

Vn Giacinto non fior, mà defiorato , 
Ratto no, ma rapace vn Ganimede . - * 
Reputa in vita fua meno honorato 
Sopraslar con decoro àfiaol di Corte » 


Cioè • f 

£ tour coHui,che ne l’età piu forte 

'Raffi de iferuifuoi canto a i comandi 
Fa de* comandi fuoi ferita vna forte. 
De Uleg&e Seat mia i vecchi bandi 
No offerita il Signor, pere ha difmefio 
Il Tribunal de la Vergogna t Grandi . 
Ne votrian le Vergogne il fuo procejjo 
Gtufioformarjmentre fi sà ch’Amore 
Corrotte ha già le f ite Vergogne in ejjo 
Momatte . 


'Tanto àie nari mie crefce il pudore , 
Tanta nel petto mio bile singr off a , ^ 
Quanto il lercio Signor grado ha 
maggiore * . 

Stilla d’oìio caduto in vede rofsa 

Di Ebalio Cangile,? più deforme afsn> 
Che sù ro/.zo Gabba macchia più g C( > 1 * 
O uesìi fignor,dt cui parlatore hai , 

SofepolchriiChefuorahànoornameto 

£ aperti poi turbano il nafo>einti : 


Digitized by Google 


li6o Delle Frafcherie > ^ 

j4mtco,h*i vinto. A l'anima è u tormeto 
Se le colpe non fue la lingua tace ; 

M afe vuoto fei ttt,pieno io mifento . 
7 * anto in morder altrui faro loquace , 
Quato in tacrfui dolce, anco vn aceto 
- Quanto il vinfù più dolce, èpiùmor- 
G'tà che i Giu dici rei non fa de crei o (dace 
Contra le colpenti famigliar! editti 
Del public o fallir s'apra il fegreto . 

T roppo chiari in peccar fan fi i profitti » 
Copre l’tfamia altrui vefìe honorada: 
E fon mode de l’Alma hoggi i delitti . 
Terche mena il Padron vita efecranda , 
Ne'T ributarij f noi non la coregge , 
Chi nó vieta il peccar,séprcil comada. 
Reggo d'Afia i Monarchi ufre di Legge 
Ma finiflre fon poi le lor maniere » 
Terche in fini fir a man freno fi regge. 
Dunque , A mica, è difficile il tacerei 
Quàdo il peccato altrui l’almecómoue 
Chi può tacer , s'anco fra nubi Arciere 
In mezo a’tuoni fuoi mormora u Gioue? 

Qui terminarono i colpi della faretra 
Satirica di Ticleue , il cui irreparabile-, 
impeto pollo in bilancia con l’arciere-» 
accortezze , da Momarte infegnate , diè 
materia à Stamperme di conchiudere , 
che non minor pefo portaua feco la diffi- 
coltà del fare vna Satira , che del non far- 
la : mà perche il ben mormorare è dato à 
pochi, come opera di maeftreuol Arte, e*l 
mormorar c,ancorche malese vfo di mol- 
ti. 





Fafcio Secondo, %6l 
ti,comeimpulfo di rifentita Natura , alla'/ 
vifta di alcun’altri paflfaggieri delitti, i 
quali benché in tranJtto pareflcro a’ri- 
guardanti, non erano però moribódi, im- 
partenti di lilentio gli Amici buzzicaro- 
no tutti alle Satiriche detrationi i carmi, 
e ie prole. Fra i maledici Periodi li formò 
da tutti vna lodeuole parentelìinenco-l 
mio di alcuni Europei perfonaggi, ne* 
quali la Toga,e’l Sago erano all’hora del-, 
la Virtù argomento , e mercede , mà poi 
Stamperme ftomacato anch'eflò alla pó- ì 
deratione di quei Grandi Aliatici , in cui 
faceuano macchia i vitij d vn’illuftrato 
fangue, proruppe furiofamente in quel 
verfo di Giihienale. 

a Ad Ccclusiaubnefas auodcunqxtftpurl 
pura dacie. \ 

Soggiutife poi , che 1 medelimi poteuano 
degnamente raflòmigliarli à quei libri di - 
Luciano, £ quorurmaurei quidem vmbli, 
et, veru imusy aut T hyeftes efiMeros in 
conuiuio comedens , aut Oedtbus matris 
mar itu s>aut T ereus cum duabus par iter 
forortbus rem babens , 

Intanto Egideargo , come Caualiero 
d’ingenua, e di gioconda Natuta,veden- 
do pafsar per la via vii GOLOSO Parafi- 
lo di quei tempi, che pareua far efercitio, 
oper euacuare le ripienezze de'cibi, ò 
per cercar manicaretti da riempirfene; 

Addi- 

a lune», b Lue, 


Digitized by Google 



lèi pelle Fraf cherie 

'Additatolo à gli Amici, così Co sghignan- 
do il deferì fse . 

• / 

V Na Curtia Voragine ecolui ,( v'vrta 
Quado incontra vna mefa, e*J dite 
Benché la fua voragine non Curta 
, Vuol altro affe,ch'vn minimale, o dui* 
Spende tutta in nut^nar la fua monetai . 

Fin Viuade ìftgegnofe hagramiìhrio , 

Vn pranfo nondaria per vn Imperiò , 

. Ter che sa, eh* Imperio ha la Dieta . 
SòjmefahaurÀMttto u Pollaio arrofìo , 
Dicafi pur Duca d’ Ottona il Gatto,:. 
Ogt/i Boccou , che capita nel piatto 
_ IVe UBocconafua s’appiatta totto . . 
ÌVVì frange mai ne la pofata il pane, 

*. Perche tutto s'affanna a frangi carne. 
Onde i Guati vuol far di Frangi carne. 
Scaltri Guanti trouo di Frangipane, 

£ perche Vmuention vuolricompenfa , 

Che farà C au alierà or re vna voce % 

Io per la parte mia glifo la Croce, 
PerchejiroHa ogni Quarto a la fua-» 

- \ . . \ ( Menja . . 

Rorazalfe,chepcr fobrictàdi natura, c 
per ragia di praticata fpeculatiua > era frà 
ì Compagni ne’trabocheuoli fcegolamèti 
d’vna menfa il pi ù continente, e guardin- 
go, fi ritenti in guifo della deferuta vora- 
cità del Pafsaggiero Guathone , che non 
potè contenerli di non efagerareanch’ef- 
fo alcuni fragmenti Satirici contra ìa_» 

Gola, di quello tenore . 

. . Di 

Digilìzed by Googie 



Fafcio Secondo-. I6$ 

D I ben poche bifolehe vn va*de fuolo 
Satolla vn Tauro^s l’efcaduadifpsfa 
A (quadrati d’Elefanti vn BoCcofolo , 

Del corpo human fol lavprago immei^ 
Dinotati hà i voraci, à jui ibi piacque 
Spopular glrElementi invmmenfa. 
Stuol, ch’in monti correa^ permeala^». 

• giacque., 

Quella ammutir fè i muUci de Tana* 1 
Cantar ne l’olioi mutoli del’acque. ^ 
Schiua Vingordo homal dlefca ordini* 
Fai boccon peregrin peregrinare:^ itb 
E in viuande penate igufli varia * 
Chiama Fefche plebee,fe non fon rare : 
jinXj prodigo d or^moflrache quelle 
S’accollan care al feniche coltali care.' 
Moggi ha vile il fapor,tinche,efardelle * 
È ale me de f me hoggi negato ,e quafi . 

_ fi atte.! honor di Epicuree padelle , 
Sono i fon de le frondi homai rimali 
Senza i Cantor peiiutij e’n tempo cor,, 
to 

S è fpogliata d’Augel Tonda di Phali,. 
JD e la Dorica ancona il curuo porto . 

In ventre ItalianFojlriche vota i 
Per che di fame in lui naf :a vnaboftoi 
Jrinda Fonda patina a Fonda ignota 
Peregrìn prigioniero il Pefce pajfa ; 

- E in Affli di Pefchiere a morte nuota . 
Qu i fif % del G hiotton grane à la najfa : 
Qui diuìen efea ad tngrajfar mortali •* 
Qui fra le [eh e mortifere P ingraffa . 

' Efc 



x^4 Dille Frascherie 
E fe mai naufragar filili A u frali 
La f luantofa Viuanda in gonfi mari, 
Nelviuaio d'vn porto ella ha i natali. . s 
* A gli Apicij ghiottoni alfin gli Altari 
Sibaritiche menfe , e in Siracufa 
A i Parafiti fol fito fi pari . 

Spenda in conuitipur borfa profufa {fa> 
L'Egittia De ^sfoggi in b ac betti Eli- 
Che' l vagate A mator tolfe à Creufa . 
Non fa le menfe d noi laute in talgutfa : 

Più liete s), perche tal hor la Vita 
Per non parco boccon Parca recifa , 

Quel che voi far la Digeftion compita , 
Alimenti con Legge al Corpo dia : > 

Già che la Legge è col Digefto vinta . 
Sapete 'Voi quel che la Gola fa ? 

E' vn lagOtvdir ne de fiat e il come? 

La fidava f eco da innanzi (ha. (me. 

E vedre^ eh' vna Gola e vn Lago al no - 
Eran già le lingue alla maldicenza att- 
uiate , nè poteua contenerfene alcuna ; 
quand’ecco trauerfando il Corfo fra gli 
altri vn’Hiftorico di quei tempi , che nel 
deferiuer le guerre d’Afia , diceuafi eflèr 
Pittore più di maniera , che del naturale , 
diè materica Stamperme di motteggiar 
CONTRA GL’HISTORICI DELL* 
IONIA i feguenti motiui . 

C L’Ingegni deirionia , Amici, niente 
meno de gli Animi fon degni hoggi 
delle noftre Satiriche detrattioni . Hor 
che diremo delie moderne Hirtorie , e di 
quelle in particolare, che và Itàpacciando 

quel 


Digitized by Gòogle 



Fafcio Secondo . 16$ 

quel tale,da voi poc’anzi additatomijvo- 
lumi delle fue tralunate Verità fon libri 
di Ouidiane Metamorfofi , in cui non al- 
tro di vero , che la certezza dell efo fa- 
uolofì. E come mai può dirli gloriofa^ 
quell* Arte del noltro fecolo, fe PHifloria 
ch'efler deue vno fpecchio , atto à render 
gli oggetti, come li riceue,è forzatahoggi 
à diuentar Occhiale da ingroflàrli ? e che 
vanto fi può mai trarre da vn meftiero 
nel quale chi e (Ter deue veritiero per nc- 
ceflìtà , fi fà bugiardo per politica ? 

Il genio di commendare l’attion d'vn 
prauo Principe, ò perche s’ama, ò perche 
fo ne teme, è indifpofitione infeparabile-* 
da chi fcriuc hoggi, à vn alterante della.* 
Hiftorica natura. Meglio farebbe narrare 
a’noftri l’Hiftoria del Prete Ianni , quan- 
tunque di fue feeleraggini colma ; mcntr* 
è certo , eflcr quel Principe remotiilìmo 
da ogni intendimento . Se lenarratepra. 
uità dc’potéti fon vere, piagne chi le (eri- 
ue; efe Iefcritte virtù de’mede fimi fon 
falfc,ridechile legge, a Nerone recitò le 
lodi di Claudio in vn Oratione fatta da 
Senecaje’l Senato in fentir lodarlo di pru. 
denza, c di fauiezza,non fi potè contener 
le rifa . 

I lumi dcll’Hiftoria,che per Io più è dì 
belliche relationi guernita,fon quelli ve- 
der oprare ,e fapcre ben fcriuerc,al primo 

acqui- 


li T*ctf, 


Digitized by Google 


• • ** . 

it5(5 Delle Frafcherie 
tScquillofà guida la Fortuna , al fecondo 
ringeguo . Hor chi è colui , che vanti da 
Tn Mercurio due benefici j in vn tempo^ 
ali , per giungere à nòtitia di Nuncio , £c 
eloquenza, per diftendere viia verità d* 
Hiftorico^ Pofibio,ò li ttouò presele al- 
le maggiori Guerre che fet ide , ò Teppe il 
Vero da chi v’interuenne : e quello lume 
pur ballerebbe quando il rifletto luffe di 
Sole, non di Luna;ma hoggi ò nelle infin- 
gardaggini d’vna Cittadina Pace li dipin- 
gono le Guerre , ò lo Scrittore va mendi- 
cando Pelemofina d’vna notìtià da chf pé p 
fa hauer merito ricllefu'é carte,benèhe fìa 
certo di non poter e 11 rame altro , che vn 
tozzo muffo, non balleuole à fatiate ìtl_» 
efso il vacuo d' vna curiofità affamata . 

L’altro lume è faper fcr iu ere; e quello 
è quali più importante ddPhauer vedu- 
to, per auuennirarfi alla Gloria; ma come 
poffono hoggi accreditarli i fatti , fe non 
ha credito il nome di chi li narra ? In Eu- 
ropa fon chiari gl Hi Iterici ^veridiche le 
relationi 5 onde auuiene colà à i Lettori j - 
come qui a’Medicijche all’hora s’accerta- 
no delie verità de mali, quando è loro 
nota la natura del temperamento. In Alia 
non và così . Non fon noti gl’Hi fiorici 
nelle notitie ; e penfano di notificare le-» 
notitie in eflì.Se la cafa hà i puntelli debo» 
Iì,ò ruinofe le lltutture, mài può accer- 
tarli 


* - - v»'» / • » - teiir 



a If jlih. 



Fa feto Secondi. j6j 

tarli di labilità chi v’habita . Tu bocca d* 
vn Catone Vticenfe anche Je menzogne 
fi farebbono accreditate in Roma perche 
il teftimonio era claflìco. a Vn Tacito 
che da Tertulliano hebbe di bugiardiifi- 
mo il titolo quante penne fì parlar di sè % 
& a quanti fà citarci Tuoi Tefii . come 
fogli di Sibilla ? Non v’è chi reputi intic» 

ramente veridico Li uio jC pur rArte della 

fua penna fè parer veritiere le menzogne, 
immortale l'Artefice . Fin dalFeflremaJ 
Gade vennero huomini, più a veder T 
imagine dello Scṛtorc,ch*ad inuefliearc 
Ja verità dello fcritto . ° 

Niuna cofa fi cita hoggi ne'fogli de Iet. 
tcrati con maggior fondamento ; che vn* 
euento Hiftorico» perchenon hanno gl* 
huomini la piu facil via , per gouernar la 
vita, che la cognitione delle cofe feguite 
ma con che fronte potremo noi citar a Ila 
luce vn fatto ; fe il Dicitore nella lucc^ 
.itcfsa delle ftampe è ofeuro ; e fe pur vi 
xifplende è moribondo il fuoiume? Con» 
elude dunque efser non meno ridicolo 

atr n w £°2©i vile autorità d’vnodi 
queftì £ Proletari j Scrittori , di quel che 
farebbe in cafo di Tofcano Vocabolo ad- 
durre 1 efempio d’vn cotal Ser Luca da 
1 anzano , ex 1 trattato di Fra Iacopone da 
Todi,con vn proflimio di Volgarizatori, 
che non hauendo nè nome, nè fatti , può 

efser 



1*8 . Belle Frafcherte 

cfscr dubbio apprefso molti: fe fiano {lati 
huomini. Infomma mal potrebbe nelle-* 
conuerfationi confeguir titolo di Ciuile , 
chi citafsc l’Autore d’vn Hi (lori a, che-* 
non fù mai Canonico . 

A pena sera taciuto Stampermc , che 
Rorazalfe addocchiando dalla fineftra-» 
due Romanzieri di quei tempi,proruppe 
impetuofamente cosi , 

, > 

E Che dicemo Amici, DE ROMAN- 
ZIERI DELL’ASIA? Vna volta in 
Grecia r umor eggiau a vna ventola , c lo- 
quace dicitura, che d Afia deriuar fi difse. 
a Nuper ventoja ift lo ac & enormis io - 
quacttas Athcnas ex Afta commigra» 
HÌt,4nimofq;iutietJum ad magna furgen * 
te: velati p e fidenti quodam fidere affla- 
«ir, difse Petronio. I 

L’ambitiofa turgidezza di quello ftile 
non fù lodata in Marcatomo , che vfaua- 
la:perche,come Plutarco difse. b imitaua 
i Tuoi coftumi, ch’eran gonfi,lafciui,e pie 
di boria . Fù ofseruato all’hora da’Saui j , 
che la lettura di quelle Asiatiche frafi 
ftancaua,e confondeua i Lettori, e ch’era 
limili quei periodi 5 certi viaggi lunghi a 
che dall’vn luogo all’altro fi fanno, fenza 
trouar uifi intcrpofitione d’ Albergo,ond* 
è necefsario,pcr non iftancarfi, far pofata 
in campagna» 

Si 



jFafcio Seconde. 16$ 

l ?? , hora 5 che S I,in gcgni hanno an- 
cn cin le loro mode , nelle quali la nuoua 
u °diar la vecchia, Io ftile Ai!atico,e lun- 
de gl’ Antichi era vna Toga con lo 
ltrafcio, che più valea ad intricare i piedi, 
ch’afat vedetele ilmmetrie della vita.-»., 
Lo fti le concito de* moderni è vnhabito 
lucci nto co’ trinci , migliore per pigliar 
aria, che per accollar fi al bufto; infom- 
nra 4 nil tnedium eft . 

In queftofolo direi più accettabilel- 
antico habito del moderno. Nell’antico , 
come copiofojpoteua il Maftro riftrin°er 
la forma jmù nel moderno,come manche- 
uole , non haurebbe campo di dilatarla • 
cosi anche l’huomo , eh é vfato à far lun- 
ghi pjfsi ;fapra accorciarli in vn tratto.* 
mà chi non mofse mai pedate, fe non tra* 
ferri, non faprà di fubito addatati! al cor- 
fo s’è libero. 


Seneca hebbe opinione,che nella diuer- 
i!ta de gh filli più,ò meno contratti il do- 
udTe ferii ir al genio delle Nationi,& eoli 
fu vno di quelli, che per piacer ÙRoir^ 
c interpungere cenfueun , e/oggiunge. 
Orano prò feratur maio , quam proRuap . 
Gh appetiti del fecole non deiiGnoeffer 
difebncitanteimadifanoypcrche c dotti 

r^onem arns mtelligunu indotti volu- 

< ^ lnt,1,an °: "è concludendo, 
che lo ft,k imp Un t ato de’JModerni podi 

H fpun- 


liot ut b Sente. ' c Staine. 


Digitized by Google 



jyo D elle F raf e, berte 
(puntar l’applaufo de’Saui j, mentre incó- 
tra per l’appunto il genio di molti ; per- 
che taluolta a mulits piacerete ft [pienti» 
bus difplicere , difse Plutarco . 

Le dolci diflìpitezze dc’noftri Aliatici 
Romanzi s’argométano dalle forme, vfa- 
te dalla più parte de gli Scrittori , i quali 
non imitando in queft’Arte il merito d* 
alcuni Romanzieri Europei, ch’efempla- 
ri fono hoggi nelle memorie noftre, d’al- 
tre Idee non riempiono tutt’hora le loro 
carte, che di fconce deferittioni, ed inue- 
rifimili euenti . 

Chi dice, che frà’l Popolo dell’herbei 
Fiori fon Confoli,che gli Dei,pec vedere, 
e non efser villi, s’affacciano à i forami de 
le Stelle, come i buchi di Gelofia celeftc. 
Che il Mare è temperato deli’amorofe 
lagrime, perche in lui la Dea de gli Amo»- 
ri hà barcheggiantc la Cuna . Chi Ag- 
giunge, che lafua Donna è vn'Arcipela- 
go di bellezze Che le Ciglia fon due Na- 
ui Turche , per c’hanno forma di mezo 
Lune, che il Vifo è il Vifir; che gii Sguar- 
di , come turbatori della quiete amorofa 
port anfcco i Tutbanti.Si ponno vdire in 
fentimento di chiili forme più barbare 
ditfinitioni di quelle ? Ma torniamo alle 
loro fpezzaturc . 

h Plutaaco s’ingegnò difenderli, quando 
difse 1* orazione efser come le monete, che 

tanto 



Fa feto S eco rtdo. j 7 1 

tanto più vagliono, quanto in minor ma- 
teria abbracciano gran prezzo: mà non_» 
pensò quel grand'huomo,che le monete , 
c’hanno vn gran valore coftretto,non fa- 
cilmente in corti denari fi cambiano ; ol- 
tre che le moderne pròfe Asiatiche forLj 
come quei danari Alchimiflici di Cara- 
calla, che altro moftrauano di fuori, altro 
rinchiudeuano. 

Sapete com'io chiamerei i loro ftili co . 
ci fi? vdite. Panni d’arazzi piegati, perche 
non vi fi (cerne eftenfionc di Figure ; ma 
direbbe vn altro , ch’è meglio chiamarli 
Stili a mufaico ; perche le parti non foti_j 
commcfle ,e le cógiuntioni non vi fanno 
legatura.Potrebbono diri! ancora. Vediti 
coperti di trine; perche il fondo nò v*ap- 
patifee , nè ui (cerne altro che Punti ; mà 
per cóchiuderccon la miglior diffinitio- 
ne,dirò che loStille sì fattamente concifo 
è vna carne rotta di piccatiglio comoda 
à ma digare, mà non già per diftinguerui 
buona qualità di carne, fé pur non diceflì, 
che per efler trita è buona per chi non hà 
denti da mormorarne 5 ò che più tolto fà 
ftomaco;mentre la fua polpa è sì minuta» 
che par più euacuata, che da aflàggiat fi . 

Egideargo alla vifta d'alcuni matrico- 
lati Ingegni, che giuano rimenando rime 
fuICorfo, fi commoffe anch’egli in tal 
guifa CONTRA I POETASTRI D - 
EPHESO; che non potendo più conte- 
nerne le Cenfurc;prefe così à-dire . 

H 2- Sedi 


3y Googlc 


172 Delle Fra [e berte 

A ÒEcli incommoda P e [fimi Poeta > 
vj cantò Catullo. 

Vari j fono i temperameuti de’noftri Ef- 
fc/ìj verfeggiatori.Alcuni che di Diarrea 
patifeono, vogliono d’Improuifatoriil 
titolo; nè fanno, che Tacque impetuofe-* 
menano arena, ò loti . 

b « — r~inborafxpe ducentos , 

T r t magnum, verfus dittabat jiatjs pe- 
de vnó , 

Cum flueret lutulenti is . ^ 

diflè d’ vno di quelli cotali Horatio . Vii 
certo Crifpino Poeta verbofo sfida Ho- 
ratio , non à far verfi migliori , ma di più 
numero. 

c Detur nobìs locus , bora , 

C uft ode s, vìdeamus 3 vter plus fcrtb ere 
pojfu. 

Cede Horatio alla disfida , ma così rif- 
pondeli . 

d Di benefcceruntdnopis me : quod~ 

que pufilli 

F trt xerunt animar aro, & per pauc a 
loquentis; 

xAttu coclufas hìrcinisfollibus aura s 9 
, Vfque laborames , dumfcrrummol- i 
hatignis , 

V r mauis, imitare . 

La prodezza non gioua,che in faper pré - 
dcr Poccafione, la qual s’offre, e fugge in 
vn punto, nelle Atri la prodezza è cicca, e 
v • man- 


a Cauti, b Hor , c Hor, d Hor. 


Digitized by Google 


Fafcio Secondò ] . 173 
manca di Cenno. La Natura piu tempo 
pone in produrre gli Animali di lunga vi. 
ta,che quelli di corta ; così fa anche nelle 
piante, e però la fra gii Bieta pretto nafee, 

& ildureuole Buffo crefce à lungo tem- 
po. a Citofaciendo non fit 3 vt beneficia- 
musìbenè f adendo fit vt f//ò,dif$e Quin- 
tiliano. 

Nella Poeda, quegli huomini, che fan- 
no poco, amano il molto, benché no buo. 
no, quei che fanno molto, s’appagano del 
poco, pur che non da malo , Nerone, che 
volendo improuifar vna volta , difse_* 
quello fconcio verfo , citato da Perito . 
b T erna Mimalloneis imglerunt cor* 
nua bombi ! . 

Frà le inettiede Tuoi patTatempi,difle Ta- 
cito, e il dilettò anche Timprouifatori , i • 
quali fuppliuano alla parole, da lui prò fe- 
rite, per farne il verfo , 

Sono anche hoggi irà noi alcuni Coc- 
chi Ceruelli,lecui Poefie paiono fchele- 
trijperche non v’c né imagi nc , né polpa. 
Dicono di feguir lo ftilc del Petrarca, ma 
ò non fanno imitarlo, ò non deuono . 

Non fanno imitarlo ,• perche ne pren- 
dono la purità,nó i candori; la naturalo 
l’artificio, la materia, non la forma, & im- 
parano nel fuo palle ggiar poetico l’anda- 
méto de’piedi,nó l'aria del volco.Nò de- 
uono imitarlo , perche la virilità dei no- 
ti 1 ftro ' 

a Quir.t* b Per/, c Tacit, 


Digitized by Googl 



T74 Delle Frascherìe 
ftrofecolo,non più difcepolo in qucll’ar- 
tc , come quello era , appetifee forme più 
maeftofe , e più fcaltre . Se’l Petrarca firà 
noi fi trouaflfe , credetemi , che ò refeche- 
rebbe molto da quelle antiche maniere,b 
ghignerebbe grado , con le inuentioni 
moderne, alla gloria, ch’egli acquiftò fin- 
golarmenteinquel roz^o fecolo con le 
fue ingegnofe colture . Potria dirfi di lui 
quel che Horatio folcila dir di Lucilio . 
a Siforet hoc tioftrumfato delatus in~» 
auttm. 

Detereret fibì multai recider et omne y 
quod ultra 

TerfeElum traheretur. 

E perche rroueria hoggi in comporre af- 
fai maggiore la fatica di quel che fi tro- 
uafle ali’hora, anch’egli . 

b In ver fu f adendo 

S ape caput fc aber et , vtuos & rederet 
vngues . 

In Comma di quelle antiche rozzezze,à 
cui macano delle moderne maniere i cul- 
ti, può dirfi quel che rifpofe ad vn Poetac- 
elo T eoerito, cioè, ch’altro non può pia- 
cere ne’lor verfi , fé non quel che manca. 
Chiamano arditezze le forme noftrc , e-# 
moddtie le loro ; nè s auuedono,che per 
deformità di volto fon forzati à difender 
la purità del loro Hiléq nella guifa , che le 
Donne all’hora fon più honelte , quando 

fon 

a Horst . b florst» 

& 

Digitized by Google 



Fa feto Séco ndo l 175 

fon più deformi*, e però auuiene anche al- 
le loco poede , come à Donne tali , chefe 
fon buone , fon per sè ; fe fon brutte , non 
fon per altri . . : 

Quelle accénate maniere di verfeggia- 
re,profequi impatienteraentc Stampcrme 
come da pochi accettate , s’odòno hoggi 
in poco numero ; mù il ridicolo condite 
nello Itile più praticato de’ moderni, che 
com’herba inutile, va fpótaneamente ger- 
xnoghàdo ogni dì da* ceruelli inculti deli* 
Ada . Scemerò io in gran parte la fatica , 
intraprefa da Egideargodi motteggiarne, 

S On certi Ingegni hoggi fcà noi, che per 
non gir dietro alla maniera de gl’ita- 
liani Poeti, ne’ quali hà grado di eccellen- 
za quelPArte, vogliono in tal guifa colo- 
ro aerei trapaffi precorrerli , che fon for- 
zati i lor metri à diuenir oggetti inuidbili 
delle curiodtà ingegnofe. Affannano tutt’ 
hora le loro poetiche induftrie in ddcrir- 
tioni friuoli,come quei Scultori, che per- 
dono tempo in ifcolpir capeli,à cui fà pe- 
larella il Tempo. 

a circa ludum faber tmuj > 

& vtìgHet 

Exprimet , & molle s imitabitur arej 
capillos, 

Jnfelix opcris fumma , 

Nelle loro publiche radunanze non di 
altro cinguettano,che di minutie: com’e- 

H 4 ran 


Digitizec 


a Hornt • 


>y Google 



Vj6 Delle Frafeherie 
ran quelle, in cui foleua Tiberio efercitac * 
i Grammatici, Qual fu (Te la Madre d'He- 
cuba, e qual nome hebbe Achille, quando 
f(i afcofo inhabitodi Donna, ò pur pati- 
rono di quel morbo, conofciuto ne’ Gre- 
ci da Seneca, ch’era di Capere , a qual nu- 
mero di Remiganti hauefse Vliflfe , e fe-* 
prima fufse fcritta l’Iliade, ò i’Odifl'ea . 

Hanno quelli tali vn Itile così arrifehia- 
to, che fa compaflìoneà vederlo. Paiono 
color o,che sù la corda caminano,fon co- 
tàto nelle arditezze intrepidi, che fànoiii, 
horridic ohi li vede; anzi inducono nello 
fpettatore quella tema , che dourebbono 
hauereflì.Chi amano più mirabili,quelle 
fiacche so manco fperate,e più degno di 
lode quel concetto, ch'è più ardi mentolo. 
Perdo haur ebbe chiamate le lor forme. 

y _ robufh carmini* ojfas 
ò pur detto haurebbe , che 

Scloppo tumidas intendunt rumperc 
buccas . I lor vedi , tra’quali c ne canneti 
quidemfani colori eniiuit , direbbe Pe- 
tronio, hanno più belletti, che be llezzeic 
le parole credute, che vfano,fono oltre la 
conditione humana temerarie: pècche, 6 
fon create, ò rifufeitate ,diceua Lipfìo. d 
Pigmenti qut&runt , & adfcititiosfucos : 
& ab Ennio vfqae , PacCHioqae de /nor- 
ma ver bai fi può dir loro, come dille A- 
pelle ad vn Scolare, c’haucua dipinta He n 

Iena 


a Senec. b Per/, c Petr. <i .. 

Google 


Die 



Fafcio Secondo l 177 
lena più ornata d’oro , che di buon d ife- 
gno,non rapendo ritraerla bella, la facefti 
ricca. I11 fatti le Iòr opre tutte fon parti 
fenza concetto, peli fuor di bilancia,fabri. 
che fenza archipenzolo;e come duTe Ca- 
ligula di Seneca , arena fenza calce. 
Deforme 1 ignoranze di colloro vn_j 
Poeta di moderna Modainvua fin Ot- 
taua quadrimela , e dice così . 

V Na ra^za arcìpaz,z.a in piazffa'gi- 
r a , 

Di (Iralunati Fati, e nati baffi , 
Ch'irne auanti cacanti à tanti afpira : 
E col tetro fuo metro a dietro fiaffì , 
T irar genti f accenti^ utenti ha, mira , 
E fot tirar lor lira ira di ( affi ; ( dutti 
E a Chor,che fuor cali ha d'amor pro- 
li fiton d'vn buon grugnon chiamano 
tutti. . 

Rideuafl apertamente della bislacca-» 
ottaua, quando Egideargo,per terminare 
de’citati Poeti il gi udicio , così ricomin- 
ciò à ragionare. 

Volete vdir delincate per l’appunto le 
turgide ampolle dc’Poeti noftri,& melli- 
tos ycrbomm globulo; , come di quei 
fuoi Scrittori motteggiò Petronio ì nòli 
vifpraccia fentirc quella noua Satiretta 
con tra effi . 

•• l'* f • 

l H 5 IL 


Digitized by Googlc 



17 # 


I L 


«#> 


PE G A S I N O 

SATIRA. 


S Opra il Groppon d’vn finiti Vegafo 
Giu far Paltr'hìer con rim cnate fame 
Certe beflie Poetiche in Parnafo. 

Febo pregai, rise ntaccennaffe, come 
Si chtamauan coflor,ma diffe irato , 
NÒ fai tu, che no bagli j4fini il nome ? 
Sembran quefli 'infornar , c'h abbia. in- 
chinato 

1 1 Capo al rio , eh’ apena poi vi tiene 
L Òbrofo labro fuo Porlo ammollato . 
Neffun di lor ne le Caftalie vene 
. *è tuffato giamaiytnà beuon fola 
Col preputio di u labro in Hippocrene * 
*T fitti in luce di Stampe amanoilvolo > 
Per non parer a l’^Afina fimili , 
Ch'ama negarti faci l' ombre d'tvtu 
fuolo : . 

Fondan i'honor de g ] ’ Hip er baici fidi 
Ne’verft molti, e veramente fuole 
Contar ti pouer huom beflie in ouili . 
Bagnar deira il Rufceili ognvno vuole 
Jjefue rime Stillali, e nel viaggio 
. V Elucidar io fol ferue di fole . 

Vanta lafrafe lor y vantali linguaggio 
Bombardantefragor, turgido bombo, 
Vocifcf^uipcdal, tuoni di Maggio. 

? s’io 


Digitized by Google 


Fafcio Secondo . 179 

S'io chi dm 0 il verfo lor rotto di lembo 9 
Se contro, i piedi fuoi Satire impugno » 

Di quefte in onta miaseto il rimbobo • 

S io dajfe lor per ogni error in pugno > 

Non faprei giudicar, chi flajfe peggio > 

O U ma tdohtafo ilpeflo grugn o (t eggi 0 
Quàdo a qualche Guerrier muonon cor - 
D'armate lodi, insù gli Etherei palchi 
Con traslati cot al fanno vn palleggio . 

Il tuo metto guecrier l’Etra caualchi > 
Nèprouimai, col raggirarfià tondo 
De la Dea Libitinai Catafalchi. 

Se feopia il labro tuo tuon furibondo , 
Terremoto di tema A frica n’habbia ; 

E a’ bronzi tuoi fcrua di palla il Modo. 
Cotonata lia l’Afia , e pien di rabbia 
Frà i fuoi Trionfi i Baiazetto hoftile 
Chiufo ti fegua in Taburlana gabbbia . 
Scorrano l’Arme tue da Battro a Thile; 

£*1 fuo cretofo, ouc approbafèc anténe 
Mandi a Roma à donar fo me di Pile . 
L’Inuentai io de morti in dì {bienne 
Legga tua Fama; efpcnacchiandol’alr. 
Doni à i dottiScrittor mazzi di penne. 

E fe vede, che chiudi i rai vitali » 

Sterpi da sè le piume fue più fine , 

E per la requie tua formi i guanciali . 

Hor non mtrtan coflor Cauoh al ennti 
O dfCauoli almen fuggire i brodi 9 
Fetido honor de le Febee cucine ¥ 

Ad àv dite ancor quefh arrifehiati modi > 
Quando co r l or poetici furori , 

Di Beltà femin il fiupran le lodi . 

H 6 Lat- 

, Digitized by Google 



180 Delle Frafcherie 
^atti rofe bellezze, à i voftri honori 
Sù quefte vie,doueiibel piè feti varca, 
•Poluere ila d’inceneriti cuoci . 

1 bei crini di voi filò la Parca, (c hi 
Di pel di Friflo, ò i voftri crini hà toc- 
Per donarui vn Perù, Frigio Monarca . 
Se battaglia è vn Amor,forz’è che fcocchi 
Fieri colpi di Sagro il guardo voftro, 
Pe rche jpoluer è 1 huóioco i voftr’oc- 
O pur dirò con più lodato inchioftrofchi 
Che del Carro di voi Fetonte Auriga 
Sdrucciola (correrie fui petto no fi co. 
N’andrefte in Ciel sù l’Apollinea biga; 

; Mà farebbe litigi il voftro feno . 

Fra i Tuoi candori, e fra la lattea riga , 
Anzi al voftro apparir tofto fia pieno 
L’inuulncrabil Ciel d alme ammalate > 
E le cure dei Ciel nega vn Galeno, 

Ha tirelle colà sù regie pedate ; 

Mà di voi vergognosa andeia Ciprigna 
Ch’ella à rete rù prefa, e voi pigliate. 
Vdifte vena mai cosi benignai < 

c : E' non dette à co fioro ejfer per meffo 

Nel Permejfo Febeo fc rto di Vigna ? 
Ma giù che i Ver fi lor lodano tlfejfo 
Di Cìtherea rìhabbut tlMarito curai 
E fa foco , e Vulcano oggi vno sleff i* 
Non perche fa Pindarica fattura , 

Ne‘ verf lor: mà perche fono i rei 
Pindari nei morir prouino arfura • 
Qui conch'uidete voi fpirti Febet , 

Che que fi u 4 utor di metriche molefic 
S on bcfìiCida tirar rifa d’Orfei , 
Orfci-da tirar morfi di Beftie. Par- 


by Google 



-Fafcie Secondo, i8l % 
Parile à gli Vditori della Satira,ch’Egi- 
deargo Phaueffe molto bé fonata a iCàco, 
ri Pegaimi ; ond’fiebber tutti vii infolito 
cópiacimento della meritata cenfurajmà 
perche i Soggetti della maldicenzacre- 
fceuanoa! fommo,parédoa ì ‘ Dicitori più 
numerofc le follie humane di queL che iì 
fuflero l’hore,che a raccontarle porgeuaii 
agio jStampermefpiegc) nelle fuedirKni- 
tiue decilìoni i Procefsi vniuerfali delie-» 
moderne (loltitie, e cosiconchiufe . 

S On tanti gli Argomenti per le n olire 
Satire, Amici, che ben pofs io neli’Epi- 
logo d’vna fola relli Igédoli tutti, cóchiu- 
dere quella fera con Horacio quei detto , 

a Huc propfus me, (ne audite, 

Dum doceo mf unire omnes,nos ordi- 
sti la proua di quella Horatiana pro- 
pofìtione hò in mente vna nuoua , e noi 1 
infulfa Satira d'vn Itaiiano Poeta, ma per- 
che l’hora è tarda ; e l 'ombre delia fera c’- 
inuitano à gode quei refrigeri j, che ci nc. 
gò il giorno, vfeiamo alquanto yctfo li-* 
(piaggia del Mare; che fc la memoria non 
mi manca, farcouuene vna ridicola nac- ' 
ratiua incarnino 

Vfcì con la Brigata Stamperme, & a-» 
pena della fua Magione era fuori, che Idi- 
molato al racconto della promdfa Sati- 
ra , ne fè collo a piano paflo vn diftefò 
fpiegamento di tal tenore. 

' * LA 


a Horar, 


Digitized by Google 


L A 


PAZZI 

SATIRA. 


* r t Ve proprius me , dum doceo it> 
JTjL fanire, 

Qmnes,mondani Popoli vi chiamo 9 
Cdtògià in Roma vn Sonator di Lire 
Che tutti h abbia delpazjLO trovo Tirante 
Catarvò ach'io su la F olita nsodana* 


State attenti^ ignorile in cominciamo. 
Canterò d*vno ftuolch’a la fiumana (zÀ 
Crede ddar in Cefena , e par cheguaz. . 
Del Frigio Gallo etro correte infanti, 
puta dal* ÉftroInacbio,alz,a fchiamazjLt 
Mufaàn c arar pazzie che he cotti ene 
Furor di vena etro il furor de ’ P a^zà» 
Sian de’fufh d'Antictra ripiene 
Spettai Botteghe 9 e Adachaone dia 
Con gli Ellebori fuoi purga ale vene • 
Com* appunto fen vagente per via, (firn. 
Chi sùycht giughi va a fìniftr*> o a de - 
Cesi ne'morbifuoi varia e pazzia . 

; Jiltro è paTffo in Cortile.altri in fineflra 

C hi per anguSti vicoli p perdei 
Chi s'impantana in sii la via maeftra. 
Molti rami à Pazzia ,fuo tronco verde 
H a frutti stima non maturan mai : 
■Ne per freddo So calor la foglia perde • 

Nc 


717" F afe io Se tondo . 

N V 7 *7 , f? r Vf' a j””* 1 Gtrman Ferrai 

Ne la fra si Jndun tanta copia Hanno 
Remora de' Natura Baccalà! . ^ 
Quante carchi difeso rozjut panno r: 

FutrA IV He mer 'ZS“>< ‘ »' Infera 

Adatto af! T W Vlndi * delU„„,. 

M Ma y um ‘f™ 'Matto a la etra : 1 
Ma quanti ejfer dicean Bclltroftmt , 

jSèff U “h hr tutta è CbiJcra l 
De l haitiane ftelteZz.e il primo Fonte 

' p°fVj '“’V^Vamia, con l’mdouwa 
aeodia di Caffandra,altrui raccote. 
JVeflar a dir, eh ad ejfer matto inclina 

cÉr’V '■ perC r e c ‘ff cu fi£ l, ° è del Sole 
C’ha l origini fue da vna Mattina. 

•rfltiojaper, ch’eqniuoct vi vuole , 

• ^megnotuo^h anco ne’Ctel penetra 

■ n T l” ^«dfta Ragion tolta a le Scole 

D 'FU f dÌ°ir-^ Sl V ,0 ‘ ,che Geometra, 
tu del f ago humanato,e a dargli vita 
F e de f natio colorano ne f Etra 

T,r mJr <r r * * nCor ’ ch ' a f‘nno vnita, 

FitonfT C ° mU r” ^‘SS>a , 
vji j / *f* m J!** fi» r°p™ fornita , 
Far vuole vn R e , che di ragù U Reggia 

Qtidifi Bruto abbandonile con rapine 
à egreto appaia ingoiator dì Gregei* 

£ vicino a rouilej cui ferine, 

' L, orme t aiuoli a vn Licaone imprime 

Far 

p j f vn buo,che c on dentate rime. 
Perche dorme u p a fi orJatrA À chi f Hra 

d ac cono fri in gl* empiti ef prime : 

Far 

Digìtized by Google 



Delle Frafcherie 

Far vuole vn huom, che libertà rio cur a 
B ench’a giogo feruil trouifi auuinto , 

‘ E daToro arator flemme procura. 
Far vuole vn Huo,che per Cugino efttto 
Sul c adatterò d'or faccia vn M ace Ilo 
E da Coruo Nerort copia vn ifhnto . 
Far vuole vn Huom diflupido c crucilo. 
Che di Scettro Bafion nato e Paffallo, 
E d'sifinwa Idea (lampa il modello . 

F ar vuole vn Huom,che perfoaue fallo 
Corteggia i rai d'u mercenario Ciglio , 
EH cor gli dà d 'effeminato G allo . 
far vuole u Huo,cW a u minimo bisbiglio 
Fàde latemafuafprone al calcagno, 
E la vii codardia toglie al Coniglio . 
far vuole u Huo,che per tirar guadagno 
Speffo dal nafo fuo mofche fi ( caccia , 
E gl'imprimé in natura arte di Ragno 
Supporlo homai,che be filale tr accia 
Segua chi nafceàn prona mia rifpodo , 
Che cht beftta imuo,matto fi fpaccia . 

\ jtdomero anch'ei fiefe da l'alto al fondo 
Catena mdijfolubile, e fatale. 

Perche mena catena u. matto Afondo 
O vecchio e il Aiodofo infirmila l' affale. 
Se vecchio egli e,qual rìbàbito e ì(ano 
Se infermo egli e >fà delirarlo il male . 
E verghe ale ti di quefla infama e fano > 
Afà è fol Celui t ne la cui fiat uà u Gioui 
Die con lo fpirto fuo l'vltima mano . 
f, 'he s'apenapotean di fauie proue 
Sette in Grecia vantar fi, im agitiate , 
Quati s v dia fciocchiMargiti altro ne 

Ma 


Digitized by Google 



,, Fafcio Seconda. iSjl 
JM a già ch'io vi contai le più prosate 
Ragione haue ff e mai Se col ve tutto, ' 
Di nuoue tefìe homai te/lì rejfate . 
Doue nacque Pazzìa, nonfisàgiuflo , 
J\da benché fi a d'origine ferina , 
Molte Citta d'efferle Patria bagttflo l 
JMoltejur quelle ancoraché a la diuina 
Mnf a del G ree 0 Horner patria fi fero 
£ tutte in litigar giro in mina . 

£ perche nel poetico mejiiero 

Senno non e fenna pa^ia , ch'ancora 
Non è fenza bugia Poeta veto. 
Racconta vn certo Autor d' arte canora. 
Che la P azjzja\C 07 ft' a vnaSauia auuetic 
DalVetre di vna T * e [la e vfeitafuora 
JNarr a Co fui, che la pazzia fen venne 
Di vna Dona tbalia,Corte chiamata 
Che in ojficio di Balia la mantenne % • 
S oggiunge poi, che la Pazxàa [innata 
Dal Capo di vn Poeta sì mefehino , 

Ch a pena hauea dvno Spedai l'etrata 
Qfì manca il T etto intiero del Ldbino 5 
Pero ch'va certo Sorcio maledetto 
F ece il vero carettere tofino 
In quefto F oglio [t Ugge imperfetto 
V n nome d’ Ale JJandra,e f e rio sbaglia 
Dice,A!efsddra a lui die Cafa,e leito 
Mapar,ch'u altro Interprete preuagha, 
E per lacafa,e letto del Poeta 
Intenda vn Aleffandria de la Paglia 
Qui comprender fi può , perc'han moneta 
Pia de' P oetii PaXjfii) e perche refi 
Fra Poeta, e Pazzia vario il Pianeta, 

Eqn) 


Digitized by Google 


l$6 Delle Frafcherie 
£ qui concludali de* moderni i T etti 3 
Che mancano ài Poeti i Mecenati, ^ 
Ma non mancano i Piladi à gli Orcfti , 
Narra vn dotta pero, fra i più lodati » 

Che la primaPazzia nacque da* Numi 
Ter che fatuo in latin nome ha da* Fati, 
Febo fi* il primo pafi^o egli i cottami 
Aiottrb primier d’infuriato Am atei 
Quando in Dafne corriui hebbe i'fuoi 
lumi . n 

Dopo il diluuio il Sol le pazzie piante 
JUtoucr s’vdi,perc*hauead’oro il raggio 
Air atto altier d'vnfeminil fembiante » 
Così d*Amor dentro ilfocofo oltraggio 
Fi * la prima fio ltezza 3 e’l Sol che crea 
NT acce f e poi tutto V bum anlegn aggio* * 
Da la prima Follìa^ qual da vna Idea , 
Nacquer ne l*huom molti infenfati 
ittintìy 

Che non van le Pazzie tutte a liurea l 
Da radice cotal nacquer dtfiìnti 
N el tronco d'vn ceruel rami di mali % 
Ai orbi , vfanz.e 3 dehtti, e l aber in ti. 

Ter accennar le pazze Vfanz^e , e quali 
Più ridicole mai s’vdir di quelle 
Nate per non m or ir ,w ance natali? 
Sorelle fon di Saturnali fefie 3 ( Quirino 
Ch’anco in Decembre il Popol di 
S erue de* piedi fuoifacea le tefte. 

A le mance volgar 3 dtJfe vn Latino » 

Die norme vn Huom , che in maneg- 
giar l’Impero 

Di Roma 3 riufcì molto mancino. 

Que- 



' Fafcio Seconda. i&7 
a Qutfli Ài Roma quafirtouel Staffierij 
Ordino che le mance , e ne fe bando , 
Gliportaffer de l'Anno il dì primiero , 
S*e conuertito poi l'vfoin comando ) 
pero vediamo i Natalitij argenti 
Ne le nuoue Calende andar calando 
Jldàfe i grandi pittati, haucan prefenti, 

.. Hoggi turba feruti ne far apine » 

Sì nel mar Cortegiangirano i Venti, 
Come le Netti che su cime alpine ^ 
Da nube di Gennar [caricai* Anno, 
Su le ba[fe Valee / corrono alfine • 
Così l'alt e venture hoggi fi danno , 
Eminente Padron pria le poflìede* 

Poi sù feccia di mertì àpojar vanno . 
Vna volt a vn Signor à vn Pal^zo diede 
Certa vntione odorifera datefta; 

E'I pazzo humortofio fe nufeil piede,' 
Perche , diceaje nei capelli ho quefia 
Vattod'odor và in stufe a baffo mvnto 
S'erge al nafo il Profumo : e al pie mi 
refi a. 

Così diro di quede mance appunto , 

So fatte al capo, e ver 3 ma il fiato loro. 
Sul nafo dà perche pedeftri ha Cvnto 
Ecco vn altra Pazzia , c’hoggi e Decoro 
Chifà il meflier de la Segretaria 
Dà buone Fette altr ui col fuo lauoro • 
Dona quelle he non h à per cor te fin , 

Fà corti finger ejfer importuno > 

£ prono fttea altrui. .per dir bugia. 

Di 


Digitized b 


a Suet. 


>y Google 



i88 Delle Frascherie 
Di tutti i ben fa pieni i voti ad vno * 
Mentre il mefehin di fimili preferiti 
Pìu del voto Signor fempr'e digiuno . 
Fa la rime fa di mille contenti , 

Quafifuffer le Stelle , vn matto dijfe , 
Delgrd baco del Ciel "Zecchini ardeti 
JZ perch'a forza i vanì auguri fcriffe, 
Fede non f "riffe mai,pari al de fio , 

Ma profeto quel ben, che maledice, 
Fcco u altra fciocchezzau Padre fi Zio 
Mi muore, e vuol l'vsaz.* delle Corti, 
Ch'io vetta di Cottone il dolor mio . 
Vorrei faper, perche conuìen, eh e porti 
Veflimento da Morte vn viuo herede. 
Se fi Spogliar la viua vefle i Morti ? 

'E già che il Morto i beni f eoi mi cede » 
Perche dee fcorrucciarfi il mioytftire 
Se cagiori d'allegrezze altri mi dtedeì 
E perche deggio in Sacrificio offrire 
JL,a comprata baietta ad huo che mora 
Mentre so, che non e baia il morire ? 
Dirammi alcun , che copra tal s'honora 
ha perdita del fangue>e non pon mete , 
Che i miei denar f ono il mio sàgue dco 
La maggior parte de 1 humana gente (r a. 
Più lagrima le fpefe,che la morte, 

E perduto denar più che parente . 

Ma vdite vna paffuta di vn altra f orte 
Con fognar al Barbier mento barbato , 
Per comparir^qual Galcottojn Corte . 
ha Natura col pel fenno ci badato’, 

E par che T tìuom Sbarba/; quereli \ 
Qua fi hgra Bzcbarifmo m lui fia nato , 

Fu - 



F afe io Secondo] 
a Furono già fotte gl' Aufonij Cieli 
T recent' anni le Barbe, e finalmente 
Venne Sicilia amuouer guerra a peli. 
Per guadagnar denari , acciar radente 
La Sicilia porto\che tanto e dire , 
Bufcar donar ,come [pelar la gente] 
Benché jon barba il Becco hoggi fi mire » 
No mi dite, che pojjàn gli ammogliati. 
Se gran barba han fui mento , honor 
mentire. , * 

Perch'io diro , ebefenza barba nati 

50 anco i Becchi, anzi i babinC aproni 
Nafcon prima c$rnuti,epoi barbati . 

Dite pur cb'e pazzia farfi Garzoni 
; Non d' e tà,nt a di peli , e doppio danno 
Pagar Barbierie far di Lana i doni • 
Viuon meglio le Pecore, cb'ogn'anno 
Solo in Calende tepide fon tofe’, 

E per premio al Barbier la lana daino 
Si potrebbon portar barbe pelo f e ; 

Ma da'Cenfor fi cjoìamertano ofeene , 
Già che fra i pel so le V ir gogne afeofe . 
Selim lmperator dicea . Fobene 
A portar fra i Miniflri il meto rafo » 
Per eh' altri per la barba.non mi mene 
E pur hoggi fra noi viuono a caf 7 

51 polite politiche , che ancora 
Chi non ha barba , menafipel naf 7 ] 

Vna certa Pazzia Nafi innamora, fitto 
Che nome hà di tabacco, e a mio giudi 
Giada l'vrna dei mal trajfe P adora. 

E me - 


Digitized by Google 



i$p Delle Fraf cherie 

E 'medicinale non fa mai f eruitio , 

Nofà fintino ,e a chi U piglia e grata. 
Grata è per vfi vfafiper vitio . 

A lordar Nafih e f aglietti e nata , 
f ero [cerner non so fe piu commne 
A iNafi, o ai favole tti vna bucata . 
Conte infuolpoluerofo ondofe vene 
Piouon dai del ,cost dal nafo efclufa 
- Snlapoluere fu a la pioggia viene • 

S*a [grattar ilceruello vn buotno l'vfa. 
Ragione non haurà > mentre fi lagna* * 

Chefeggier di cerne Ilo altri l'accuf a . 
lepre éola vn humor,cheil labro bagna; 
Ond'io no so, fi magnilo cachi il Nafo, 

O faccia colano» Nafo, che magna . 

Ècco vn altro m orbiti ,ch'efce dal vafo, 

*Vt fon certi h oggi dii ,v aghi di Nuoue , 

Che de le cofe altrui f ano vn gra cafo, 
Sentir v or ri un vittoriofe proue 
- In chi non vfa lor mai cortefia, 

E in chi non l'odia mauperdite nuoue. 
Mai non vider Monarchi , e benché fia 
Da (cono [cinti Principi negletta , 

Li regalano ogn'hor di {impana. 

Quàdo giunge tlCorrier vede fi in fretta 
A bocca aperta vnfluffo di perfine , 
Correr quafi G adotti a la G aletta 
Se la nuoua è conforme a l'tntentionc, 
Crefcendù il polfo a le littorie fiacche 
D'vna Chiauica fanno vn T orrione , 
Altre verrà con le fue Nuoue Br acche , 
Che'l Al arefciallo a prefe mille picche 
. Cofei C omettevo Cor nocche Pam acche. 

M- ' 


Digitized by Google 



- ... , ^ a[c io Secondo . r$r 

dir a f he il Duca d’Ottericche 
Ha rotti t Fami , * /* Caualltria 
Col Camo la cap^a.che limpkckt 
SejuJJe venta tanta bugia ' 

Sarebbe ne Bragbier la c /eretti* . 
Ma fa per forte e ,nfa u fi a la Monella , 
Quel Poet a famigliano romito , 

C ha robbam eapo,e vota la [carrella 
Meritanmuinfamrna Ubo, farmi. 
Che ad Ohdogtadte Majlro Torquato 
O non vift°, 0 mal noto.ò mal gradito. 
Chifimofìra amater £ altri, o [degnato 
Senza ragione e matto , e molto più 

ti i o?f d> Ffra,chC' d Huosefo impattato 
Jl Politic o e come la Firtu } 

Chef* ’.condo il parer d'vn huomo , che 

vPù dM ‘ Ct ^i ’ c " nl , rar ‘ e fatta fa . (sà, 
rerbtgratta la Liberalità, 1 

Che piu non e’vfa al mondo d'hoggidt, 

„ Fr *!° Spilorcio, c'I Prodigo fi fa. 

Il polttu o ancor fatto è così fa J 

PfaÀdue contrari il Genio fuo di farete 

F a fi mtrabil mente vn terzo chi . 

Vnefempto vo dar, benché faceto, 

• l vÌÌ'rAv tm Ci ] ia t [ em t** n** 

r Fìii l tordo, e l far io fa Aceto ; 

E pur fi vede, eh' a la mefaolata 

D fa V*fa humor,che mai no fono vniti 
J:??c, ‘de /Itali* flnf alita . 

Magia che *dtr d'altri, cero ella rtt il ra 

^h!tiÌi r 1> Kp0 fa ffehi vcrbl ‘0 "ur, 

L infinite Pazzie ncglia&niti . 

Sen - 


Digitized by Google 



102 Delle Frafeherte 

Setirgr a freddo^ sberrett are vn Carro 
Di Caualier , che paffanoper vta > 

■ E pigliar per creala vn buo cattarne. 
Nel zir per firada, pretender ch'io dia 
Precedenza di Aduro a le perfine , 
Mentre d'altri la Cafa,c non la mia. 
Ne ponderar , che quefia conditone 
Di prefi muro il Paffaggierno merta 
Mentre dintorno , cheptjcia, epreten- 


(ione . » /r 

Non e (Ter noto ,& anhelarl offerta 
. D'vn Signor Illuftnflìmo fui Piego ; 

E'I Titolo voler , su la coperta . 

Farei dijhntion [opra il fu (fi ego , ^ 

v Coperta ÀvnP^iZo, concedo , avn 
ofeuro , 

jt fognar muM&mo lo nego . 

SenZa maiftudiar tempo futuro 

Goder tempo prefinte, e folo amare - 
< Con Poptatiuo i modi d' Epicuro, 
fra /‘infinito al verbo conjumare, 

E non faper^be fi Declina il mondo, 

.. Quddo non v'e da ber,ne da magnare 
Tutto batter ne* piacer l'animo tmmodo: 
Ne ponderar , che in dolce humor di 

> letama 

S'attinge vn dito, e non fi tuff a al f odo. 

Emular per honor Cabbaio infame -i 

. . Entro vn luffoghiotto,ch'oro difperde 
Nel gusto altier d' ambinola fame. 
Ne (aper,ch* ogni cibo ai fin fi perde ■ ■ 

\\ Dentro i Letami;* s'hà da Rege tfajth 

Il Rege e quel,chefichtamauabmaac 

Da- 


Dìgitized by Googlé 



• Fafcìo Secondi 1 . j 91 
Dare a lafamefua far didi pafli : 

Per non far col rumor d y vn p agame to 
A M oneta , che dorme , i fonniguaftì . 
cr e fccr guadagnile hauer canuto il tneto 
Qual Peltegrin y cbe sii la meta voglia 
Proueder di viatici il momento . 

In volontario laccio Huom » che s'am- 
moglia , 

Imprigionar la liberi ode; e far e 
Di C oforte Galeaf chiana vna voglia 
Aiotar Pegafovn Huo 3 cbe maneggiare 
Non sa la briglia : e creder fra i Poeti 
Gir in Parnaf o:e poi per nafo andare» 
Con fumar di fua vita i giorni lieti 
Fra le guerre amorofe , e hauer fepolti 
In T romba f e minti tutti i fegreti . 
Spender tempo>cerucllo,e foldi molti 
Di meretrici Arpie dietro gli amori , 
Cha mani occhiute acciceati i voL 
Con affetti affettati hauer h umori (ti. 

D'iuaghirD ame\e 7 far daGanimede 
Puzzar d'Hkcaniatchaucr d'Arabia 
odori . 

Hauer gran Libreriajie porui piede 
Per rtuederui a fuo profitto vn foglio ; 
Come quelle* ha la Gobba^e no la vede 
Comprar fperaz.e a prez.z.o di cordoglio: 
P ere h'h abbia poi trai Cortigiani af- 
fronti 

Imbarcata Ambitione vrti di Scoglio 
Meno Pigmeo , che mgrd fortuna moti > 
Andar fuperbo, e no faper che i Nani 
Non ponno effer Giganti fopra i Moti 

I Ha- 


Digitized by Google 



194 Dolio Frafcherie 
Hauer Seneca tutto per le mani t 
- 'Ne faper poi,quddo vna lingua abbaia 
Che morde n folglifconofciuti i C ani - 
Certe parole di tela C ambrata 
. Moftrarnc le promejfe, e toflo vario 
Far opre di Puzzol ,voci di Baia. - 
Cinque offici) voler per vn fai ario ; 

F per veflìr la pelle d vn P adronc j 
Starfi disbumanato vn S cgretario. 
Bandir fiafco da menf a* e a dtfcrettione 
Star d’vn Coppier fiematico , e volere 

Patir di fete per riputatone . t (re. 

Ma fon pur pazx. o anch'io, meglio e tace 
Par ap poco del molto e vna follia; 1 

f . E f capi human fon di follie miniere. 
Fra le Turbe ebep affano per via, * 
Foche danno h oggidì faggio di fagge, 

E chi fa daSznnucio,hoggi e Mattia . 

O fortunate voi F ere feluagge. 

Chef otto i Padiglioni de le S te Ile 
Premetti Mat araldi de le piagge. 
Tei fortunate Pecore, & Ugnelle, 
Senna che la mifura vi pigliate, 
Nafcete con le gonne de la pelle • 

Sei del vi guardi d'ejfer [corticate , 
Ditemi in certefia,s'E[opo vuole , (te? 
■ Qual perdita è cagion, che guadagna- 

Chi non vifàfegutr dogmi ^f cole ’. 

O shl di Corteft chi fu m voi cugtont. 
Che cCtrrar,dipenar cor non fi duole f 
Chi vhà le nata tanta foggettione 
• D'aprir lo Scatolin de le Creanze f 
Buó dì^uon*anno,e feruitor Padrone. 
‘ ì Chi 


Digitized by Google 


Fafcio Secondo . 19 $ 

' Chi vi dono fra le Cittadinanze, 
la barba di tanti Galatei 
Il paffaporto de le petulanze ? 

E chi dieuui licenza^ Bruti miei. 

Che per la via,qùdndo vi vien il hello , 
Senza tantjeicrewze ognvtto crei ? 
Sbjche voi mi direte : e queflo,e quello : 
Ma vi so dir , che'l voftro heneftf&t 
• - Eia bella penuria del cerne Ito v •* 

Che de l’Kuonj criminal Fifco è il Giudi- 
tio. ' 

Qui prorompendo in ftraboccheuolc 
rifo gli Amici , concordemente da Stana- 
perme fi fepararono ; eciafcuno di loro 
incamminoflì jn vn tratto dalla fua non % 
lontana Magione à i ncoueri . 

^ ^ ♦ ' * . , » 

^ V * i ' • * . . . * 

w i 

Fine del Secondo Fafcio . 

- * » • . i 



Digitized by Google 





delle 

FRASCHERIE 

^ S C IO T E R z o. 

; N Italiano Poeta foprano- 
mato Telcdapo ; bramofo 
di vagar da Vlifsepcr me- 
glio vcrfeggiar da nome- 
rò , haueua dopò il Romi- 
taggio di tre anni, fatto ri- 
torno in EfFefo,oue per lo fpatio di molti 
altri precor fi nell'hofpitio dell’humanif- 
fimoEgideargoviuutòs’era. 

S’imbarcò da vn Italico lido Tclcda- 
po; c come riferto haueua,per rimbocca- 
tura dell’Adriatico Ceno approdò di Cor- 
fù alle (piagge , Quiui giunto , volle of- 
feruare i fiti , oue patì naufragi Vili se 
oue hcbbegli horti il Rè Pheaco , c tolto 
valicò verfo Epiro , paefe de decantati 
Molofli , c c’hebbe dc‘ genero fi Caualli la 
Palma. Quindi curiofo di veder gl'anda- 
mcnti della Macedonica Corte peregri- 
nò à quella volta , e peruenuto à Saloni- 
-j /.?" - ' chi, 


F * feto T trzjo l 197 

chi, vi dimorò vn°ran tempo. Màpoi 
de* corrotti coftumi della medefima nati- 
feato,fe nè calò in Thefsaglia, vago di ve* 
demi il porto dc'Pharfalici Campi, in cui 
tuonarono i fulmini delle due Romane 
battaglie ; e di vagheggia™ i’ctiandio Fa- 
mene riuc di Pcneo, la cui figlia , direbbe 
vn Romanziero , pame in quei primi fe* 
coli vn* Aurora , nel precorrere con la Tua 
fuga Forme feguaci d’vn Sole . Al fine sò i 
lidi d' Armiro imbarcatoli, fe ne venne ra. 
dendo di Negroponte leriue, e ne*confi- 
ni dclHfola adocchiate le cime del Ca- 
phareo moute, rammentoflì delle fiaccola 
di Nauplo, che fù già vn inildiofo Faro al 
naufragio dell'armata Greca. Quindi poi 
trafeorfo FEgeo^e penetrato il mare , che 
dal temerario Icaro hebbe il nome , ap« 
prodò alle piagge di Effefo . 

Era Teledapo vn huomo d’amenilfitna 
letteratura, e vago non meno di veder 
mondo, che di profittarli vagando . Per- 
che haueua vna verfatile natura, nell’ade- 
rire à i genij di chiunque praticauà feco , 
folca dire, che gli huomini di Mercuriale 
eloquenza dotati, doueano rafsomigliar- 
fi alFHermafcodito Pianeta di Mercurio, 
che come gli Aftrologi difsero, è co’buo- 
ni buono, cattino co’ cattiui'. 

Non fomigliaua già coftui ad alcuni 
fuagati Scioperoni dltalia , che dopo ha. 
uer T auerne, e Città varie trafcorfe,altra 
curioUtà uon riportano in Patria, che la«# 

I 3 no- 



195 Delle Fraf cherie 

n ot iti adi, quei luoghi , it^eui goderono 
con pari delettatione,ò buoni vini, ò ma- 
le femine . Nè iimile poteua diri! à qu^l 
tale, che dopo hauer hauuto grand’agio 
di veder marauiglic in vna Città di mira- 
coli 9 in vii miracolo delle (pitta , fatto fi- 
nalmente ritorno àfua Patria , altro non 
portò di nuouo,che k copia d’vn Madri- 
gale , che trouò col carbone delineato lui 
tnuro di vna montuofa Tauerna , mentre 
forfè il Compofitore del mede fimo s’ab- 
battè a pattar di là sù in tempo d’ vna fol- 
ta nebbia. Il Madrigale , fe mal non mi 
rammento, tal’è. 

S apete T Ser Chriflofàno > 

Perche de l’alto monte , 

Chiamato il Re di Cofano', ;>.• 

- Spej]o nebbia fumo fa arma lafronttf 
Lacaufa e.manifefta 9 ■ ■ 

Chifiàsìilegrande'^Cì ha fumo iti 
, t e si a . w . ■ - v • 

La vlftadi Teledapo fù grata cosi ad * 
Egideargo, che nella fua Cafa d’Effefo at- 
tendeualo,come à Rorazalfe, che l’haue- 
ua nel fuo Italiano hofpitio fraternamen» ^ 
te raccolto vn gran tempo . Profeftaua^* 
Teledapo vn rifpettofo, & immutabile 
genio verfo la Virtù di Stampermej onde 
■anch’egli trasferitoli itvvnp di, quei gior- 
ni alla Cafa, oue gii amici fi conueniuano 
diè materia d’intraprendere fopra le fue 
trafeorfeagitationi vari) ragionamenti . 

Era gli altri la relatione ch’ei diede , non 

t * atiA 


Digitized by Google 



Fa feto T erz v. C » i 99 

meno delle vedute nouità* che de i pto* 
nati difagi, fufeitò iii commuae yixquefi- 
Codi tal tenore . S’ERA VTIXJRÌL PE- 
REGRINARE, O NO'* c tvv 
, Rorazalfe,che ^dimora toelJW&tr iau 
difendeua , cofttrail parere di Tclcdapp , 
che il contrariofentiua* efpofe 1 fuoi elo- 
quenti fillogifmi in talguifa . 5 . - . 
a Quid breuifortes iaculamur atto 
Multa f quid terras alia r nhnttt •: , 
Sole mutar» us , patria quiexul 
« Se quoque fugitì ;n ' - •" :r ■ . , ‘ 

cantò il Lirico;. . '• a.< ; , * , 

Bramano di gir vagando? i mortaIi;nè Ci 
auuedono , eh 'anzi d’cfporfi ad vn finito 
pcregrinaggio , infinitamente peregrina- 
no . Il desiderio , che folo fi pafeedi quel 
che mancali , non è a Uro in noi , ch*vn_» 
viaggio lenza termine ; onde i pensieri 
humani affai più fremono di quei mari , 
che di valicare s'anhelmo.bSc andit ara* 
tasvitiofanauescurafoggiunfcHovatio. 

Che gioua all’huomo da 1 * vn Clima al- 
l’altro la fuga,fe il defiderio, che l’accom- 
pagna, non è vehicolo, da alleuiare alle^ 
-Tue agitationi à noia; ma vjia Sarcina, che 
quanto più il graua, più veloce lo fprona, 
più curioforinoltra ? S’ama egli da pun- 
golo sì importuno liberarli, non fa di me- 
ftieri,che altroue Ea;ma vn altro, c Nttf- 
quam efrqui vbiqueefi. L’aiiinenza dVn 

I 4 mul- 



1 


àoó Dille fraf cherie 

multiplicc defiderio è così falute dVna-. 
volontà inferma, come a fajhdientts fio- 
■ machi efi multa deguflare , - qua vbt va- 
ria Cunt , & diuerfa co inquinati^ non a- 
lunt. I mentali, e corporali efercitij fono, 
è vero, le armature d’vn Huomo contrae 
colpi deirignoranza,e del Morbo; ma nel 
diftretto d’ vna Patria nó manca fuolo da 
feorrcre per la digeftiua de’praui humorj, 
non mancano motiui ad vn’anima , che 
immobilmente contemplando s’inalza . # 
Qual maggior marauiglia potrà mai 
veder altroue vn curiofo peregrino , che 
tràlefeffured’vn domcftico pauimento 
l’opere d* vna indù ftriofa F ormica? Que- 
lla , che può dirli con Horatio bexem- 
plum magni laboris » & non incauta fu- 
r«ri,trafcinafeco infaticabilmente quelle 
parte di riunita mefle , che pur fono mag - 
ciori del fuo tutto .Fatta in vn tempo Ar- 
chitettrice, & Economa, forma del fuo 
granaio la caua;e quiui raccolte à fuo prò 
fé raccolte altrui , ne rà conferua al futu- 
ro ; Mentre c turbano i rigori d Aquario 
il nuou’Anno, d ò raggio di vecchia Lu- 
na non riluce , contra 1 vfó de i non fatia- 
bili Auari , cdfeiido dall’inueftigar pre- 
bende , s’intana ; ècoiil'efca che dinanzi 
curtodita haueua>fcal crameme nutricali # 
. Erga gli occhi il cuiiofaai tetto di ru- 
nico T ugurio, e vedrà marauiglie , che-/ 
. ‘ fan- 

a Se», b f$«r. c Hor . d Blina a . » 


Digitized by Coogle 


• TdfbhTtrtfi\ # zo? 
Canno tacere i miracoli de’ fuoi Obclifchi 
ad vna Menfi . Qual mendico vfato à li* 
mofinar cantando, con preci di cantilene 
la Rondine chiede fui mattino nell’eftre- 
ma tegola d’ vna grand’aial'adito ad vna 
cella hofpicale.Quiui introdottali, confe- 
gna airarbitrio delle humane domefti. 
chezze il pentimento delle fue ritrolk-# 
ftraniere.Pofca fenza arehipenzolo edifi- 
cando , e fofpcndendo fenza puntelli vna 
mole , che fembra hauer l’aria per fonda - 
mento, forma col roftro alla fua volubile 
poderità la fermezza d’vn penfile , ma_» 
penfato edificio. Hor non fon quelli al 
curiofo inueftigatore argométi baftcuoli 
per filosofar della Natura,e del Ciclo ? 

Che rilieuaà noi il vagare , per hauer 
notitie ; fe le carte più ne infegnano in vii 
giorno, che il Peregrinato in vii annoran- 
zi il Peregrinagpio d’vn giorno vietai 
fpeflo la lettura m quelle cofc, che bada-* 
no a difciplinar per anni. L’inu etti gare 
quel che gli Autori feriffero, s’èvcro, è 
fu per fi uo; s’è fallo, è ridicolo • Che va»* 
taggioè à noi ilriconofcere, 4 fe il Nilo 
nelPcdiuo eferemento fi gonfi ,fc il Tigri 
fotterraneo fen palli, e poi in cdrema am- 
piezza fi dilani; fc il Meandro cÓfrcque- 
ti tortuofità s’implichi ? Che profitta a 
gli humani Ingegni il prouare, b fe l’aria 
della Regione Attica è buona à formar 

I 5 ta- 


a Sente, b ti ut. 



202 Delle Ftafchcfie 
talenti ingegno#; efe’l a craflbaetfi éi 
Boetia fà fiolidi .* e* per non tedi 3 rui con 
le credute relationi degli Autori 5 che im- 
porta à noi rinueftigare,s’èf 3 uolofo ò nò 
b cheappreflò il Fiume Indo Fano collo- 
cati due Monti, in vno de’quali , perche 
hà coftume di rigettar il ferro , è neceflà- 
rio, che ferrati deflr ieri velocemente tra- 
feorrano : e nell’altro , perc’hà natura di 
trarlo à sè , è fòrza che immobilmente fi 
frenino . Vergógnofa curroFtàfù di co- 
lui, à cui , cauàlcando per quello Monte, 
fù necefi'ario ò il correre , per riferir no- 
uella così leggiera, ò’I difeendere , per ri- 
portar auuifo così pedeflrre \-aì ni» 

Qual bene può rrarfi tifai, del Pcregri* 
naggio/e leperegrinate cofe infeguaronò 
AUi$ a’ mortali l r„ ’-t 

cPrim* peregrino: ob.fcena pecunia mo* 
v..: Tjei • . c \*«f ii\ .i 1 : 

- Inutili: ->& turpi fregerut facuU lux* 
z Diuitia molle: : •"* d* 


JuiTùrae, & a' condimenti delle Golegl’a- 
iòmati.ìFrigi co’ ricami, gli Attalici con 
k tefiura d’oro , i Babilonici con la colo- 
fata Sidone con j’oftro,il Perù co Rubini 
il Golfo Perficocoii le Perle, fomentaró- 
luote vanirà» e ^alterigie. .Fin Palamede 



a Home, b Pii», c licun, :>•«' , 


cantò il Satirico* ■ ; il ’ • !.. bijp 

- 4 . !Da i Pirenei peregr ino à l’ AuaritieRo#- 
mane l’oro da l’Indie à aFincentmi delle 



t*. f.àfbioT erzé\ lo} 

non hauria cèda apprefo il mòdo *di meri 
ter in ordinanze defchicre , & additatolo 
à noi , per porre m di lordine il mondo, (c 
le Grù non peregrinauano in ànla 

Prima che Roma dàlPinfluflò dclle_» 
Greche Barioni s’efFcminaffe,fi-i Republi- 
ca in Gretia,che per non far contagio tra' 
/noi de gli (trameri cóftumi , ò perche il 
curiofoifuoifcgretinon inueftigafle-» , 
vietò il percgrinaggio,e Phofpitro . Sot- 
to intcndeuano però gli Atheniefi la no* 
biltà delle loro fchiattc nella figura d’vna 
Cicala , che comediceuan eflì, nel Terri- 
torio ou’è nata,mena,ecompiefua vita.4 
Adduce Ariftotile l’efempio di moire-» 
Città, alle quali recò il Peregritiaggio in- 
fortuni j; ma fenza ricercarlo in elio , fap- 
|>iamo bai noi quanti, popoli inuaghicifi 
ielle Europèe delitie , per teftimonio de* 
peregrini relatori , peregrinando poi da-» 
femota parte à’faccomani delle medefi- 
jne, flagellarono con Pire de i militari in- 
cendi j Pinnocenze di moki Regni . 

• ti II fumo della Patria è più lucido del 
.fuoco de gl’altri Paefi;e nel godimento di 
quella confitte la vitalità, e la tranquillità 
humana. Interrogato Stratonico, che na- 
rrigli cran piu tfeuri , rifpofe, quegli che-» 
Ranno in fecco. b : 11 Rè Vgige chiefe all ». 
oracolo d’Apolline , qual fufse il più for- 
tunato del moiido^ifpofc,Poracoio,efscr 
: q 1 6 vn 


a jirijf, b * . . 


Digitized by 



204 Delle Fr^fc berte 

vn huòmo detto Aglaone,chefi viueuaJ 
in Arcadia , & infefsantadue anni non-* 
.l’era mai dal fuohorto allontanato vna_i 
lega . Gli Vili , ò Zingani fon prouerbiat! 
col nomedi non leali, perche dimorando 
poche hore in vn luogo vi lafciano top- 
pe,nonamicitie. 

: f Quanti furono, che per curiofltà d i ve, 
dere 7 chiufero le luci, e per riportare le 
«otlrie de gli ftranieri ai luogo , ou’heb* 
bero la cuna, trouarono fra gl ignoti (fra. 
nieri la tomba? a quel Granchio apprefso 
Efopo , che volle traghettar dell acque al 
lido, cadde in preda crvna Volpejondcdi. 
ceua morendo , Ben mi ftà, er’io marino» 
e volli diuenir terrcftre. Terrcftre per 
contrario è l’huomo 5 mà come fufse d’- 
ambigua natura come il Cocodrillo , 0*1 
Fribo , ofa ctiandio di fidar fe ftefso ì i ri* 
fchi delle infedeltà marine, onde può dir- 
li diiui, mentre nauiga , che foleua dir b 
Biantc dei Marinari , che annoucrar non 
£ deuono fra’ viui, nè fra morti . 

Per iflimolo al viaggiateci giro de i co- 
lerti orbi non è efcmplaie à gli huomini . * 

Poifìam dire in tal fatto con Socratc;qucl 
ch e fopra noi^ion appartieni! à noi. La- 
rdi! ali’operation del Cielo il mouimen- 
to , & imitiamo noi in gran parte corno ! 
noftracuna, c madre la Terra, c’hauer 
fuole per f ua vitale attorie la quiete ; e fo 

- jl pur ; 


a E/op. b Plttt. 


Digilized by Goo^Ie 


FafcioT erXfi] 205 : 

puf vagando , vogliamo imitar tal’hor^ 
le gireuoli inquietudini del Solfe, ram-* 
mentiamoci, dille vn faceto Ingegnose 1 
il fuo Percgrinaggio non può dirli lungo, ’ 

mentre diliefoli dall’Orto al l’Occafo , al- 
tro non è, ch'efercitio d’vn fol giorno * _ : 
' La vaghezza del vagare è vna foliadi. 
Romanzi, vn errore da Caualieri erranti > 
& vn prurito da Orlando, che al fine ^ 
per far pieni i Tuoi defiderij , diuenne (ce- 1 
mo. 

Le Stelle fide fiiron femp're più deli- 
ranti beateje la Luna, come il più volubi- 
le, & inquieto Pianeta . fù Tempre il Hie- 
roglifico dello ftolto. Mutanti gli ftolti 
Peregrini di {ito, come la Luna li muta; e 
coi giro di queft’orbe foglionoi medefl- 
mi calcul ari venti , e le pioggie alle loro 
nauigationi. Altra differenza non verte 
fra i moti della Luna , e di quei tali , che 
per genio di peregrinare , lafciano in ab- 
bandono le cafc, e le mogli ; fe non ch’cf- 
fa,quando torna à rinouellarti à noi, por- 
ta fcco le corna , e quegli quando alle lo- 
ro cafe fanno ritorno, le trouano . 

Qui con le rifalla con le commenda- 
rioni di tutti,tcrminò Rorazalfe delle fuc 
opinioni il racconto; quando Teledapo , 
che al contrario partito appigliato s'era 
cosi cominciò a ragionare . 


Prcn- 


lized by Google 


a Jrijt, 


io 6 ' Delle Frtfcherie 

I jRcndecòio, Amici, la difefa del Pere,- 
gr maggio, già che/ua mcrcé,m’abbat- 
to hoggi in Ijofpitk) , -agiatifTìmo per li 
prefitti del mio talento; e perche nei vo- : 
/tri peregrini Ingegni i mei Ragionameli* 
ti faranno anche peregrinanti di piedi 5 
mentre dalIVna crecchia valicandoui al- 
l'altra , v additeranno , che non fon degni 
di trouar meta hofpitalc nella voftra_* 
mente , Dirò dunque in talguifa . 

Ildeflderiodìfapereè il più ragione- r 
noie carattere, che itnprimefse in noi la_* 
Natura ; epocorilieuerebbe il feimo ; 
quando da ghmpulfi del dedderio la po- 
tenza del rapprender e non fi riducefse al-? 
Tatto . Non è altrimente queft'appetito 
vn Tiranno della noflra Immanità , à cui 
debba valere di vendetta la priuationc-? % 
ma ben sì vn Architetto , che forma d’va 
rationaleedifìcio il disegno , acciochei 
fenfi nelle operationi adcrendoli,la flruu 
tura d’vn compiuto huQmo componga- 
no f &iftabìlifcano. Se Tapparecehiar 
quelle cofe ; chea vitali vantaggi fon ne- 
cefsarie, e non meno effetto, che cagione 
del Caper noftro a & à quello prouedi- 
mento il fenfo della villa più attamente ci 
conduce , farà vn protìoflico in noi dell* 
hauer à Capere deli derare di vederc.coiw 
grande argomento, difse Seneca, dell' ha- 
uer a rifanarfì;e l’appetir rimedi j . 


>». 1 

a Arifi. 


Digitized by Google 


^FtfcU TtrziòZ' . ' ioy 
La ctiriofità d imparar leggendo, non è 
vchfcoloàbé apprèndere, perchè h Scic- 
za,chc da’libri fi trahe, è acqua di confec-i 
uà; quella , che dalI'eTperienza derma , 
Fonte, a Le vedute cofefertipre più fran- 
camente s’imprimono nell animo, che le 
lette, che lefenrite; nè impafèrebbóno tal 
volta g li h uomini da quel ch’è Scritto .* Cc 
gliScrittori nò hauefsero peregriiiàtolper 
afcriuere quel che noi impariamo. E cosi 
certo,chc dall’efsere alla cogni rione fi va- 
da, comeche dalia cognitionéall’efsere. - 
* Gli oggetti , che tutt’hora «’apprefen t i 
l’apparato d’vna Patria , non decano à fi- 
losofar di Natura le nòlltc menti ; perchè 
niuna cofòècosì mirabile, ch’ogntmo- 
mentòr imirata * nonìfcemi à pocbàpo- 
eoin nm quella marauiglia , checomè-* 
difsePlatone,dalIa Filosofia nacque, nella 
•guifa, che b Iride vollero gli Antichi, che 
di Taumante,cioédelì*Ammiratione fuH 
fe figlia. A ben conofcere tal volta le ve- 
dute marauiglie d’vn foraftiero contor- 
no ,o li ptouati agi d vn patèrno difèret- 
tojfà dimiftien allontanartene ; perche ih 
benènon mai compiutamente fi fee rne,fe 
non quando perduto fi fpecula.* e la forza 1 
della cognitionecosì nella diuifionc con. 
fìtte, come quella di Amóre uel congiun- 
gimento. c Malora credit de abjcemi* 
0#/,difse Tacito. ; u . ; 

' Non 


a Firn. ìun. b Fiat, c Taci e. 



3óS Delle Frdf cherii 

Non ha dubbio, che l’ofscruar ftndu- 
ftrie d’vnadomeftica Formica, farà vale- 
liolc mczo per dottrinarci nella notitia 
d el ramini r anda facitricc Natura>mà ben 
fapremo negare a feorno delie incttic nò- 
lire » che quefto picciolo Animale quatv 
tunque non vigor ofo,& inetto à i trapaflì 
di lontanoClima.pur a’ripari delle necef- 
£cà future, non d’altra guifa, che peregri- 
nando ammaeftràrfi . # '• 

Non fi nega,che il ponderare l’cdincio 
d'vna famigliare Rondine, non c’inalzi 
parimente à fpecular l'opere d’vna proni» 
da Natura; màchisà, onde quefto Ani- 
male fi partì,e doue ritorna, haurà campo 
di conchi udere,che’l folo Peregrinaggio 
refe la Rondine faconda, ardita,fofTcr en- 
te, domenica, indullriofa, difereta, e mc- 

tnoreuole. .' L ' ■ i 

I taléti humani fon come le piante, che • 
traslatate da vn fuoio all’altro migliora» 
no. A tal fine da Perfia fi trafmifsc a noi il 
Pefco, da Soria il Cedro, d’Armenia il 
Meliaco, da Cidone il Cotogno, da Car- 
tagine il Granato . Non s’ineftcrcbbono 
horanc'noltci hortì quefte piàte,fcnó pc. 
regrinauano da gli altrui lepiàte h umane. 

Qual vago di fapere è fra noi ,che non 
benedica a il pafsaggio delle lettere dalla 
Fhenica? Chi amareggiate hà lclabra, 
fhc aó lodi il primiero tragitto b dc’zuc- 

cari 


A Lue. b PlÌ9, 


T afe io ‘Tèrz.o. 20 ? 

cari dall 'Indiche cannamele? qua! biliofo 
infermo è , che non commendi dalla a 
T artara Tangut del pietofo Reobarbaro 
iltrafportamento. 

Pouero Mondo , fe i prouidi huomini 
non auuenturafsero co* trabalzi delle 
merci l’aumento delle facultà humane . 
Barbaro Mondo ; fe i mortali nelle patrie 
tane infeluati reputafseroornamento del. 
la fpecie nolira il farci efuli dalle foci età 
foreftierc. Incfperto Mondo, fenclla_* 
fola pagina d'vna campagna paterna ere- 
defsero i curioii d’hauer ben intefo il 
contenuto del libro della Natura. Scar- 
te glorie fi darebbono da noi al Fattore, 
fenon d’altro , chede*nofl:LÌ acquiftifc 
gli intonafsero le lodi; fe nel trouamento 
delle occulte cofe non fi rauuifafsero co- 1 
sì induftri le fue creature;fe da teftimonij 
de’ trouatori Nocchieri non s'vdifsero 
1 antiche ercatiom di nuoui Mondi, 
ì E 1 vergogHofo il ranm’cchiatfi,per così 
dire , in vii angolo di muro , à chi è nato 
per veder il Sole, ch’àgli habitatori di 
cpialunqueCIima in (labilmente s’efpone. 
h poi, come può dirti viuere chino pere* 
«rina,sVn Peregrinagli o è ia Vita ? Non 
fi nega,che ponderato il tranfito dVn’anj- 
ma , non fla parimente vn peregrinare il 

morire ; mà non fi negherà oltre quello i 
che vn* Anima benperegrinante non hab > 

bia 

a Or tt l, ' , Ì. 


Digitized by Google 


no Delle Frafchtrie 
biain hofpitio il Cielo; anzi quella in fa- 
tiabile incoiknza della noftra Immanità , 
che altro è ella,diceua vn Rèfauio,chVii 
Peregrinando della nodr’anima immoc- 
tale? la quale, come Torta di la su, cerca.» 
Tempre, e rruoue vie appctifce; nè prima fi 
raccheta, ch’alia Tua patria non ritorni . I 
cadaueri foli non peregrinano;ma per gli 
honori,che danno loro i Tempi j>eper lo 
propugnacolo d’vna corruttibile materia 
non difdegnanofrà le condotte de Viui di 
peregrinar i ballami dalla Giudea» e gl’in- 
ceniidaSaba. ' : ) • " ; . 

Il viaggiare comporaegli animi, deflaT 
membrijinflruifce le mentijauuentura lé 
fortune.' 

a Fin vn cieco Poeta, che di peregrinare 
con frutto incapace, per formar la vera-» 
Idea d’vn prudente, in agitationc di Pere- 
grino lo linfe ; Si deuono, inammaflàt 
vantaggt di Virtù , imitar le Api , che va? 
gandoanch’effe trafori, per Cucchiaie i 
più atti alla compofitione de’ioro liquo- 
ri, e di fporli ne’Faui,ii può dire, difle Se- 
neca,^ che non habbiauo la feienza da far 
il mele,màdi raccorloT politica da Mo- 
feouita non permettere, che i Cuoi pere- 
grinino, acciò che allettati dal diletto d^ 
yna libertà edema , non fi {-ruotano da* 
fuoi dominij tirannici il giogo . i 

SonPald.tr e tal volta di rincrefceuolì 
ri ' 


a Hom * b Senec % 


FafcioT crzfi . 3Ji 

agitationilc vie de’ Peregrini : m'a fc gli 
huomini nonhaueffcio materia di doler**, 
fi, onde nafeeria la Fortezza jSe la Natura 
ci apparecchiaflè il tutto , che ci prepare- 
rebbe il Cenno ì piuaggrada alla Natura ». 
& al CenCo vn ripofo , che alla fiacchezza 
fucceda vn efea, ch’ai famelico s’apprese-, 
ti vn calore, ch’ali afliderato fi preparici 
quel che facciano le piume agiate, per 
adefearui la ritrofia d’vno Conno, vn cibo 
lauto, per deftarui i pruriti d’vna addor** 
mentata fame, vn acccCo focolare, per far- 
fi feudo contro le trafitture d’vn rigore 
auuenticio . O quanti Catia l’apparecchjQ» 
di vna menfa Siracufan3,a*quali imprime 
appetenza la parfimonia d’vna cena d* 
Hecate.il patire impaflìbili ci rendere co- 
sì Tinopio fcuote le torbidezze , come la 
Pouertà erudifee le menti . Anche Alef- 
fandro peregrinò in guerra; e con i’hauer 
dilatati i Cuoi domini j fin alla cuna del 
Sole patì alcuna volta di gelo. E vn gran 
malejdifle B ione, non poter foffrire viu 
male . 

Quell’ AfiaticheCittà hanno hoggi del 
Monte>e delio Scoglio,* cui Popoli più fi 
motteanò col Forettiero inciuili,e rubidi 
nè bada loro il dice, che per talento di 
mercature in vari) confini s’aggitino;per- 
che si fatte indullcie{ad altro non tendo- 
no, che à bilanciare di che valore fiano le 
monete, non gli huomini: ond’auuiépoi, 
che fimiii trafficanti fanno conti non d 



2X2 Dette F r afe h erte 

tentò , fottrare numeri, non fottrarfi dal 
numero. Deuonfi cortefemente racco- - 
gli ere i Forcftierijperchel’vfo della Hof- 
pitalità non folo contraheuafi à vicenda 
frà i noftri Antichi ; ma non difdegnaro- 
no etiandio gli Dei di far/i prefidi de*- 
commerci hofpitali, e di trarne i nomi . 

Giouò molto all’aumento del Roma- 
no Imperio , che Roma fufse aperta à gli 
ftranicri, & a’nemici . Le buone Arte fu- 
rono per lo più da’peregrini infitte ; 
molte volte, per l’integnamento d’effe , i 
vinti furono del viucitore i Maeftri . 

4 Greci a capta ferum Vtttorem c*pit,& 
artes 

Intuii t agrefli Latto . 
cantò il Lirico. t ; 

f Infomma,ouc libero fi viue,iui è laPa- 
Cria, diceua Pompeo-, e chiunque della-* 
propria , 6 per motiuo.d’clettione , ò per 
colpo di re a fortuna diuene priuo, haura 
l’arbitrio di feiegliere fra l’altrui la me- 
defima ; perche al Sauio valed’habitanza 
ogni fuolo . Pochi furono in fua patria-» 
graditi, e pochi s’vdirono chenauigando 
all’altrui, non trouaffero l’aura, ò la mer- 
ce, . 

Interrogato vn Marinaio da vn Preci- 
pCjS’cgli haueua Padre , rifpofe , che s’era 
annegato in Marc.Chiefeli dell’ Auo»e re- 
plicò il medefimoj de’fratclli,e foggi unfe 

che 


a H$rtu 


Digitized by Googfe 


, F*(cU Terzo, jiì 
che t erano parimente Sommerà ; del che 
marauigliatofi il Prencipe,col tenore del 
feguete rimprouero il Barcaiuolo rìprc- 
fc . E voi fiere così incauto nell eSempio 
de gli altrui rifehi , che pur feguite colli- 
temente le nauigationi d’vn pelago , alle 
cut ingordigie corre, come tributaria a 
dar efea la proSapia voflra ? Ritorcendo 
1 argomento il Marinarcfco Idiota,con la 
fauieza di coiai detti ilPrcncipe Maeftro 
conuinSe. Ditemi Signore. Voftro Padre, 
v0 ^ r ° Auo,e Fratelli voftri,oue moriro- 
no ? Il Prcncipe Sorridendo rifpofe . Cia- 
scuno a Suo capezzale mori ; L voi, cou- 
cniuieil Marinaio; perche nógice à pro- 
ueder le membra voflrc d’Alberghi ilra- 
nieri , cessando homai di premere quelle 
piume domeniche , in cui Sapete c’hanno 
ratto 1 .e (tremo Sonno i voftri Antenati? 
ootrointedeua in cotali parole quel roz- 

SagS h ^ orte vgual piede picchia 
1 1 alagi, e Tuguri, e che nulla rilieua , il 

mentre 

co moti delie mondane aure é pur forza 
che dai mare di quella vita alle riuiere d* 
Uccidente approdiamo. Quando Morte 
vuol assalirne , anco in mezzo à i Tiuoli 
e la Sardegna, diccua vn Poeta della Spa- 

Pcregrinino i liberi huomini , i forti ,i 
miSen, idouitiofi , e le Sole Donne , à cui 
il magiftenodclla caSaappartienfi , fiano 
quando a peregrinar Se n’eScano, prouec- 

biatc 


Digitized by Google 


2i4 Delle Fraf cherie 

biate di Udite , & al feflTo loro , conforme 
ideila Luna rafiomiglinfi.La Donna non è 
mai più honeftamente fegreta , che men- 
tre al fuo fpofo è congiunta ; nè mai più 
vergognofamente è palefe , che quando I 
'peregrinar slncamina ; onde pofs’io ra- 
gionéuolmente conchiudere , la Donna 
effe r Umile alla Luna, laquale , fin ch’é ri- 
tirata col Sole,è inuifibile,e quando à va- 
garcomincia, hà le corna , 

QuìTcledapo al fuo ragionameto diè 
fine, e non meno à lui, che à Rorazalfe, fi 
bisbigliarono concordemente i plaufi , c 
le commendationi, mà richiedo T eleda- 
po, à narrare qualche giocondoacciden- 
te de i fuoi Peregrinaggi trafeorfi , pregò 
Egideargo,che recitar voleffe vna Satira, 
datali poc’anzi à leggere , in cui Teleda- 
po,métre in Italia trouaua fi, gl’incomodi 
di vnfuo diurno viaggio da Roma intra- 
prefo , liaueua giqeofamcnte ritratti ; in- 
tendendo forfè, di emular con efla Hora- 
tio in quella infulfa Satira del fuo cam- 
mino da Roma à Brindili; ò Lucilio in_* 
quell’altrafua, pur da Roma al Faro di 
Melfina . Onde Egideargo, dato di piglio 
allo fcritto Componimento, che traheua 
feco,ne fa à i curiofi -Amici vna grata cf- 
preffionc di quella forma « 


IL 

✓ 




I L 


*15 


VIAGGIO 

. S A TU R A. . 


V ’ A" 


A Ltro piacer, che viaggiar, no trono. 
Chete fortuna ha inji abili le piante , 
Non la pojf ? arriuar,Je rio mi muouo . 
S ol moti hà il Afondo . Il Ciel fempr* e 
vagante , 

Il vago del jlimola ì Venti al moto » 

* A moto d' Aurati Afar fa/t inco fiat e. 
Vn incollante Afar traggo tl Piloto, 
Seco il Piloto trahe Remo -, e 'Timone, 
Remo, e T imon maone vn a Barca al 
nuoto . 

Chi vuol farfi cantar, lajji il Cantone , 

’ Nes' intani a cantar d'Orco le fole ; 
Già che de l'Alma e in noi i occhio il 
Balcone. * - f > *v 

Che gtou a in cafa hauer norma di f co lo • 
Se in Gener feminin noflrifcolàri - 
^ Scolano il fen, per generar la prole ? 
Trottano in fui natio fòio i Somari , 
Prouido è forchi le Proni ncie ha fcor- 
te, 

* E Tale ha Col, chi nauigati hà i Mari . 
Chi fuor non efce , e debole di forte , * 
Che infentir mentovar Golfo Ideiate, 

' Fffer dirà Golfo lanciato vn Forte . 

. „ Parrà 


Digitized by Google 



li 6 Dell e Fr afe furie 

Parrà colui , ch*vdendo nominato f(ra, 
Doncberebe in oc enfio di certa Guer - 
Diffc. Affé, che Do» Checche è vn 
gran Soldato. 

Geografo di carta , e non di terra , 
^fermerà, ch'vn falene di Capanna 
Da Polonia lontana è V Inghilterra . 
Fiume dunq\ varcar Scender montagna 
Rifa lue, evfcir dai Citt adite confino , 
Già che inalza ipuzzor l’acqua che 
ftagrja. ,| 

Non e mitea meflier da Palaci»* , 

Star con la Pala a /fumicar Carboni, 
E non e camminar flarfi al camini//# . 
Cotaijurono in Roma i miei fermo ni > 
Quado bum or di vagar fittomi intefta , 
M'affazjJonai diCopagnuol calzoni. 
Qui mi feci vn vefìito in Fèria fi fi a'. 
Perche* l f etimo di di fettimana (ì la. 
T utt*i M er canti miei guarda la | Fe- 
Fti tra fet a fra fiatale vecchia lana 
Vnfagottin di\prouifion Ve fiali: 

, E jibra vi fcriffe. Franco di Dogana? 
Poi qual C or r ter de* miei finiti mali. 

Mi fi inalai, per hauer forte in felle , 

Gi à c’han forte hoggidi fol gli Sii uaii . 
Se lo {Iellato fpron regge la pelle 
D’vno Stillai ,non faran cofe Arane , 
Chcd’vn Stiual fian prouide le ftclle . 
V tder già non penfai d'africa tane , 

S apend'io ben, quante in Italia (tanno 
D*inefto adulterin Beftie ^Africane • 


Ne 


Pafcio Terzo. 217 
Neper Frondai 0 Capigli a errar qual^ 
da' anno .v . . ( w 0 y 

'' JHetr'h oggi per le vieE emine io ( cer- 
che perdendo Ca (tigli* , in Francia - 
vanno . v • (no, 

N on di veder t'vn Fiume efito ha Infierì 
S’ altri dal Parad/fo ha la caduta , 

' S'Egitio Nife erga di fiate vn Verno* 

Se chi bene il Clitorio , il vin rifiuta, 

O fe ro fica ferri il Ciprio T opo. 

Se Rana ferife a fempre fla muta . 

Non di veder del T eranneo Canopo 
Il fuol la fciuoi'o in 1A biffini (iti, 

* Oltre Altana, e Quiloa Congo Etiope» 

Non curai di veder Nubi, e Nigriti, 

O là di Libia a la deferta banda 
Gli arficct G*ramanti,e i T rogloditi*. 

Non d'ojferuar la mercantile Olanda , 

O trofie or fo il fiuol Angle, e loScofizefe 
Gronnia , e Ftnnia veder, girne al'Js - 
- landa . 

Non curai dì mirar tutto ilpaefie 
Da U T ar tara piaggia a l'Indiana . 

Da l'Atlantico mare, al mar Chine fe 
NonC ataio veder, ne Mangiana, 

Nè colgran Quinfail' Imam , e i fieri, 
Ij^jS^fidfhtH iperborei^ l'odatìirca 
N 0 di calcar de’S armati i sentieri, ina 

0 qual Ruggierf oprai aereo calle 
Pajfiar fra t Ruffiì , e tnapajfiar Pomeri, 

Io non f rno Htppografio , e non ho siali e T 
Se volo m carte , in su le vie vb tardo , 

1 ere ho pet?nf a la mà,non fu le fipalle 

K Al 

• Digitized by Google 



ili Delle E rafchcrie 
&il Poeta il Eronxin manca» c'I Baiar fa 
E fel Carro hd E ebeorgii affi so guafli 
Perche Infame fua vi maga* il larda 
Ite ber fa io non haueafpirti st valli , 
Chetrar foteffi a /pinta eli moneti 
* Vna pifla di volle a tanti papi » 

Aiibafl ' ah a d'hauer piante inquiete , 
Quitto batter fuole il Sol lago il camino 
Quado verfo Tor/w marcia d' A Riete. 
Vitto laurei quel paefe»il qual fupitio 
Si sloga in mare » e l’iAppemnjfli forma 
Bottoneria al Gabba,? Alpe ttCttfcino • 
Qui può ttampar peregrinante vn orma, 
Chi hauer profeta Italiane impronte * 
Cid che V haliajhd du Stiual la forma» 
Quando le mie bazzecole fur pronte , 
Prefi vn Deftrier » nel cui denoto collo 
Era vna corda , e vna cdpana ifrote • 
Jnuoco berte C auallertzzo Apollo , 
Ch’vfatofei là per l'Aonio vallo , 

S oprati Pegdfo mio far caracòllo • 
Fatti conìo,chor,hor monti a cauallo ; 

E a la partita fua /proni il Ronzino, 
Narra permc di fua parti/* //fallo • 
Quello Ronzini videlicet Ronzino, 
Giulio non e,mafette volte intoppa ; 

E pur nome ha di Giulio buon latino • 
Non ha di lingua intelligenza troppa. 
Intende fol,quel che vuol dir , Stà lì» 
Aid no sa poi quel che vuol dir, Galop 
T ratta di tratto tutto quando il dì, (pa. 
E / io f vuoto la briglia , e dico no * 

Ali balza il capo, e mi fa dir di sì . 

Erd 



Frà 4 i„ er r, Tfz.o I 2 

»^tS&SSg&- 

tes 

ufdZZ*" 0 :,':.., ., 


^mP 0 d ‘ fen ^AoriP P ‘ Sl,a 

*f u Jftjnai ^ penicene Lucerne 
Vcniffe affjth ' 6 fP e ^nche inferno * 

■ 0 ' '‘SSì/flrPlZ**', °" n 'M'rr»° 

Io t v k» A?j- , h e ai plebe* Timer yt, 

£«WH*ZÌ?JZbtZ m °/ erni 

c ne non s wcauernL 
K . 2 /v 


Digitized by Google 



%ÌÒ Pelle Prafcberie ^ 
fer mofirar cbe'lfuo pie male badi calli 
Muover non ofa maipaffo con fretta: 

E eon ragion : perche le vie fon calli . 

Se pifcia vn bora il V etturin l'afpetté , 
Pereti a ragione di Diminutivo 
Tato e vn orina al fincato u oretta • 
Chi hà mal di pietraie in ormar tardino , 
Pero tardi fen va ; pereti auuerf aria 
E affi ogni pietra al fuo pedeflrearriuo 
E in ver di Pietre efperien^a hà varia , 
Chor mi dona di afpi'o; h or far gli ag- 
grada , 

Giacinto in terra# Caìccdonia in aria 
Non muove pie# ti ad intopar nonjv ada> 
Ne troppa mai, che fdrueùolt no faccia 
Ne fa fdruccioli mai , che non ne cada •. 
Non cade mai# ti io fono lui non giaccia 
. Non giaccio [otto bui, ctiìo non m am- 
macchi: 

a E pur direi, me il ver di falfo hà faccia : 
Pregoti, Apodo mio , che non ti bracchi. 
Che (e ben volontier prenoti orecchi > 

• Non mancherà fra noi lingua che-* 
graechi,. 

Non bafia nocche nel cantar nonpecch 9 
Me tre al modo veggid T urba d* aloe chi 
Che per tutii C amen fiaccano i becchi. 
D tratti alcun# he i tuoi penfierfo ufcioc - . 
chi\ 

E dar atti cagion , che in f w gli ficchi 
b Materia da coturni, e non da Socchi. 

Ea- 

*.*••• V. f * 


Digitized by Google 


F afide TtriLo. , ili 
Inficiali efin la fier sacche V impicchi ; 

Che da qnefii cernei drama di fiacche 
>* Non cauerefti mai ce * tuoi lambicchi. 
Meglio e jW in? indo tuo,tit Cabbalucchi 
ì E eh* à finir quefio Piaggio firano , 
Colfaper di mia Palla ». Apollo io trucchi 
Me tre horafermo,et horcel p affo pianti 
Reflringendo me fi effe etro il mate LI o 9 
Sul dorfo io già del mio Canai Sciano 
D*vno pioggia fattil, come il capello , 
Sopra il mio Capotai vena filli atta , 
Ma poifefji Marino ance il Rufcello . 
F eoi fdrucciolo tal dentro vna catta, \ 
v Chel capìtolo ancor ne fià dolente , 

* E guai a mè,fe vi face a 1 * ottaua . 

M emre cade il Cauallo y & io repente - 
/ faccorfi del Calchiamo anhelante* 
Biaftemmail Vetturin?che no hà nietfi 
Kompicfilli al Ronxjn prega F or fante > 
Nè confiderà poi la conjequen^ji, 

- ■ Che fe muore il Causilo, io refio Fante 
Cosf mentre veglie la mtapatienz^a 
v iA confu fione ad infufion condotta , 

Ne la mollitie altrui fo penitenza- 
StfipeXtjcr due Corregge in vn a betta \ 
SiC lVaiigin,mà quàdo vnc..è frate > 
Stuper non fife la Correggia è retta . 
Tur gridando? & oprando io feci tanto, 
CÌC a le miferie mie trouai fi occorfo , 
Mentre i molli Calfo» fiiìlauà piato % 
lAlfin tornai del mio Cauallo al dorfo, 
/Vi on dipajfo Chinea^ma di ginocchio. 
Barbare di co fiumi , e non dicorfe . 

K 3 E 


Digitized by Googl 



ta* Delle Fr afe berte < 

E quado il S ol dètro il fuo rado cocchie 
* Si ritir aua in camere da baffo , 

Ter che fentia certo defeenfo a Tocchi* 
B fogno hebb'iojanto era inferno orti affo 
T rouar Guarino, e Dante altrui moneta 
Da Boccaccio magnar, dormir ^iTaffo 
Tur come piacque al Ciefgiufi ala meta 
E con filo fo fa pouera,e nuda 
Trouo gli fitttariografi il Poeta. 
Non hauea tal piacer l Orca d*Hebuda y 
Quado al confin de la marina G rotta 
Vn macello vedea di carne cruda . 
Quoto rìkehb'ìojnc Parriuare à vn botta 
Ne la qual mi fentia pronto a pagar e y 
Ter far pago vn defio di carne cotta * 
Mi fé gran corte fi a ne lo fmontare 
L*Hoftc,contra l'v fianca del*** 
Ouefol cortefiafaffi .. 

E perche vn Hofle entro Thoftile bottello 
Suole TobiigofuofarC&mct&fiOi 
fofio in Camera mia ttefe il manie Ilo» 
Quefta fife,quando era Sillabe Mario , 
7 * ante in vifta era antica,e fui Catone 
Se /fuperfluo non fu, fu il Necefsario* 
Era vna ceda in ver dadtuotione y 
Che fin dal tetto vna vento fa voce 
Mi mandati a del Ciel Tifpir ottone*. 
Uhauria fuggitati Diauolo>che coce y 
Perche nuda di tela ogn' impannata 
Su i legni de i telar feopria la Crocè* 
Farmi intanto iovoleua vn afciugata\ 
Onde THoflier mi riconduce in Sala% 
Che la Crufca diria la Camminata. 

: ' Qui- 




J7 *' ^'farbjndo 

ftta t6gndAÌ(mcntre **^ „ /r- * 


Uvlnì/X*”' ?t‘“ ^rdjprtfu ' 

S “>i“ ?»uro imCd* c a tS u ^ 

£ già che vuoi così sS Sl 

wZ&izB 

Q»ìfri • 

jm0w- 

Ch-arfi 7 dJno fi fZU e \ nlt ifumo > 
Coumo in vitìJérliZf ‘balsamato 

Sueft’vn/o Piracmnr, i K l 0Cnt ^>^‘ Vnto. 

y» /•incudeX|±n “bbruggiate 

Qa'fti hJfJShn' ehe ty’»*"- ' 

1 4 /A»-, 


)igitized by Google 



<aa 4 Delle Trafilerie 
Hor, [e vdia del cenar l'hora vicinai 
Y . T ir ar face a dt Spofo Gallo il collo 9 
ji cucinar pone a M adr e Galiina.' 
Quegli tal'bor mone vn bel ballo al bello. 
Et hor lajfai'aleffb, e l'offogiita, 

, Rafchia pelle, fàpalle,arro$le pellt. 
Hor fatta ha fetta y calo Scbidonl’ba 
fitta, . ; ' . 

. Hor tien pala , augel pela , e in pila il 
caccia, , (f ritt *' s 

Hor de' pefcivna frotta in fretta ha 
S otto tl Ca win , s' altri a l'insìi s affaccia 
V e de inuentton,da raggirar S c bidone, 
. Senz^a vn aiuto minima di braccia . 
JMcntre a la fua paterna ragione 
Il turno [ale atro vapor cocente 
j Fà vna laflra.cbe ìcotra, ddar girone 
M none qu (la di par ferro pendente, 

E al ferro al piede lo fehidone eretto 9 
Volue in rota dentata efea di dente . 
Oh de P human f aper parto negletto , 

Per cuocer l'efca a iforajlier budelli * 
Delfumofo vapor (affi vn Faletto .. 
Hoggi effetto, e cagion femh^an fratelli; 
Nè fia ftupor,ch’al fumo efea fi volti* 
Se fumo d’efea ancot volta 1 ceruelli . 
JJHofle intanto trabea cibi non molti 
Su menfa angui ! a : e d' ognintorno 
batteri 

Su dura Panca i Pajjaggier raccolti, 
T)i N affare io, di Malua , e Dragontta 
C omparueyn Infalata purgaHua > 
Buona da etrar, donde fcappar danesi» 

v * 


Digitized by Google 



' F afri 9 F erfà . ' 22J 

OueB * vn ceri Olio torbido sondi uà , 

«r ^ Che s’era Oliua,o no, Rettidubbiofo ; 

Ma poi [enti, che veramente oliua, 

: Comparite poicerto Cibreo brodofo , V 
Do uè il Salatone ri Fumo tua del parò 
Perch’ogn’huomojc’hà Sal,fcmpr'è fu- 
mofo. • 

: F utiifegni del graffo in fumo andare : 

E*l brodo fuo potè a feruir di fpecchto , 
Che febefutno hauea, tutto era chiaro 
Fofcia u Follo adorno l'alto apparecchio 
Ala ben torto conobbi a V imbroccare. 
Ch'era morto di nuouo,f?r era vecchio 
Era più duro affai de l'afpettare : 

E volendoltencx per vittouaglia, 

< M ai noi potei teneramente amare . , 
Quindi impar ai,quato ejfertriflo vaglia , 
per non cader de lagiusiitia in mano: 

4 S'à vn tritio anch'ignori potei far 
f taglia . 

Certo arr ottetto infìil da Cortigiano 
Caparne poiima mentre iofea da Boia 
v T fonai ne l* inforcar [angue T rotano 
Onde gli 0 echi m'empiè di cruda noia 
Crudo boccon ; perchè par e agra cofaj 
.Che no fife abbruggiato,f/«^ Troia. 
Bafla però, che in arrabbiata prof a , 

Pria d'accoftarleggeManilta algo 7 j.§ 

Far voi fin Verre vnOration famofi 
Su principio di ntenfa in Mezo fozz.o 
Venne vn putente vìn,piU che potente 
l'armonia d'vn Strolffator fin * 
ghiozzo . 

K ; Qite- 

by Coogle 


D 



22 6 Velie F rafie hérie 

Quefli orina pare a de le Giumente ; 

Adà, benché fujfe alquanto torbidetto* 
Adi fini di chiarire intieramente . 
L'Hofie l'hauea pergenerofo eletto ,(no; 
Ada t nuouafr afe era gagliardo il vi- 
Perche il gagliardo ac or forte viedet - 
Jn conclufìon,per mio crudel de fiino, {to* 

In carne in vin su l'affamata gtt erra 
Nonfei Trincierà; e no toccai Fortino 
La Notte homaide'neri pa]Ji,ond era » 

Fatti hauea quatro,edipapauer cinta 
T rahea Morfeo da la CimeriaT erra 
Quado aperto il G tubo ola Calzji f cinta » 
L'infame ardir de la mia cena trifia 
.A Dormitorio rio diemmi vna fpita. 

Fole a l* H ofie portar lefi a la Ufi a, (rare y 
Ma qudd il huo vuol gl' oc chi fuoifer~ 
Conto non vai per contentar la vifia. 

E a chi per tempo affai fi vuol leuare, 
Suegliator delaborfaè il Creditore, 
Suegliator de la tetta è hauer da dare • 
Onde i Conti lajfai.cont ai quatr* bore 9 
' - Quando le membra mie furo n codottt 
in nero letto a ritrouar l albore, fio 
Vi (fi allhorjra mefieJfo:Oh quante dot* 

. Pa lone fon,chc tuttofi giorno ha leu 
Enó ha Letto poi di mezza notte, (to* 

V vna dura cerulee era il mio Letto , 

Hauea di pel eaprtn fcorzjt lanofa > 
Paglia auafjeta al' A fìnin banchetto : 

Qui tr à fiori di fpigo,e fior di rofa (ta 9 
Fit dc'lcnzjtol la biancheria condut - 
Ad àpi ii tofiofapea d'herba fcabbiofa . 

• - . La 

Digitized by Google 


F afcio T er^s \ 227 

2,4 tela loro era s) firetta , e firma 
Che di buccata vfcir tojlo io pe rifai , 
Perche la tela era buccata tutta . 

Pur f offrì , chìuft l*vf :io,al letto andai , 
jCti fcalsuti 3 mi sbraco ai> foffiai nel Ite» 
< me y / 

Aii t affai ànice hi ai, ferrai mìei raì ; 
Ch’à ftaco feno anco i Mattò fon piume . 

Rife non poco la Brigata della faceta 
Satira, letta da Egideargo : e parendo pur 
a Stamperme^che Teledapo recar poteffe 
altra pallura alla comunecuriofità,con la 
narrati uade’riti di qualche Prouincia_* 
Europea , Pinuitò di nuouo à dar alcuna 
notitia delle Corti daini praticate in-r 
cammino. 

Airinchicfta di Stamperme , forfiden* 
do Teledapo, così incominciò à dire- 

T Vtte le Corti, benché di téperamen- 
to varie fon forelle:*e Luciano,co* 
me ben ofleruato haurete , fotto vna fol» 
imaginc n’apprefentò i perfetti delrnea- 
mentidi ogn’vna. Le Gran Corti però 
della noftra Italia fono così atte à dar aU 
trui buon efempio , come à trarre in sé le 
commédationi di quei curioft, che le mi- 
rano: «fopra tutte quella di Roma, alla 
quale, come à C apoefemplaro per virtù » 
equità, e culto, par che muoua hoggi i 
fuoi piedi peregrini vn votiua Módo;ma 
già che hauetepiu di mè vn antica , e di- 

K 6 iti 11- 


a Lnc, 




Digitized by Google 



* i5 Delle Fr*f sberle 

ilinta contezza dell'Italia tutta , & io Vi 
vedohoggi curiofi d’vdir nouelle di paeli 
più ftranieri,e che di derilioni fiati degni, 
contentateui, che Colo della Macedonica 
Reggia, io vi narri confufamente quel 
poco , che mi rammento , per atteftarui , 
quanto batta . 

La Corte di Salomchi è vn Mare; per- 
che molti Fiumi , che dinanzi nelle loro 
patrie origini erano farnofi , quiui intrufil 
perdono la natura, e*l nome . 

v Chi v'entra humile, è forza vi crefca_# 
orgogliofo; e chi non s altera per propria 
natura, cambiafi per l'altrui efempio. a 
Non ego awbitiofus fum;fed tremo bitter 
potè fi viutreA itte Seneca di vn altra Cor. 
te. • 

Là Città,ouerifi«de il Pcencipc, par c* 
habbiail Carneuale tutto 1 anno: perche 
gli animi vi ftano Tempre marcherati; mà 
dirò meglio. Tutto l’anno v’è la State; 
perche ogn'vno vfa di trinciar i panni 
adotto al Compagno. Sirio vi latra fon* 
T>re;e gli huomini pur che habbiano orn- 
erà da ripararfi , poco curano , che fia di 
Torre,ò d'arbore^ anzi ftuuienc tal’hora , 
che vi fi litigai l’ombrad’ vn Afino , co- 
me ditte Luciano di colui , che d Athen* 
paflauaàMagara* 

La Fortuna è la più adorata Deità di 
quella Corte „ Ha Tempi vari] , fecondo 


“ a Stnec. b Lue. 




Digitized by Google 



Fa foie Terzi, 22J # 
i titfipi, & in e(É è anche varia di Titoli» 
come anticamenre 'era. Hor fi chiama 
Primigenia, hoc Vifcatrice, hor Priuata » 
hor Mafchia , hor Vergine , & hor altra . 
Colà però molt’ldoli di fortuna da co*- 
trarie razze deriuano. Alcuno credei! diC» 
cefo dal Cielo , come gli Scudi AnciE» & 
alcun’alcro fi (lima ferro da baffe origini* 
comcauennsa quel Simulacro» che fé 
fondere Amaff Rè d’Egitto . ' . » £ > 

Non v’è Idolo lenza Oracoli » no» v’d 
Oracolo, a cui non fi verfino doni, non-» 
v’è dono , che dall’ Adustione non fi fa^ 
critichi. L’Adulationc in fomma,fenon d 
fcala da falire, è ftrada da premere. Vi fo- 
no huominJ,chechiaraarcbbono a occu- 
pationi diuine quelle d’vn Tiberi»,quan; 
tunque brutali fulTero . 

Il Rè fi crea per voti d’vrna, no per ra* 
gioae di retaggio ; @ pecche fteila contra- 
rietà, che hà il Soggetto emulato con gli 
Emulinoti varie le palfioni de’Fattionari j, 
il più vago Spettacolo della Corte èia 
mutatione, in cui i Precedenti rouerfeia- 
do gli odij nel Rè caduto , trasferirono 
gli olfequij neh’inalzato, quindi auuiene, 
che la Fede colà è volubile in tutti, come* 
vfata à vaccillar fempre nella deuotione 
de’Numi; e gl’efFetti de’Tcibutarijper lo 
e -più fori meretrici, perche so pofticci.Chi 
vuol viuere in queliaCorte,è forzato co* 

& 


a Tacit . 


Digitized by Google 


Fafcìo T erz,o I 2 fi 

che fon amati, s’inalzano; & altri, nò per- 
che odi jno, ma perche fono odiaci, staf- 
fano . 

Nelle impreco ni delle Lettere, i dotti, 
e le Carte fon quali il medefimo in Salo- 
nichi.-perche le Carte da gli Stracci nac- 
quero, e i Dotti frà Stracci viuono. Mol* 
te volte è Giudice del merito d vii Let- 
terato piu la Villa, che l’Vditorond’io di- 
rei, che le noftre Donne hanno più Cenno 
di quei Satrapi ;perch’effi nello fcegliere 
vn Huomo al loro feruitio, s’appaga- 
no dell'apparenza ; e quelle nei com- 
prare vira pentola , la prouano col tintine 
no. 

F ormano però anche là vn ottima ec- 
cettione alla catiua Regola alcuni Pcrfo- 
naggi per Ingegno, Natali, e Virtù d'ani- 
mo efcmplari , e di (lima degni , e que Hi 
non difdcgnano di riconofcer gl’inchini 
d'vn Letterato , e di fpecchiarli in clTo, 
Capendo, che i Promontori] fpecchiano lo 
loro gigantee alterigie ih quell’onde, che 
lambifconoloro i piedi;mà perche iBuo- 
ni fi contanohog^idi,comeleBocchcdel 
Nilo, vi fono anche molti per contrarlo, 
che chiamano la Poelia Lamina d Orpel- 
lo perche hà fplendore nelPapparrenza 
mà non vale,chead ingannare,^ à (Iride- 
re, & altri fono, che commendano i Poe- 
ti, per trarne lodi ; non amano di coman- 
darli, per dar loro metccdi;e cosi può dir- 
ii della Poeda, come cantò della Bontà 

Giu- 



*2 3 2 Delie Fr afe berte 

Giuuenale . a Laudatur, & al&et\ ' 

Si vide colà negli andati Secoli qual- 
che erudito huomo inalzato, e tenuto in 
pregio i mà per marauiglia fi llrepitò col 
Satirico .Exentplum nouorum fatorum, 
come fi difle di Quintiliano arricchi- 
to- 

Nè màcano anche hoggi letterati huo. 
mini , ch’entrano colà a i feruigi j di quei 
Primati;ma è certo,cheogn’altco medie- 
rò vi fanno fuor , che il loro , chi farà più 
degno di vn altro , di dar da bere al Pa- 
drone , non haurà però dal Padrone più 
da magnare di quel che vn altro fihab- 
bia, anzi, quando il Letterato muoia in_> 
feruitiojfarà forza, che lafci herede il Pa- 
drone , non di quello che hebbe per mer - 
cede: ma di quel che auanza per merito . 

In foaima trattiene quei pochi , che vi 
diltinfijgli altri, molti vogliono, che 
lettere di vn Huomo fian prezzo , da có- 
crare il feruitio , non pompa da adornare 
ia padronanza. Quindi e,che fra i Suddi* 
ti ancora è più feorza di letteratura , che 
midolla; perche poco frutto fc ne tragge; 
c poche Arti da gli honori fon colmiate: 
è però non auanzandofi gl’huomini per 
fentierodifeienzeaigradi, non curano 
gl’ingegni. giouanili di trapalare in effe 
da i Nouitiati alle Profeflìoni . Vna fola 
Filofofia fi iludia in quella Corte, &in 

effa 

H W i. ii 1 

•a Ih (tei*. 


Digitized by Coogle 



F afe io T érz,ol. -, 
effa la maggior parte dpi Padroni foru» 
Maeftri ; ed è , che l'Anima di chi regna , 
non habbia fede nei Ceruello,ma nelSan- 
gue, '• 

Quella appunto è la fuccinta Hiftoria 
neUa’Maccdonica.Corte , in Ter moni di* 
fciolta . Se bramate hora di fentire i me- 
riti della medefiraa, legati in Vedi, ecco- 
ui fcritta in quello feguente Foglio vii-» 
acconcia Satiretta , che ne compofi in-» 
cammino . Rorazalfe , che era vicino ai 
Teledapo, pregollo torto , che ne rimet- 
teflfe a lui ia Lettura ; onde hauutone il 
Foglio , n’cfpreffe immantinente alla cu- 
rioiità degli Vditori il contenuto con-» 
taFordine. \ 

^ • * . ' ' 1 



LA 


Digitized by Google 



*34 


1 A 

CORTE 

S A T I R A. 

» * 

G Rì vuoi. Muffala Corte Pio non $b y 
come 

Qtft potrai mantener cafto il Decoro ; 
Sa la Donna hà da Corte hoggi vn mal 
nome « 

Vtuer qui t k non puoi £ altro tauoro , 

Che di far la bucata a i panni brutti » 
Già che abondan lordure hoggi in co - 
€auar anco potrefli vt ili frutti {fioro 
Dal culcire i Calzoni a i Cortegiani », 
Che le Vergogne lor inoltrano a tutti . 

J Ma i configli per te tutti fon vanii 
V orche la Corte a Punirne tramutile 
V Inferno e de la T efta,ò de le mani • 
Un'inferno e la Corte , alberga mille 
Enigmatiche S fingigli idre rinate , 

Qui s'inuentan chimere , e latrati* 

S cille . 

Qu) fi veggio no Arpìe d'oro affamate , 

E per rapir la Grafia d’vn Padrone * 
j Da Centimani Gigi Armi impugnar 

> te • 

Quivedrefiitaluotta vn Iffione , 

Di forte amica a gli anh e lati caft , 
Stringer l e nubile imaginar G iunent * . 

De 


Digitized by Coogle 



F afe io Terzjf 2 ^5 

De le Fortune altrui piangergli ceca fi 9 
Qui vedrai Coccodrilli ; e in far^> 
fcherni . 

Spejfo allongar rinoceroti t naft. 

JMa per meglio indagar mufcolt interni 
Di Corte,amica Mufa,ecco da parte , 
Lafcio Beflie di terr a y Alme d' Inferni „ 
Per laprima, ogniHonor pofto \n di- 
parte . • 

Hora Giano Bifronte, bora sfrontato 
T * r asforma ognvn la (ua Naturain 
F perche riueslir corpo {pagliato, (arte . 
Opra e pietofa,bà da bugiardi cori 
La nuda verità manto adombrato . 
Copron colpa carogna adulatori V; 
Mantellijcvuol l'a&ontator Bifronte, 
Ch’vn belmétic la ( ua Vi taccia honorr. 
Di fegrete calunnie hà fempre prote (le, ; 

L'armi fui labro,e in Gioflratorrtua- 
. F in che'l piè gli f "anale a > vrta con * 
onte . 


Venga vn Tullio a la Corte , e in ampie 
Sale ; 

Di Calata eloquenza vn marcierai! , 
Scnonsàmormorarui,’hàpocofale i 
Venga vn Numa a la Corte,honor vocia 
Porga a Tuoi Dei /orza favà,chc auanti 
V'adori vn Huom;c poi,s hà Tempo/ 
• Dilli . 


L'altrui Liuor rinouerà fé mb tanti 
ui'fuoi candor , candida agrefta ap- 
prende 

Dal fuo bruno Grand liuidi amanti . 

Nè 


Digitized by Google 



236 Delle frascherie „ 

Ne gioua il dir ,pr iad' imparar Vh«rreÀ+ 

' Norme di Corte , eleggerei fioccate p. 

Ch'ai fin tu cdgieraifianza ,9 vince da 
Vuoi da Numa incocciartti?haurai rifate; 
Vuoi parlarui da Tullio ? haurai mali- 
gni/* 

Vuoi dar frutti, qual Noce; haurai Zaf- 
fate . 

Vieni* vieni a la Corte, i piu benigni 
4 Volti vedrai degenerar coflumi , • • . 
Corutvedraipennelleggiati in Cigni.* 
Di curiofo ardire armai tuoi lumi. 

Se vuoi veder , come i Pianeti pazzi 
De ' miracoli fuoi fanno i Volumi. 

Qui Dio nifi vedrai fu or de' Palazzi, J 
Deporto il pie da i lubrici Gouerni, 

Jn fognar Deponenti ai fuoi Ragazzi. 
Cedrai baffi Agatoclia i più f u perni 
Grado in alzar fi, e in tributarieT erre 
Empir d'oro non fuo gl* Or ci paterni. 
Qui tu vedrai Cortegiane Guerre 
Hafia vna lingua, e fcrupolofofarfi 
Di ftupro vn C Iodio , e di rapine vu 
^Vérre-i. 

Vedrai fertto Pallori d'aure gonfiar fi , 
Erger alCuUper forza d'altrigil moto 
E per natura fua precipitarli . 

Vedrai de' Vinti vn Ventar ier mal noto 
Entrar nc'Golfi,e fra t marini dubi 
Di figura Galea far fi vn Piloto . 
Vedrai tal hor le tempesto fe nubi (vote, 
E uonar naufragi , e per f aerar ne vn 
Speli© adorar qualche latrante Anube . 

A Cor - 


Digitized by Coogle 



F afcio T emo . ' 237 

A Garrente guido n a vn cor denoto 
Sacrificar vedrai preghi efecrandi , 

. Nè torcer mai contra il Torrente il 
nuoto. 

Cl’huomindabenhoggihan da Cortei 
‘ • bandi; 

E fé mai per difgratia vno hà ventura , 
D’inalzato Briccon feruea i comandi. 

L’oro c hoggi vn Padró fpender procura 
Somigliai Fichi d’vna rupe alpeftr«, » 

Che fon nati de’Corui a la paftura . 

Sul vitiofo Bagoa da le fineltre 

Si verfan gratie^ e a l’ingegnofo Plauto 
Si difpenfano i pan con le bai e (tre . 

A la Smorfia d’vn cato, al fuó d’vn flauto 
S’apron tati d'Orecchi, e vn Letterato 
Sul nafo dà , più ch’in Germania viu 
Crauto . 

JE pur Infogna ejfer di flemme armato 
' Picche in foco di bile armar le furie} 

E con targa di cor vincer il Fato . 

Regole fon di CortegianeGurie» 

. Chinarti ai Reo,ch’c Giudice del Buo- 
no . *« 

Render le gratie,a chi decreta ingiurie 
V'uoi qualche esepio? eccolo. Aregiotrono 
. D’vn Can barbone , hoggi 1 mordaci 
tmpieghi , 

Piu a’vn S eruo,che tace, accetti fono .• 

Se muore vn Huom fra i Cortegian 
• Colleghi , 

Cent altroché vorrid vitto# prigiotte$ 

\ Porgono al Re. memorial^e preghi . 

Mà 

Digitized by Google 



2_j8 Delle F r afe h clic 

MÀfe muore per forte vn Can barboni* 
Subitamente il Rei* altro domanda , 
Beflia no v*e,che fupplichi il Padrone 
Guarda in soma chi fernet chUomdda , 
Guarda bene il? aftor -.guarda la lana, 
Che difetti vedrai per ogni banda . 
Tanto Croco Cilici a, Hibla S icana 
No [punto tanti fior,quant*hoggi e fai a 
. No iofi odor Cortegianefca tana . 
Gioftra e la Corte, tu e Bugia lagaia. 
Premia vnaGratiafe Saraceno u Mer 
In cui di tradigion Lancia fi cala . (to 9 
£da (forte di Mufica vn concerto. 

Otte ogni bocca a dar Motetti e nat a > 
Oue vn Falfetto cor fenipr*e coperto . 
Ohi fa Pafsaggio ogn'horT urba /cantata 
Qui Soprano v fidai lacera vn Bafso, 
'Squimerta Battuta Alma Intonata. 
La Corte e vn mar di [coglie, nato [affo, 
peggior di quel, che la [alage Argina 
Ne Lode Cafaree mìfi in coquaffo.ftiua 
marche mcflra alNocchier-calmaattra 
Ma tofto inganna', e inferocita P onda 
Di tolta Libertà nega la riua . 
Marc,ou'hannoi Pirati aura feconda, 

Oue i Uberi Arbitrtj al remo Hanno, _ 
Edoue al fin merce di [ennoaffonda. 
Mare » oue molti a ricercar [danno 
Z/J5W* Fortunate; al fin chegioua? 
Sol di Buona Speranza al Capo vano • 
Mar, che cofla [alato a chi lo prona , 
Oue fon Cappe lunghe, e Pefce Spada > 
Oh u Porpore pefeate u Grdchio treua 

Tuoi 


Digiti; 



F Afe io T era* • p 

Vuoi veder come t Cortesi mar fi Vadai 
OJferua in Jeu che de le leggi i Venti 
Fano agititi Nocchttr perder la fra» 
S pejfo a ritta li ballano i Ponenti: ( da. 
Aia [e Cagiano h umor gli Dei marini 
Aiandan toflo a Leu ante i Prete de ti. 
Così di Corte i Liberi Desini » 

S eruo de /Garbo altrui [pejfo a i motiui 
Perche diCorte ilAiar vata tGatbini 
Scola e la Corte y o u'ha principi / attilli , 
Per le fortune fue Seruo,che mente , 
M afe il vero vuol dir Jìudia i paffiui . 
Qui Virtù Declinata impara a mente , 

S èfc.4 che maì proni il Donato al tatto. 
Che viue a cafo vn Numero di Geme* 
La C orto ha di Comedia ance il ritratto 
Perche Fauola e fpe/fo vn Cortegiano , 
E [pejfo ancor v*e /’ofeenario in Atto . 
Oue braua t nonfere «/ Capitano, 

Oue ù S eruo tal'hor parte ha di Zanni 
Ouefk da Dottor f pejfo vn Granano, 
Ai uf *,da Corte rea fuggi i tuoi danni, •- 
Son le Ai oue Ile f te di quefta forte ; 
Perche pari faranno in tutti gli anni 
In dar Nuoue di Beftie Africa, e Corte . 

Il lodeuole talento di TcIedapo,chefu 
da Rorazalfe nella letta Satira rapprefen- 
tatOjdiè maceria à gl* Amici tutti di biatf. 
marc in varie forme i viti] delle corrotto 
Corti , c le pazze infirmi cà di chi le cor- 
teggia . A tal proposto Ticleue citò vn 
Madrigalctto, ferino già da lui in Euro^ 

P* 



ilio Delle Fraficherit 
pa aa vn togato Corteggiano, in occafion 
di certo Tabacco, inuiatolì . li Madri- 
gale era tale. 

' # 

X Jt Ande poluert tuoi da far ftranuti 
Ì.V 1 Ch'effendi vn Cortegtan dilunga 
vefta 9 

JEforz a al fin ,c'h abbiate fumo in tefia 
’i E gran ncceffìtàjhe Dio v’aiuti. 

Egidcacgo , il quale foleua con pari ' 
energia deteftare bene fpeflb i compa- 
gncuoli coftumi delle Corti d’ Afia , prefc 
licenza di recitar anch’egli il feguentc-* 
componimento SOPRA VNO SPELA- 
TO CORTEGI ANO , il qual* incaro- | 
gnito nelle marce Speranze della Corte , 
tifolucvn giorno di ritirarci in Campa- 
gna, e di cantar iui vna graue Canzonet- 
ta in lode della Speranza . 

*■. 

N EI mondano Spedale (me 

Giace a con mal di Cortigiane file • 
Certo Mattufalemme, > 

Difperato era il male : ■ 

Ma con fperargià viuacchiartdo ad 
i,ì fferch'aì nuomo che more 
In Cortcgi aiia ftanza , 

Macinato Giacinto è ia Speranza . 

Si volete vn efiratto ' 

-wDc la Camera fuOyde le fitte ferme « 
s Fi fé fi tper , ch'eli' eranuda affatto ; 

- Fcrcki nuda ì Colihcon cui fi dorme «, 

Non 


Digitized by Google 


>00 



Fa feto T erzo • 141 

Non haueaqueffa Cella , , 

filtro Quadro dì (lima , • » 

C/S \ nu Conci 11 (ioti cella , 

l Ch difeorreade /* materia pritna; 
E no con gran ragione , 

Perche la conclnfione 
ò opra qu: l muro bianco 
Era prima materia, e Cvltim*anco • 
la Camera haueua 
V >ìo fc/ibet 0 / ch’etto , 

C ISer a d'vn piede zoppo : 

Nè poco era in effetto : 

Perche il Padron dtceua , 

/ Qiiefto Scaheilo è troppo , 

Se vuol meglio fedcr,feda fui letto. 
Clt feruta ni Buffetto > 
v De fa larga fine ftr a il T enitoriof 
C li feruta di fcrittorto 
Vnctno repertorio , 

Che piu caro tenta de le pupille J, 

Doue tl filo chiudevi* Stgo t e le jpiUe . 
Con quefl'armtcmendaua 
C ento rotture ^ mille> 

Che fra 7 tepore t caffo nafeer miratta 
Onde l A^o thiamaua 
. La bell* n fi ad Achille* 

Che feria le Calzette , e le fanaua , 
Jffàper tornar del mio dtjcorfo al punto 
Già che d Ago fi p< rla,r dt cucire , 
Eolfe vn gioì no coftut^ pria di morire » 
Con la Turba campagna 
Trafpiamar il fftto mal ne la campa- 
gna* ? 



* 4 * Delle Frafichtr io v 

per auuerrar queflafienteteza nuoto A * 
Chi l 'entrate non hà»l’vfcit« proua. 
Quitti dico, qual Cigno > „ 4 

Che canta a l'hor quando la Mirti tl 

freme* 

Sopra rhumana [perni 
T ejfiuto a Paria vn mafie ale ordigno 9 
Cosi 'Canto col fuo tener fo due. 

Benché (Poro leggiero , in verfio grano» 

R Afciugate, b mortali » 
L'humidagota > 

Il Fato rota, ■ % ... 

£ Ceco porta il fui contrario ai mali. 
Sfrondato Legno antico 

Jginucrde al fin la chiamai 

£ in mebra adulte egettitor di penta 9 
Nel fuo racemo aprico 
Doppi hreue dimora • 

L'acerbo è dolce at'l pallido t indora, 

• AI anca di F e , 

Chi fempr e geme * 

Chi non hafpcme, % 

Huomonone, 


E *»" 11 r* 

Non fi a , frànto tlvofiro^ fi 
Sperate fempre* (flmpre. 

Speme di frutto aurato 
^ Sfera i tormenti 
Ne i mal profetiti 
Le fofferenze fol fiancano il F ato • 

Temerario Dcttrkro 1 

- * A duro pondo il dorfo ** (mrjo* 

Col tempo adatta a e'I fiordo labro al 

i*!T E coti 


Digitized by Goog 



Fafcto Terzo . *4$ 

«. • E con feritile impero 
' affannato Bifolco ' ^ (folco. 

Fa domo UT auro , e Cinnamoraal 
* Affine* di F e , 

Chifempregeme » 

Chi non bàfpente , 

■ - ■" - - ■ Huomo nonèt 
Non fiacche in pianto il voftro cor fi 
flempre. 

Sperate fempr e . 

Co// cantati a vn Cortegiano vn dì 
Sotto l'ombra d'vn Faggio ; 

F fe ben mi ricordo , mi d/ di M aggio t 
Quando da prejfo vn affino l'vd) > 

. F ece.ragghiando, vn flrillo 
Quafi volere argomentar così y 
So di quejl’berba la verde fembianxji 
Simbolo è difperanzay 
Se palio d'htrba a V Alfine s aferine , 
Afino è ben, chi di fperanza ville • . 
Proruppero in vna rifata gli Amici ali* 
vdita di quello Componimento j c Mo- 
inarte, che volle anch’cflòtrà le ccnfure 
della Corte annoucrar la Tua , cosìrcpi- 
gliò indi à poco . ■' , . 

Veramente le Leggi della Corte fon co- 
me i tuoni delle Chitarre, che ad arbitrio 
di chi Tuona s ‘abballano , c s’ergono;e pe- 
rò i Cortcgiani fono anch'eglino , come i 
a caratteri d’abaco , che variano fecondo 
l’arbitrio di chi calcola » pecche hora va- 

• L a 1 gliono ; 


a Vtlt. 


Digitized by Google 



2 44 Ideili Frafcberie 
elione) vn migliaio, bora vn zcro.Io però 
nò calculato, che per lo più fan zeri tut- 
ti ; pecche in quanto ad elfi non vaglio» 
nulla , & vniti con numero : vno del Pa- 
drone hanno forza di mulciplicarti 
comodità centinaia In Comma c cosi pe- 
rigliofo l’entcar in Corte,come difficile il 
guadagnami entrate , Ogn’vno fpera d i- - 
Hai /arai li, ma non fi penfa, che gii vrti di 
vna fperanza Cono anche atti a far cadere. 

E Ceouit miei configli, 

T re fono tgran perigli. 

In cm tempre ciafcun dee c en figliar fi t 
Ctr l Corte, a aùucrr*,e Aiaritarfi . 
Altro vantaggio non so io feen ere in 
Corte dilfc all’hora Ticlcue/e non qiuff 
vno . Confeguendo colà più fortune , chi 
hà meno ingegno ; c gran bendi, io d vn 
Galant’huomo,potcr iui raccogli er-mdfe 
di buona forte lenza briga di riuangare-» 
nella mente lo Audio d vna faricofa col- 
tura Chi è Alino fatica moltoima per pa. 
v rcr Anno, li fatica poco , 

Anzi è tutto il roueteio, foggiunfe.» 
Stamparne. InLortcilGalant’huomo, - 
per parer Alino faticherà molto i perche 
vi sforzerà la natura;mà fe farà Alino, fa- 
ticherà poco ; perche v incontrerà la for- 
tuna.Sòper volete,onde nafte, che gl Ali- 
ni hanno communeounte buoiia Sorte 
nel Mondo? Vdite,fe v’aggrada, quefta_* 
hreuefauoietta, * 

*’ ' Co*. ' ’ 

yGoojL 


D 



Fttfcio T erz .9 l 245 

C OntenderHo vna volta nella mag- 
gioranza del Regno vn Leone , de 
vn Afino, fi sfidano ambidue al Corto da 
vn Molino, one fi trouano . fin alla meta 
di certo Fonte*, ch*era di là da vn Colle , 
Nello fpiccar delle Molle il Leone s*aua- 
za:e l’Afino ttimaudo vana la Tua Corta, s* 
arrefta poco lungi da quelle. Haneua già 
feorfa la coliina il Leone ; quando nella 
Valle adocchia vn Afino vicino aliame- 
la : e credendo fial Auuerfario,che pre- 
corro l’habbia, fi protetta in arriuando, di 
non cederli, fc non fi riccoreallindietro. 
Era quel! Afino ignorante del fatto; ma 
per promouere d’ vn Si temuto Auci fario 
lafaga,cedcaldetto de’fuoi pattiti e-» 
(picca la carriera con efiò.Non andò mol* 
to, che anche quel t* Alino a rreftò la fua_# 
non dureuole carriera; e’1 Leone intanto, 
checrede haucr à lato il Competitore, 
giunfe frettolofo alla Mola. Hraquiui 
quell’Afino , con cui il Leone hauea la_« 
primiera volta corfo’onde il Leone cré- 
dendo, che fufie anche della fecóda il pre- 
corfore, ttancodi più cimentarli, rifolue 
di concederli il palio dello fcomelTo Re- 
gno. Da all'hora in qua fu decifo, che per 
tutti i verfi tSummarcrutapems Afìnos 
mttneat : c che gl’ Afini pi ù di qualunque 
altro habbiano non faticate le fortune-# 
nelle Corti , e nel Mondo. .* 

Bizzaraparue à gli Amici la dee fionfe 
di Stampecme; e nelle hodierne allegoria 

l 3 ' F* 


Digitized by Google 



34* J Belle Frafeben 

praticata molto: ma perche lo fteflo ad 
altri queliti trapaflando>non diede tempo 
di foggiunger di più tal fatto , richicfc-p 
TelcSapoadirc> in qual Nanonc dEu* 
ropa haucfs’egli trouatt difetti , k o virtù 

In quanto à ciò * rifpofe follo Tcleda- 
po, haurei dadirui molto,e credetemi* 
die per non offender me con le menzo- 
gne , & altrui con leccnCure , affai piu lo- 
deuoli faranno fempr e rtella mia lingua le 
ofeutità che le dichi af atiot i.T uttauolra, 
s*hò da feoprirui in (empiici parole i miei 
fenfi liberi, vi confcfib ,che il folo Italia- 
no, quando è buono, non ha il megliorc , 
quando è prauo , non può il peggiore ri- 
trouarfi>non è Virtù quando al bene fi fiu 
fa , che perfettamentenon imm; non é 
feeleraggine , quando nel male acciecafi , 
che arditamente non intraprenda • 

corruttione del fuo ottimo è lg pelfima. 

Nellaindifferenza poi del gemo verlo 
gli llranicri , l’Italia è più fcimumta Na- 
tione ch'io mi vedeflì mai • Nc gli agibi- 
li del Mòdo hanno ben fcà loro g Italia- 
, ni la a deftrezza d* Alcibiade , col faper- 
£ accomodare a diuerfità di Natura ; ma 
con le forcftierc Natiom pochi fon gli 
Hctcrognathi,direbbono i Greci,che(ap- 
piano in vn tempo magnare da vna ma- 
cella, e dall’altra . Appreso tutti il capri- 

cio 


a jp/#/. _ 


Fafcio TerTe r *47 
ciò vai di ragione, per difendere hora IaJ 
partialiti vcrsVno , hor l’antipatia verte 
l’altro ; ma qui, che più li condanna^ che 
non curano di far le Scimic dì quei tali , 
che farebbono volontieri con effi daLeo- 
ni infermi , per diuorarfcli . Vedete di. 
gratia, come l’Italia ha copiati in mè gli 
originali di quei popoli,che già furono le 
copie de i Tuoi Originali . Ofseruate la-, 
f concia tura del mio habito , la polucre di 
Cipro fui capo , la moda della barba ra- 
liccia, del Capello aguzzo , deiNaftri 
confuti , del Giubbone fmilzo : de i Cal- 
zoni sfondati , e dello Stiuale piegato a.* 
barca, c piantato a corna. Qucftaè vna 
forefticra Moda , piaciuta alfltalia, per- 
che altri l’ vfa : vfata in Italia , perche al- 
trouc piacque. 

J l Prima vi/fa pare , 

\ Che gioitemi Brigati 
yfino in eapo lor mode F ornare , - , 
Mentre pertan le chieme infarinate * 
Però direi 3 quando a la Donna bella 
Il G tonane vuol bene , 

Che mal non cje ne la Tefla tiene 
Del pane i fegni , vn eh' a la farne ve<* 
cella . 

Strati agame pen fiero , 

Gl' altri con color nero 
T ingono in se la verità canuta , 

E ne' nofiri paeft ìl Caualiero 
in bugiarda canitie il capo muta, 

L 4 Eram - 


Digitized by Google 



. Delle Frascherie 
- JL rammentati dogame 
Da Vecchiezza à morir fia eerfa cor* 

t a , *' ■ 

JSfe la tenete fmert a 
Porla fempre il .. w sii le chiome • 
Del C multerò tl vol*o 

Manto dei crm mi garba*, 

* Paiebe, qual Lana in mutar faccia » è 
flebo, (ha. 

Quel che cagta la moda ac o ala bar - 
- Vna volta del Volto er un modello 
\ Certi m ufi acci a punta di lancetta , 

E certa barba torta à grimaldello j 
Hor la moda è interdetta , 

Che con model più brutto > 

~ Radendoti vi fo tutto . 

. Del pelofo ornamento 
Fanno mentir nouetUmente il metò x 
Ond'à fatica il labro lor barbuto . 

Che*l barbtero Bifolco 
Quafi tutto hà mietuto , 
Perfemez.adip.li hà vn picciol folce • 
E pur. cotanto in fua bellezza audaci 
Pian coloro t capricci , 

Che mguifa talraficci. 

Credon rubar da le lor Donne i baci , 

0 quanto in ciò fon Cau alteri erranti 
Fili toflo ogrìvno e degno , 

1 bacihauer da vn Zoccolo dilegno % 
M cntr' hanno faccia affai da,.* 

Qu e paguro Capello , v » 

C he forfè odora male , 

P crch e fatto à Pitale , 

Gta 


Digitized by Coogle 



Fafcio T er x*. H9 
Già ntrouato fu , * . 

. ? erc he do ut a quell’inueotor Cervello 

Schifar in lui qualcb'efcrc mente in 
S e pur noi ritrovo , ( s ù 

Per poter dire io fo 
C entra i'vfo cornuti lubrica l'opra, 

. • • • gl* altri di fotto,& io chi opra. 

Attaccato al Cordone 
, Gira d'intorno intorno 
Di più colori adorno 
V n Fondico di N adiri in proce [fi onc 3 
Orde colteti entro Fcnet iati afe , 

E tal moda ojfervafje , 

S cn[a d*bbu> diri a •, 

Ch'yn Rialto di t eff a è Merceria ; 

Adà con moto più bella , 

. Poiché di fet* il laccio 
, Fà corona al cccudio, ('ciò. 

Chiamarci l'Inventore vn Cerudlac- 
Adàil Giubbone vn vfanza 
Dì rotonde faldiglie, e di minute , 
Ch'aperte ne la pan za 
F orman punte cornute ; 

E rafsebra la Luna^all' h or che torna 
C'hà due dita di faide, e m offra corna . 
Falde di cofforo , 

r ?*[/*,' Potarvi entrar l'aura di fiate. 
Eia d'occhiute Fineflre vn Corridore 
Ove non ft ano mui ffringhe affacciate; 
Che le pouere Stringhe t filiate 
Nel giro de' Calzoni 
Sette flati pendo Ioni, 

E de' puntali fuoi decapitate : 

L | Et 


by Google 



Ijo Delle Fr afe berti 

Et Mitre pei contrite , 

Ter veder fi bandite 
Da la primiera fianca ; {nunzio. 

Stanno in ginocchio a chieder perda - 
ha moda del Calzone , 

P ere b' aperto nelfondoye ferina intrico 
S*al\a fin al bellico, (< none ; 

Chiamerei per guadar buonainuen- 
Mk con effetto è de la Brache il Foro 
De' miei Venti e falati vn S fiat at oro. 
Quello, che poi da me 

Coti rifa adulator fempre fi loda y 
E il c aminar per firada dco la moda , 
Ognvn di noi per naturale affetto 
Maone le gambe fitte con mot or etto ; 
E quefla gente afiuta » 

Ter nonguafiar la piega a lo Stiuale * 
Che in figura nauale ( acuta » 

Curua a l’ indentro ha la fina prora~> 
Muouere in via fi vede 
Con giro tondone a caracollo il piede, 
Mk qu eliche infine atìorna 
Quefla moda cotale , 

E vn a forma di Scarpa , b di StiuaUy 
Con certe punte organizsate a corna , 
Va quefles annue de y 
Chel dominio cornuto h oggi s' auaz.a* 
Vna volta le corna haucan Fv fianca 
Di nonpaffar la tefia,e qa) fi vede » 
Che fon dal Capo anco apliate al piede 
O pur laffano il capo , e al pie fen vann*\ 
Perch'ogn’vn s'ammaefire , 
Càci-Capi ptincipal corna non hanno* 

Ma 



% 'io T erz. 9 . 2*1 

Ma fon proprie le corna à Phuoiu pe- 
deftrc. - r 


O pur direi , eh e vn giorno 
C afe ar patria da l'humai 


(«V 

_ - . cape vn cor - 

Per qucftoilpie l'ha confermate affai, 
Che. chi fta Tempre in piè , non cafca 


mai. , .,, r> 

M à fi a meglio, eh e' l piè la meta tocchi v 
Quella c'hoggi i vofìr occhi 
Merano, ^tmicifin vn paefe infi abile. 
Et efitner a moda, e non durabile . 

O/ imitai or c erudir 
Da se ftejfi re belli, 

To fioche vie vn altra Moda in (lima 
jibbandonan la prima, 

• & ogn'vn fi prenderà gioco 
Il rinegar l'vfanz.a,in che fi trotta. 
Per credere a la nuoua , ; 

C he fon ficur di rinegar fra poco • 

Vi conclude pero Moda di Mafia, 

C he, nel portar ve fluì, 

Moggi in Italia s'vfa 

che Veggio di Done a gli appetiti 
■i /f degli Adulteri permejjo , 
a Molti hauerii€,vn goderne, cca«- 
gi ar fpefiò . 


^ Sol lazze u°Ic > & inafpettata riufeì a gli 
\ d>tori amici la faceta defcdttione della 
Italiana Moda; ma perche l’hafeito di T«- 
ledapo appariua fuperbamentc guarnito 

L 6 di 


a Guar. 


Digitized by Google 



Delle Fr afe berte 

dotati merletti, nacque curiofità a Sta- 
perme,di fapere, come hauefs’egli potuto 
Con l’adefcamcneo di sì ricco arnefe vfeir 
franco in sì perigliofo camino dalle rapi- 
ne de’ Ladroni. Rifpofe alle interrogatio- 
ni T eledapo , che pur troppo era egli ca- 
duto vna volta in Italia in si fatto rifehio; 
ma che per miracolo né forti libero; e per 
narrare in dillefo l’accidente, che curio- 
fiflìmoera , neriprefelcnarratiuein tal 
guifa . 


I Oviaggiaua, due anni fono, per l’Ita- 
lia, con la Camerata di molti ; quando 
yna mattina, nel pafìfar da vn Kofco, vrtai 
infermali huomini, benifiimo armati , 
che tutti da vno in poi , erano camuffati 
nelle buffe. Sbigottiti alla prima vi fta_* 
i Compagni, fi ritirarono alquanti paflì 
indietro , in vn lato della Spelonca: onde 
verfomé, che volli intrepidamente non 
muouermi dalla via , tutti i Ladi i in vn_. 
fubito con l’armi calate fi fpinfero . II 
Caporale di effi, efcrcitando meco vna_« * 
furiofa violenza, mi fecetofto vna con- 
fufa interrogatione del nome , del cami- 
no , c de i fuggitiui Compagni. Rifpofili 
al miglior modo, che feppì ; & in quanto 
alla mia Comitiua , mi venne detto , che 
gli altri fi cran forfè. ritirati , per fofpet- 
to , che eflo con quei Tuoi Galant’huomi- 
in Malandrino non fufic ; ma che io, pec- 
che ' 


F *fcio T erz.o * 353 , 

dhe morto non mi era , rcputauali tutti 
Guardiani di quelle Campagliele del Bo- 
fco. Fidatomi poi nel Caporale, che-* 
Colo con imperio mi fauellaua, difilli» che 
il Tuo bcirafpetto m’indicaua in lui pitk 
natura da imprendere le difefede i Paf, 
faggieri , che da far loro oltraggio . In-è 
tanto io mi era tratte dalle braghe alcune 
monete di argento , c già le haueua offer- 
' te a quel Capo , come residui del mio ca- 
mino; Mail buon Ladro s’er a così fat- 
tamente compiaciuto delle mie lodi, per- 
che fue non erano, che cangiato da quel 
di prima , ricusò di accettare le monete . 
V110 della imbacuccata Mafnada , che 
vdì quelli infoienti rifiuti, lo inftigòa_* 
prenderei denari: & il Caporale riuoi- 
gendo contr’effo l’Arme, dirteli imperuo. 
famente. Taci tù che io non voglio nuL 
la da Coftui. All’vdira di così affaflìne 
cortefìe, ricominciai ad incalzare troppi 
rettorici , & aggiunrt alle replicate lodi i 
miei oblighi . Ripregai torto l’Amico , a 
prendere almeno in beueraggio vn*-. 
portione delle offerte monetejdé egli tor» 
nò a replicarmene con virtuofa pertina- 
ci*» i rifiuti; Qu^ fi fece frà la mìarelliua 
muniticeli'/ a,e la prodiga rapacità di Co- 
lui i la piu curiofa gara di cerimonie , 
che mai frà due Scgrcter i e s’vdifsero . Al 
fine, filmandomi honorato da queibof- 
chcrecci Fenati , più nella licenza , che 
«cli’hofpitio , e trahendo meco il gua- 
dagno 



. * Delle Frafcherié 
cagno di cinquecento feudi, che diuiii io * 
collane i e monete eh io teneua frà i na- 
«cojidigli del Vefti mento riporti, riprc/i 
tolto con la mia ricuperata letitia,e fenza 
ucceffitàdifprone il cammino. Intanto i : 
«nei Compagni,che, come diflcro, non_* 
riebbero cuore di fuggire airindietro : 
perche panie loro,di efler porti in mezzo 
da altri della Squadra, che di fatto erano , 
nfolfero di sbuccar fuori, c di riporli tut- 
ti ndl’arbitrio della Fortuna; Onde gli 
Aflàffini,rouefciando ne i fuggiafehi huo. 
mini quella fame, che haueuano poco an- 
2Ì foftenuta nel volontario digiuno delle 
miemonetc/ualigiarono ad vno,ad vno 
i PalTegieri tutti, di quanto puotè rapire 
la violcnza;ò facrificarc in dono la paura. 
Per lo beneficio dunque , che traili io da i 
malefici iiifludìdi quei Malandrini , efa- 
gerai frà-me flcflo quelli fentimcnti> 
.quando in ficuro mi viddi . 

4 

D A s) firano accidente ogn y vm 
J quadri , 

• Che in yneflo tempo a ipoueri Poeti 
Rubano a $ Donatori donano i Ladri . 

* 1 * — 

Marauighofo oltre mi fura panie Tait- 
,»icnimcnto,coiatato da Teledapo» ccon* 
chiufero tutti , non hauer mai vdito La- 
dro men degno di corda,e più cordiale di 
colui; ma perche nellcx^ondanc cote, co- 
me cantò il Lirico* * 





Fa feto Tirz9*~ *£5 J n 

4 Nil efl ab orniti — Torte btatum . %• 
Raccontò Teiedapo, che nel fuo ritocib ' 
no ad Ephefo gli era al rouefeio auuenii-*5 
to. ' . 

Difife , che in vn luogo d’Epico fù alfa* : 
lito , e fpogliato da i Malandrini , e frà i ■ 
Cittadini di quel Paefe,non fenza cagio- > 
ne ; fecondo ai canine razze ,più canità , . 
che carità r itrouato hauea. Lonchiude^ 
polche in vnfol Contado vn ruftico,mai 
ciuilc Huomo,l’haucua nel fuo habituro 
fraternamente raccolto, e quiui trattenu- 
to fi era , finche da Corfù , ouc attenenze 
di pareutelle haueua , gli furono i nccef- 
farij viatici trafmefll,per loprofeguimen- 
to del fuo cammino in Macedonia . 

A pena hauea Teiedapo terminata-» 
quella fua nacratiua , che Egideargo , an- 
lielante olite modo delle glorie deli’hof- 
pitc amico', prefe à'fauellar di lui alla Bri- 
gata in si fatta guifa. 

Narrò Teiedapo inqueft vltimo acci- 
dente i danni dclIaFortuna,manonifpie- 
gò per modeftia le vantaggiofe fpccula- 
tioni dcirintellctto , che per lo più fra le 
turbolenze della humana vita r Schiara- 
li . Dall* empie repulfe, che trouò egli 
nelle fue milcrie frà quei Cittadini ifL* 
Epiro , e dalle pietofe accoglienze , fat- 
teli in vnrufticoHuomo nelfuoTngu- 
rio, traile materia in cammino di deferi- 

ucre 


agle 


Sk Ho rat. 



Detti T r afe h erte 

uere in ampia forma vna Fauola di'Oui-., 
' dio, neU'Ottauo delle Trasformationi , 
della quale: fe non vi farà noia l’inten- 
derla , fpie^hcrouui io la Tua alterazione 
ingegnosa, in quello vaghi (fimo Compo- 
nimento di Ottaua Rima,che fi compiac, 
que di coromunicarmi /là mane. Qui pa- 
rendo ad Egideargo ; che Teledapocon 
vn forrifo tacito > e che il cello de i men- 
tòuati Amici con le loro infilanti pre- 
ghiere a i fuoi ragionamenti acconfcnti f- 
fero , doppo la lettura di vn anteriore ar- 
gomento , prefe per lo filo a di (tendere^ 
della promcfsa mudinone la tela ; e così 
cominciò . 

» » » y , 

R lfoluto/i Gioue di punire alcuni 
empi HabitaWi della Frigia; il 
mafehera da huomo in compa- 
gnia di Mercurio; ceciato in Alia, in ha- 
bito di mendicante, và chiedendo elemo* 
fine col Figlio .Molti li dileggiano, tutti 
li fcacciano,netrouano chi foccorra loro 
di vii minuzzolo . Finalmente fuori di 
vna Città della Frigia , s’abbattono nella 
- rozza Capanna di Philcmone.c di Bauci- 
de , Marito , e Moglie , che fin da i primi 
anni fpofatid , s erano concordemente in 
quel T ugurio inuecchiati , Quiui giunti 
gli feonofeiuti Deijchiedono mercede.»; 

* Mercurio 3 che traheua feco la Lira } di 

cui 


Google 





/ 

F afcttT trx.o . a <7 

Cw fuimrmtore,canta, come de’pezzcn^J 
ti c Pvfo, vili Canzonetta . I Vecchi im- , 
pietofitili ricourano,e preparano loro 1® 
menfa: e fra tanto Philemon? deforme 
con eloquenza, nfu'ali da Gioue, la-#' 
tranquillità d? If io Italo ruftico, Doppo 
quello gli hofpui lattano i piedi a i Pere*, 
gcini, e corte-demente imbandifcoiio il 
roz o pranzo . Si pongono a menfa, nel- 
la quale Gioue fà multiplicare il Vino. 

1 Vecchi confuti dalla nouità , ne ringra- 
tiano quel Gioue de i Cieli, che era , non 
creduto firà ufli , e gl’incogniti Numi , fe- 
condano fintamenre la difpotitione dei 
loro Voti. In tanto per far factificio 
gli Dei hofpitali , cifoluono di vccidece 
vn Papero:ma mentre Bauci traccia que- 
ilo per Cafa , Vccello fuolacchiando fi 
ricoura in feno a Gicfuel Gioue allho- 
ra,c Mercurio, riprefe le loro lucide fem- 
bianzc,fi difeoprono per Dei , & imman- 
tinente i dipingono à gli Albergar ori, che 
con elfi ne vadano verfo il Monte . I vec- 
chi pieni di ftupore, lafciando in abban- 
dono il Tugurio, feguono l’ormede’Nu^ 
mi . PrefTo la cima del Monte . Philemo- 
ne , e Bauci , riuolgendo gli occhi, vedo- 
no la Città vicina fommerfa da vn pre- 
cipitio d* Acque . Indi a poco, mirano Co- 
pra vn tranquillo Lago piantarti sù la_# 
bafe di vn Ifola la loro Capanna , e que- 
lla indi a poco trasformarti in vn Tem- 
pio. Qui Gioue diflingue alti pietotiffì- 
• * ini 


Digitized by Google 


lf8 <Dtllt Prafekert* 

mi Vecchi i Flagelli , dati alla Città , e Se 
grandiffime Grafie fatte alle loro Mure 
Hofpitali . Et ancora cel dichiarare i 
detti Philemone,e Bauci Cuftofti di quel 
T empio, oue molti Anni poi concorde- 
mente fe ne videro . Et alla per finefenz* 
alcun dolore di Morte » furono ambi io 
due facre Querce contieniti . 



« 


GLI 


Digitized by Googte 



' w 

GLI DEI 

PEZZENTI. 


« 143 ? 


C OrreàSeeol briccone ; et ceri kn* 
mani 


Erari putride tombe a morta Fede 3 
Efea ne * Re^uafi in Ladron Spartani 
Mafcb orata Ragiongiufte le prede. 
Meretrice Amicttia apri a le mani 
Ter vergogne venali a la mercede ; 

E con onta de* Cicli erari gl'inganni 
Faufti Pianeti a incoronar T ir anni « 


Fatta meta vn guadagno, a foro b Attuto, 
Falli adulti corre anfeofee/e miglia \ 
Ne mai folta con l* arbitrarie aiuto 
Arretrar la Sin derefi la briglia, 
D'ogni Ricco il Mendico era il rifiuto » 
Ne da Borf e pietà traffico da Ciglia: 

E Col la robba altrui per tutti i canti 
Taide parea con quantità d* Amanti, 

Mentre attende an vitupero fe fette 
Nel Ruoti de l* Afia a barbicar coflumi ^ 
Là /aura il Cui, per decretar vendette , 
Con figlie fe angli il ornatati N umi > 

Cih 



360 D*Ve Frafcberie'i 
Ch voleafoprai Rei piover Saetti* 
ChtZfrJar jcprj t fi eigorgo d' Fiume* 
jìl fin G oued l Ciel lajf a i veftjff » 

Chi «im a Ai eroine,* cala [eco Ài Frigi» 

Mafcherar da vii huomo iì ditdn' volto 
fé perfori lor p*irut opportuno , 

Ciac he in Latin ,dt cw gli Dei sa molto 
La perforiate la mafchera e tutt ' vno * 

Fojcia in vii Saltami arco in corpo in - 
teolto , 

Scefero in Frigia afimular digiuno : 

JE qui gli Dei conciti fero ab cxp^rto , 
Ch’andar pczzendo hoggi è Dettino al 

(Merto. 

peparne a Giornee al fuo diletto flr ano 
Prender forma d'vn Fi uomo j e di vn~> 
Guidone , ' 

Se già, in fuggir dal gran Tifeo lontano 
JJvna Augello fife, l'altro vn Motone 
Bechi Gioucàn penf archila fua mano 
Già per Danae gentil piouea dohlone * 

F e maggior pitoccando il fuo martire* 

Ferch* allora era u Oro*hora era u Irò. 

\ 

* , « . . V 

Clone vn Vecchio fi fin f t * e li regge a 
La mentita Vecchiaia vn Bafì once Ilo , 
Mercurio polche fc altro tgegno haueà 
Face a per ecctllenH^ada At un elio* 

Chiedea mercede in verfi*e li piouea * 

Da ie luci vn Rimario del Rufcella * 

E in quefte note à la raminga fame 
T rar fi crede a l'alta pietà d'vn Rame , 

'Mor-^ 

Digitized by Google 



Taf ciò Terzo, 26 1 

Mortali,© V' i, che da le Stelle hauete 
D’alimenti fecondo vn pinguefuolo* 
Ne le miferie altrui deh riflettete 
Di de >tata Fortuna vn raggio folo , 

Ne la fame,che n*ange,e ne la fete 
Tempri» voifreletitie.il noflto duòlo; 
• C he il Ben , verfato in Pouertà mendica 
Seme farà ■ ultiplicato in Spica. % 

Aia che vai /’ Eloquenza ì vn membro 

• M9ZJC.0 

Hauer anco potè a che zìi oravano, 

C on la muffa barbuta vn fecce tozzo, 
A 7 on v'era vn Huom, che gli appettajfc 
in mano , 

A l arfe fete h umidità d*vn Pozzo, 

A’ è pur fi offria,che veramente e (Ir ano 
filtro mai non v diari per ogni T erra t 
C he A la Furca Guidoni,itc à la Guerra. 

Incocciala qual Rofpoale (affate 
V opinato Ai tr curio a t fieri detti ; 

£ pere he » Ricchi in quell auara Etate 
Le Poefie chiamauano dif etti, 

C biedea mercede in pr 0 fa:e dice a. Dato 
L'clem» lina a quelli Poueretti; 

Ai a (ole vàia da l popolo rapace 
Quefte (ceche parole , Andate in pace. 

Tna Donna in Balcon le chiome aurate 
Spande a a Emulo Sole a 1 paragoni , 

F ifso Ai er curio m et luci impenfate% 

E le dijje cosi le f uè ragioni ; 

Voi 


Digitized by Google 



*6* fittte F rafie berte 

Voi,ch'àpefcare vn cor, reti acciugate,- 
Cangiate ornai le voftre prede in doni} 
Ch’à voi più recherà glorie diuinc 
L’argento d’vna man .ch'oro d* vn crine. 

Qui la crudele Arpia^bench' auree mafie 
D'Alchimifiieo crin neri cacciati fame 
Jnuolto etro vrta carta a i Numi trajfe 
Degli eri [udì lo [cardaVate (lame* 

Ma fi letge y che irate a T horcangiafie 
Gioue i Juoi cri n di Canape in legame* 

Qua fi velefie dirle . Hor che le ricche 
Ghiome non hai, la fuue Ior t’impicche * 

Chiefe Gioue elemofinaa vn Zerbino > 
Mafie in guadagni il felito progrejfo , 

Ch' Amer delfoeefue f otto il camino ; 

Le monete di lui [quagliati a fpefio • 

Ogni Cerne et Am or brama il quattrini 
Ter che Cupido, e cupido è le Beffo ; 

Ne fa ftttper y ch'ai p eutrofia crude , 

Chi nega vn Cencio a vn cieco fiio»ch'i 
nudo. 

Certo brodo ad u fiefie vngforne chiede 
La lor Donimi a , eh' era già fecca , 

Vn Piatte vnto , mà itolo d l'hora diede 
L’Hofle a Mercurio dipeli. Tò lecca, 
Fife Ater curiose replico , Si vede, 

Che l’Hofte in noi crhoftilità non pecca 
V uol , che netti i Tuoi piatri vn Diodi- 
* giuno , 

Perche nettaree Nettare è tuttVno . 

Mà 

Digitized by Google 


„ . Fdftn T erto'. z6t 

JW.A fkcafo ridicolo agli Dei, 
Aientrefean d'Elemofim richieftaì 
Da vna Finefira in (or certi Plebei t 
Vtrf irò vn v*{o d'xcqu/t in tù la tettai 
Piouano,pur diffe a l'hor Girne, i Rei, 
Vn dì fia lor la pioggia mia moietta ; 

M a per quanto in quel di ditte vn Lu- 
nario 

Gioite, e M er curio (lattano iti Aquario. 

rincontrando per Stradava l . ; 

Che la Crtifea direbbe vn Barbajforoi 
Me . . tux,dijfc, commendo, 
•Mercurio, e nel latin chiefe vn ri fi or Ot 
Quei ,faper dii atinforf r credendo , 

• • • non habeo, dijfe loro , - 

Co sì volendo dir. Non ho vnquattri- 
110 , 

Dijfe, ch'era empio ,e non [ape a Latino 


Mojf rro al fin da la Cittade ipafit, 

T antt digiuni de l human a aita, 

Quamofatij de' Vitij,c tarozzi fatti 

L orme trottar d’vna Pietà bandita , 
SpeJJo il Valer fede trafpianta> e fatti 
C tulle tl Bofco,e la Città romita , 

* E onta pur de la magion fttperbe 

Germe di alta Virtù [puntate frà l' herbe 


^ f HOr J del Borgo in vicinanza 

BoTa magion d' Architettura [cabrai 
Che di murainfrafeate banca Ufi Zzai 
E vii Neccjfttan'era la Fabra. 

Qui 


Digitized by Coogle 



1^4 Deile Frafcherie 
Qui compendio eCvn Fioro • mp'ta la-t 
, . panz.* : ' 

Qutdtfcorfo d’vn Rio beuran le Ubra » j 
E qui (ole a propagar or Faff al lo 
T tibutida* dtPoWuttomvn Gallo. 

« * | • . , 

Del felli aggi* T u furio batte an fonemi 
B mucide, e Philemon d'anni già oreui* 

~ Pondo di ì ouertà restano alterni : 

M a vn bel (off ir t %itt i dolor fa lieui . 
Vjjjero cimanti a Primavere, a T r crnf\ 
Finche in fio/ pùntemi cadde e netti* 

F fatta poi Paccor a Eia men fc altra, 

. De l'vn l'impero era vn fer Maggio ita 
Patirà. 

Congiunti tran cosi che ne c onusti 
òi Congiunti non jen le menfe a i Sali: 

Se no» quanto fra ìor da gli appetiti 
Facean dtuorz.t i fomiti ca> noli. 

Due far menti parean di fece he viti , . 

P «z.z.i parenti cC infracidati pali , 

Foco a pranfo magnauano , mà qua fi 
. Sempre traean la co lation sii i nafi . 

Nonfifapeua*fe più con fumate 
Jriauejftro ie membra ò'l M atnmonio* 

- Si sa bea che più anttea haueai Fatate* 
Ch dritte agite non ha ferine tl ... 

St rtcordauan quando erano nate 
Le gambe Serpentine ad Enttonio , 
Anz.hC hauea d/Jfe vnNotaio in CirrA 
Da la CafaSzttoma Alia vna F ir rat. 

C or- 


Digitized by Google 



Fafcìo Tey^o. 265 
Corta vjfla hauean ambi\e batte ano an- 
cora 

ifeffì occhiali lor vifla non f ina \ 

Onde Gioirà gentil ve de a fi à l'bora , 
Che la V occhia cucia la fuaS ottano , , 
Ne la cruna d'vnuigo u quarto rfhora 
Con la Lacia d'vn fil correa Quintana. 
£ fe regge a dritta vi fiera il Nafo , 
Frane al fin l imbroccatore il Cafo . 
Quando Bauci prende a , per far attorto 
Le [placchiate Canapi , la Rocca , 

Colei parente he lunghe vite » 0 corte 
Ftlafo troca al Ai ortafquado gli tocca 
£ ben ver , che la Parca hà in man la~> 
Morte , 

M hauer Battei parta la Ai erte in boc- 
cau, 

£ di nero cammin prejfo al calore , 
Filar [ole a le corte vite à Ihore . 


Hor quiui appunto,oue Innocua ha fede 
S montar fero gli Dei la fua molejìia , 
S Motar,difs'io:*percbe nogiano d piede, 
Dei, che per tra eran J aliti in beflia . 
Qut S er Gioue il buongiorno à i Vecchi 
diede , 


jì la moda, con modo , e con modeflia, 
£ mofìr arano affi fi in <vn iftante 
Aiendicat a fiancherà, e mendicante . 
Perche fpejfo cantar Mercurio fuole , 
Com’vfo 0 de* perenti, vna canzone* 
C erta Lira,ch*à fecole fu fu a prò le , 
Stacca tofto dal fianco ,e in man fi pone, 

M Gio ne 



ti>6 Utile Frafe Ferie 
Gioue tacea , perche canore gole 
Httaer non danno mai Regie perfone . 
Chefpeflòfà, come in Neron fi mira . 

Scordar gl’imperi vn accordata Lira . 

\ 

Col curuo Archetto , ond'hà ladeftra •-> 
armata , 

Va le corde a ferir da l* alte, a lime ; 

E forma in vn con la [ìniflra alata 
Belle fuge animofe in sii le cime, 
Tofcia per trar dal fen voce purgata , 
Da le torbide fauci il vìfco ejprime , 

E apprefe il tuo,ch' a le f ne note ei mefce 
Lenta al fuono lo fpirto , e al canto il 
ere [ce . 

S prigionatoli pcnficri , 

Che premete . 

D’ vna Reggia i nidi auari , 

Qui vedrete 

Senza foco i fumi alteri , 

E procelle fenza mari , 

Mirerete 
Dentro il velo 
D’vna Nube fenza Cielo 
Pauentar Alma,chefperi, . •„ - 

Sprigionatcui penficri « ' 

Trasfcriteui Speranze, * 

Che à tutt’hore " _ 

Siete à l’Anima vn tormento; 

Mentre vn core. 

' : Pien 


Fafcio T èrt.o 267 
Fien d’inutili baldanze, 

Per voi fole abbraccia vn vento , . 

• Per voi more , 

Corta vita ; 

E’n chi brama hora gradita » 

Breue dì non vuol tardanze , 

T rasfer iteui fpcranze ♦- 

Accoglietemi Campagne , 

Voi mi aprite 

Ciel fereno*& ombre grate * 

Voi gradite, 

Che letitie il cor guadagne 

* Da Speranze feminate , 

Le romite 

Voftre Selue 

Campi fon d’vccife Belue, * 
De*penEer fon le Compagne r 

Accoglietemi Campagne. ~ . 

D’ vna Cintia cortefe vrna ftillante 
Fecondi in voi del buon Cultor la fp e- 
me ; 

E chino il Sol fra rugiadofa pwnte , 
Coni S raggi temprati il volito teme , 
Paflì armata là Nube, à voi dauante . 

K faluti col tuon T urba che teme * 
Fermata poi Cotto auucrfario Cielo , 
Vibri in folco di Rei globi di gelo • , ^ 




Delle Frafcberie 

Qui fe pof * Mercurio al dolce canto ] 

T oiche il varco vocal di fete arde a , 
Onde a temprar V arder tqlfe da canto 
T orto vafo ripien d'ambra Lem a , 
Queflo al labro fofpefe,e l'orlo intanto 
Con bei gorgogli in Nettare piouea ; 
Fin che fparfo d’humor l’Organo roco ì 
L'hurmdo precipizio efìinfe il foco . 

In afcoltar la Pouertk canora 
Vn pietà fo tintinno à i Vecchi fuona ; 

£ qucfti all’hor,fenz*a interper dimora 3 
Dentro chiamar la Deità barena. 
Sopra certi treppie , che flauanfuera. 
Li fé feder la rancida Padrona , 

Mane a z,oppo vn T reppiede il pie confà 
pagnoy . ’ - 

Mk il pez.z.0 d'vnpiattel gl'erfe il cal- 
cagno. • % , 

Battei vn Panfrà lor due tolfe a partir^ 
* Crudo nongiàfenche Nero» parca , 

E die lor certo Vinche potean dire , 

Vin Vinitian , perche dei' acqua hauea , 
Magnar poco gli Deiiperche venire 
Ganimede ognidì Gioue face a, 

Che traheatantigit/li Ambropanì , 
Qndti hauer ne potria quattro Milani . 

j - > • • * 

* • ' . 

Chiefcro intanto a' Pitoccanti i Vecchi , 
Doue han la cafa,oue il lor pie camini > 
E Gioue, perche aprian tanti d’orecchi* 
Appetto gran carote a quei mefehini , 

Al 


iy Google 


Tafcto Temo * • ,* * - 

[jLl fin quefiti fecero parecchi " 
la Coppia Conforte i Pellegrini , . 
Poi Filemon lo fiato fuo deferire 
Con confa fa el oqnenz,a 9 e così dtffe . 

I N quello Albergo, oue mi tratte il Fato, 
Del mio giorno vital godo il fcreno ; 
E Ce viuendo lyuom fù giama i beato , 

- Qual cuftode d Elifio igiorni meno , 
Non fan tributi mifero il mio ftato , 
Non fan pensieri lacero il mio feno. 
Le Reggiefprez 2 o,e fol vedermi curo 
Cittadino di Ciel,pria che di muro i ■. 
Tempo già fu quand’è l’Huom meno ac- 
corte , 

Che di mia libertà cangiai lo ftato ; 

E fui nel mar de le Speranze attorto , 

E fui palco d’Ambitione al fiato ; 

Hor che ne’flutti miei trouato hòì 
porto , 

« Lafcio à tumide T urbe il ra3r turbato; 
E godo io qui , come il veder foaue 
Sopra lido ncur naufraga Nauc . 

Qui di rozzo confi» fon Regc anch’io ; 
Forma la Reggia mia fterpo feluaggiqi 
Inoltrano le Rofe il manto mio ; 
i M’indora il fuolo il mattutino raggio, 
- Tapeto è l'herba,oue s’imperla il Rio, 
E Trono vn Monte, oue dà fcctroil 
Faggio, 

Son mie corone i ftor,B auci,ècompa- 
, gna, • * ' * (Agna, 

Tributario vn Monton, tributo vru< 

M s 


D 


y Coogle 



FafcioTerx.o Vji 
Qui $’ armato di ferro auuian ch’io 
mieta # 

L’inutil ramo al palmite Letico,' 

Veggio al cader di vanità ferite 
Sotto maeftraman piagner la Vite . 
Quando arde poi sù la ftellata mole 
l) i Leon Cleoneo Giuba crinita , 

Veftefi il Campo mio d’vn biondo 
le % 

E del Sole i color Tarlila imita ; 

A Phot la falce mia mieter la fuole , 

In faccia à chi ne crea , i’efche di vita j 
E pria che in man d’horrida Parca in- 
ciampi. 

Sembro a foilegni miei Parca dc’Capi, 
QuaThor di State in fra gl’ardori efbremi 
Tempra Erigone pia feruide ambage 
Al nato Eumoc de’grauidT racemi 
Con doglio prigionier formo le fafee 
Mentre de Tvue i crefpi globi, e feemi 
De la pioggia Thumor gófia, e li p afee , 

Miro quanto in vn Bacco acqua con- 
trada X 

Che in viteil creale ncfcriftalU il gua* 

; # fta* m > <f 

Se il gran Pianeta il Incido gouerno 
t Da TArcicro Cétauro in Capra muta , 

^ Di gelata ftagion pronto à lofeherno 
_ Fuggo tra Lari miei l’aura tcmujta . 

Qui m’adì do à le fiamme , in finche il 
Verno . 

Hà per trimeftre Età chioma canuta; 

E vn legno al fin, cui la mia Vita è pefo, 

M q Mi 

Digitized by Coogle 



ìji ' t)elle Fr afe berte 
Mi regge intiero, c mi rauuiuà accefo. 
Quella vita morttal di Prato kà faccia, 
Oue han molti Animai vario il taléto. 
In lui fegue del Lepre il Can la traccia. 
La Cicogna lacertc, herbe l’armento . 
Là tra piùme otiofe altri fen giaccia , 
Varchi le gole altrui Uranio alimento. 
Qui la fame, la Cete, c l Tonno mio 
Appaga vn Prato, vna Radice, vn Rio. 
5prezzator ftudiofo io qui non viuo 
D’ogni diletto, ond’è Natura amante ; 
Nè aborro il ben, perche del ben fon-» 
priuo. ? (re. 

Nè moftro Hippocrifia tra quelle pià- 
Scarfo non fembra al buon Colono il 
riuo, 

- Che comparte al Tuo prato humor b a, 
dante; 

E à far de l’Alma mia fatie le brame. 
Baila vn lieue alimento à poca fame . 
Pari à fpatio di campo ioferbo ilfeme, 
Pari à l’cfca,à la fame io varo il merlo j 


Nèda lungodigiunfpinta la fpeme, 
Anhcla al fin d’ vn alimento incerto , 
Così di Pouertà duol non mi preme ; 

Ne a cader vò,pcr rimirar tuopp’ecto. 
Che Fortuna è dc’piè pari à la, fpoglia , 
Troppampia atterrai tropp’angufta^ 
addoglia . 

Chi mena i dì con legge di Natura , 

Nc la parca mangioti l’anima acqueta. 
Chi d* vn auido fpirto i moti cura , 

Al fuo lungo fentier non tcoua meta , 

; > ai- 

Googi 


Di 



V a peto T erte f 275 

Alma non fatia in pouera -mifuca , 

Ha nc la copia fua fame inquieta ; 

E fe’l ben,ch’anhelò,mai non raguna > 

. Delitto è di defio , non di fortuna . ; 

Forfè auuerà^ch'al ben oprar m'infpire 
Solitario confin di chiufe Falli. :1 
Langue hoggi il vezzo, ouc non è chc’l 
mire , 

Ch’anco la gloria fua tentano i falli . 

Non vuol Bofchi fuperbia j e humaru? 

,, fallire 

Specchio non vuol di liquidi criftalli , 

, Là sù le vie d’adulator ripiene 
* Non fauolofc colpe hoggi ha le leene* 

V 9 lea pur dir perche de Vecchi il petto 
Naturalmente i Cicalecci cfala : 

JE fero de l'aurora anco il Vecchiatto 
Fu couuertito in garrula cicala > 

Ad à da Battei à tacer videfi affretto , 

Ctivn appefa caldaia à terra sala . 

Fer qui lauar con rufficani arredi . 

La non pedefire impurità de' piedi . 

Scalca i Numi il buon Vecchio ,e m gc- 
■ nocchiose , 

-A non creduti Dei celebra honore, 

Lei terge-, afe tuga , e in riftorarli poni 
Grande humiltà, gran carità di co - 
re, 

Ai entrefalia de la denota attiene 
•Al del deNafi il f acri fido odore , 

Q11 effe wfegnar le Deità mendiche 
N orme cor te fi à le Row^e ami- 
che . 

M 5 Voi * 

Digitized by Google 



274 Delle Frafefièrie 

Y Oi, che in aperto Tuoi lieti afeoridete 
L’anhclato da pochi otio imiocéte 
E da l’empia Città mai non trahete , 

Qual da putrido humor » morbi a la_* 

. < mente, : ». . 

In fuon mormocator voi più godete 
' Fra’faiEvTJtio,chefrà leCorti vn dente 
E fate in voi con L Vnicà gradita, 

Poueri di defio, ricca vna vita * 

Sprezza i fatti gtand’Alma , c l magiftero 
D vn Cenno difeufor merti l’infonde , 

Non vàta Nane mai fcaltro Nocchiero* 
Che d’oro hà il rotte o » c d’hebano le_> 
fponde» 

Cara è la Naue ancorché tinta à nero , 

Le cui ferme giun tur e e Ce l udo n Fonde £ 

E per far le maree d ira fpumanti 
Rende a’ colpi di prua gli veti refranti* 

Di bella vanità fchiua è Natura , 

E Col contea i perigli arma il talento. 

Così prode Guerrier fpada non cura, 

Chi trahe fpogli a gémata, elfe d’argento, i 
Gradito è il ferrod n cui l a *ép ra è dura 
E in colpo emulator rompe ardimento j; 
Cheirobufti ripari, e di repente 
A punta pencu òjfranfe à fendente* 

Quei Grandi là, cui le fortune diede 
Coltro d vn crin, curia Fortuna inoltra 
Sembrati colui, che in conturnato piede 
Clamide fauolofa al popol inoltra^ 

Digitized by Google 



Faf tio T erz.o \ 27? 

Che fé fpoglia regai, più non pofsiede, 

Fà de Torme plebee pouera moftra \ 

Così quà giù uè Tvltima partita _ 

Torna al nulla primier pompa di vita. 

Fauci, che intenta a l’opra meritoria » 

, Po fi e in ordine banca diuerf cofe, 

E di coglier ne l’horto b~bbe in memo- 
ria 

Vna inf alata d’herbette odorofe , 
RncchettaJndiuia,Crifpigno Ct cerini 
Pimpinelle, Borracine, Acetofe ; 

Va Pagliariccio al fin;màf?nz.a paglia, 

JSf oblino col titol di T ou agita, % 

Stefagid la touaglia grojfolana y 
C’ h atte a di grattacacio aco il modello > 
Difpofe i Piatti in lei di Porcellana , 

Perdo v fan a magnami anco il Por ce Ila 
Qui la Vecchia diftefea caro nana y 
Noci,pere,Carotejvn Rauanello y 
Add per leuar de la Radice il fieto , 

Due Cipolle acconciar volle in aceto* 

Camparne qui la Nefpota brumale , 

Al cui frutto gentil Gioue s'agguaglia > 
Perch'egli ancor qual Nefpota regale 9 
La corona tene a, preme a la paglia • 

Certe Caflagne ancor dieder fognale* 
Quanto il lor frutto À Viandanti va* 

&ia> 

Che s* altri haurd dinauigar talentiy 
La c a [lagna in vn fen genera i V tati. 

M 6 Sui- 

Digìtized by Google 



ìyb Dille Frascherie 
Suifcerato fende a certo Porehetto , 

Che pur dianzi tngrafs'o ghianda di 
certo , 

Fauci da r Animai tratto vn lombetto. 
Vi fparfe il [ale, & infilzilo à vn ferro, 
Afetre al foco il volgea,detro uP aneti o 
spremea l’humor,che diftillaua tlVerro 
• Che s'ei tal'hor guaftb le biade altrui , 

| Degno e benché le biade efpriman lui , 

Y'tra nel graffe vn Cauole termino , 
Ambrofìade' Ghiotton Napolitani , 

A cui diede Mercurio il ben venuto , 
Che Attesegli hauea N apolitane mani 
Queft$> e ciò , che imbadir hauea f apulo 
fof ero in meri fa i proni dt Villani ; 

£ che vifoj[e 9 0 uidio, e di parere , 

Vn par d’oua toftijfiwe da bere . 

Fra in tauola vn Pane , il qual hauea 
Gra pretesoti fopra la,l7gua Hetrufca » 
Per eh* a la cera fua nato parea 
In mez.0 à l'Accademia de la Crufca • 
7* rouar Vino miglior poi non potè a. 

Chi d’vn Vi Corfo ddar volejfeibrtfca 
Era u Corfo leggier, che no s* adacqua 
Mà tanto corfo hauea 9 ch'era tutt* ac- 
qua, 

t 

Già lauate s'ha nettano i Romei 
Et nette manine s' erano afciugati 9 
C «ntra l’vft ladriffimo di quei 9 
Che di man non fon netti , e fon lauath 

Già 


Google 


Taf f io T nz.0 'lyy 
j G ià d’AÙtii a la Magna er angli Deh 
£ da Vinetia a Brindi^ pajfaii : 

E già rotta la carne m piu bocconi t 
Di fette baite an, non affittati i doni . 

Ciàficredea File mone , che veto 
Tuffi il Boccale, onde trahea.no il Tinoy 
E già pre/olo in man,voleafar moto 
Verfo il Baril, che flauali vicino \ 
Quando a l'atto db aliarlo il Nuenc^ 
ignoto 

Lo riempie d'vv Nettare dittino , 
Stupiffi il Tee chi» , e lo fìupor a Battei 

Le parole attaccar fece a le fauci. 

. / 

Tur grati al del gli u ìlbergator fenili 
Con h umiltà di core alz,an le ciglia » 

E ognvn di loro i faenfieij humili 
«A gli hofpitali Numi erger bisbiglia , 
Qui Gioite anch’ei, per crefcer core a' 

, vili, 

De* miracoli fuoifea marauiglia : 

E l’oration con meritorio paffo 
Feagiro al Ciel per ritrouarlo a baffo . 

Era vn Papero in cafa , il qual vinca 
Contragli humant odor per fentineda » 
E di lui capitai già fi face a , 

Ter darne al Ctel la vittima nouella ; 
Aia mentre intorno al fuol laffa correa 
Per hauerlo a le man,la Vecchiarella , 
Verfo i Numi l' .Augello il volo muoue. 
E: e di lui la Saluaguardia vn Gioue } 

Ginn- 


Digitized by Google 



ì7$ Delle Frafcherie 
Giunto il Papero a Gioue , immantinente 
Lavargli DeiTadulterinfembiante i 
E preja la natia forma fpiendente) 
Influpidir degli hojpiti le piante . 
Abbagliati adorar quei di repente 
Il Nume Caducifero,e’l T* onante , 

E Gioue a l'hor del fuo baleno a i doni 
Volle accoppiar di t ai parole i tuoni . 

Sian Numi. Al fin da’noftri ceni hauuan» 
Non creduti dolor l’Alme vicine. 

N’andrete impuni voi ne 1 altrui danno- 
Mà feguir mi .conuien Torme diuine ^ 

T ofto in traccia de y Numi iVecchiv ano 
A contemplar de la E ragedia ? l fine , 
Vvfcio aperto laffarimà dice il T tfto , . 

Chi memoria ha di Cicl,fcordafi il reità 

O belici! ginocchi mici verde Campagne* 
Care à Torccchie mie Linfe fonore , 

Valli, à cadente fen pronte Compagne, 

Ri ui algenti lauacri à Tarfo core. 

Già die amico deftin vuol eh io fcom- 
paglie ■ > 

( Da Therbc il fiaco,e da Thumor Pardorc, » 
A Dio valii,à Dio riui, ecco in congedo 
Vii fior al prato , vn bacio à Tacque io 
chiedo.. 

Sì dice a Filemon^menire il fuo puffo 
Alone a dal patrio fuol timido , e tardoi 
Vinche in cima del colle al corpo laffo 
Dierpofa i Vecchi , e n' arretravo il 
-guardo 

A ‘ Ahi 

Digìtized by Google 



Wafch T erz.fi . 2 7^ 

Ahi vi fa amara. Vn Rio mirar da vìi 
/affo 

Spumante vfcir,precipitar gagliardo: 

E la dura Città d’ acque cofperfa 
Entro il molle flagel videro immerfa, 

• - * * ■ * t • * ' * 

Liquefatta in palude eccola a pena , 

Che cCvn i fola in lei [punta l oggetto: 

E n quefla poi, qual Deitade inf cenai 
il E uguriofedel mìrafi eretto . 

La Capati a e già E empioftn cui balena 
Arfaface 3 aureo muroyargento tettOy 
Nel fumante Camin cupula appare » 

E la Menf % hofpital s'erge in Altare * 

• a 

Mirate là, dijfe àl'hor Gioue à quelli. 

Come forza di Giei i’opre compenfa: 

Quali ad anime ree pioue flagelli , 

Quale ad anime pie premio difpenfa . 

Hogg’è de’Pefci il fen tomba a’Rubelii , 

E Sacrario è di Dei la voftra menfa, 
N’hauretevoi di Sacerdoti il zelo; 

Fin ch'ambo à vn punto effcingua aura 
di Cielo. . . 

Spar nera t Numide i Semidei Cuslodi 
JS'adoraro nel fuol forata fi amputa s 
JE Nancy al fin de le diurne lodi 
E" orfero il piè ver lamagion [aerata 
Qui fi vijjer congiunti : in fin che 1 nodi 
J)' amor di feto fife h umanità cangiata » 

E fatti rami i crw feorfj le veflt > 
j Fero in dueEronchi à tronca Vita-* 
in e fi i. 

n 

Digìtized by Google 



ìSo Delle F rafie berte 

Vi fi a norma vn Efempio . A l'altrni 
pene ~ , 

Non fiate voi di poche gr atte auari , 

Se bramate,chel Cìei dal voHro bette 
E arfi pie tofo a'voftri mali impari : 

La Fietà, che qua giù gi’cgri fouuicne , 
D’humido campo al vapor lieue è pari 
Che dal Tuoi difettato in alto poggia, 

E cade poi ficco d’vfurc in pioggia % 

s 

Qui diè fine Egidcargo alla lettura del- 
le ottaue di Tciédapo , alie quali per la_* 
varietà delle materie, c de gli itili, oppor- 
tunamente frapoftiui , fecero ben torto 
vna lodeuolc appendice Rorazalfc, e_* 
Stampermc , ma perche Thore della fera 
inuitauano gli Amici più faticati a’ refri- 
geri) ò dell’aria , ò della menfa ; Stamper- 
ai configliò à tacere , attertaudo col pa- 
rer d’Hippocrate , che il Silcntio, à chi 
vuol aftanei'É dal bere , era vn’ottimp 
Antidoto contra il male della fete.. 


r L FINE. 


-♦i 
\ a» 


V * 


’ 6 


TAVO- 



TAVOLA 

DELLE PROSE. 
Falcio Primo . 

, . I . 

C A Unita dell* Afta . a cart . 15.16 
Configli alla letitia . 18.19 

Configli a di fc or fi . 20.21 

Chi debba imitar fi nel fenolo , fi cr adi- 
tolo Democrito . 36 

Giuoco di Corte . 25 

G ino calori dannati l 24. 2 5 

JAiniflri d'iAfia j loro nature . 53 

Principi d' A fio., e loro Guerre • 5 1 

Pianto 9 efHadifefa. 37 

•Ki/o • f /# * . 41 


1 — 1 nmi 1 . in li 1 ma . m» 

Fafcio Secondo . 

/ 

A Petino, & .Ariofloy inculti % & infulfi 
mila S atira • ^ H 1 

Cagioni de Ila f acuita poetica . 

Giu- 

< Digitized by 


Tauola delle Profe . 
dimenale Archetipo della Satira frài 
Latini . 140 

Ciane naie, e fuoìefemplari,e forme nel- 
la Satira- - . T 3q 

Giudicio [opra le Satire di Horatio , e di 
Ter fio. V , ^138. Ì& 

Hijlorici della Ionia bìafimath 1 64 
- Libello Infamatorio dannato . IQ 7 « 108 
Libello^ fuoircquifiti . _ _ 

Principe infamato , perche giudico male 
dvn Compofitore di Cartello . 107 

Toetaftri d'Ephefo , c loro forme , Ui 
Qual me^o fta piu efficace , acquiti ar 
Lama. 88 

/ 7 *i piu difficile nel Secolo , /7 faper 
fare vna Satira/o'l non farla .. &£ 

Jto manieri d*U*~ 4 fi*,e lorojlile 1 67 
Sentimenti vari) de * Principi antichi, 
contragli Scrittori del Libello . 101. 
xoì 

S atira, origine della Poe fa * 91 

Satira,/ 'eparata, dal Libello . 98. log 

Satira^ (ue parti . 

Sue origini antichi . ^ • ; 4 ■. 94 

Sue difficoltà * 134 


Falcio Terzo . 

C Ortt de iS alonichi > e fua def eru- 
ttane . ' 227 

Confiderationi f opra le Corti. 242.244 
i? f «9 <?/* i de gl* Italiani verf ? 5/ 
nicri* „ .246 

i^T" 


Tauo la delle Pirofe . 

Natura de gl'italiani. ^ 246 

Peregrinaggio biafmato • ” * i?i>. 209 

Peregrinaggio lodato . 205 

Perche gl* j 4 fini hanno più fortuna d(L> 
gl' altri nel Mondo , Fauoletta. 244 
PiUmone*) e Battei . 256 

Viaggio di T eledapo . - 196 

Suoi accidenti nell'incontro de Malan- 
drini. 252.254 


Fine della Tauola delle Profe , 



% 


T A- 


Google 


TAVOLA 

delle POESIE. ' 
Pafcio Primo . 


A l,ìegreX5-*t° utr *\ 

d'vntìicckc'lz.a ingorda^ . 

Quadernario. «*w«|. 

Aligeri* nel P tonte de Bo- 
bini, Madrigale- Recit \ 7 . 

Amante che va alla uuerr . 

tiuo , c Canzonetta. ^ 

^ Guerrieri Principi dell j4J*a • 

Cannetta. 4 » 

J Ridiceli- Satira. J 

La Guerra- Satira. 

La Fame. Satina. Q^er. So 

Joetayche va alla Guerra, 

Ritorno delle flagizi, e caducità hnma 

Scherzo [opra la Pouerta,e la ? attenta. 

Vicif indirti di Natura, Madrigale : . «5 


Tauola delle Poc/jc. 

A 

i * 

Fafeio Secondo . 

r^Ontra A 'grippiti a» e he fa filar Clau- 
àio. Terzetti. 121 

Jl Principe di Fejfa , che vi fi t a F erte z.- 
z.e,p er carpir tributi, Madrig. 122' 

Jl M onarea de!U More a , f colpito , & 
adulato in marmo . Madrig. 123 

T tberio Imperatore , lungo ntl mutare i 
Governatori . Sonetto. 125 


La Gola, Terzetti. . . 162, 

Vna raZz.a di Poeti . Ottaua . 176 

Vna Damaàmbellettata di rojfetto, Re- 
citatiuo,e Canzonetta. 109 

Vn Vecchio, che fi tingenti la barba-/ . 

Sonetto. * 11 2 

Vn Amico verbofo in lettere. Madrig. 

n ? 

Vn Giovane , che adducete a per argo- 
mento della fua pudicitia lo poca Età # 
Madrig. 113 

Vna Donna che vuolVefte dal fu* Dru- 
do^ gli ruba Anelli . Recitar. 1 17 

Vn Afirolog 0 c'haueua fatta la Genitu- 
ra alla fua Donna. Recitat. 1 14 

Vn Zerbino , acni fu ver fato ado ffovn 
vafo d’acqua . Sonetto. 119 

Vn Francefe , che fpende prof ufi amenti 
‘ in vna Donna . Sonetto . 11^ 

Vn Par afta. Quadernari j. . 16 1 


T auola delle-PceEe l. 

Jl Corfo . Satira . 

HVegafno. Satira. 

La P aXzia , Satira . 

Lodi della Satira. Terzetti. ^ 

Faccio Terzo. 

C Ortegiano^e fua Camera Rccìt. 14 P 
Canto del mede fimo in lode dell *-> 
Speranza . Canzonetta . 242 

Gli Dei pezzenti. Ottaue. 259 

H abito alla moda tìff/cnV/#.Kecitat ; 247 
Jl Piaggio, Satira. 31 5 

La Corte. Satira. 2 34 

Nebbia d'vna Montagna, Madrig. 1 90 
Poeta fauorito da' Malandrini • Ter- 
zetto. . a 54 

Tabacco mandato a *vn Cortegiano . 
Madrigale, 2 4? 


I L F I N E, 

< 

*» ( ' • 






Digitized by Google 


! 



Dìgitized by Gqogle